Asset allocation, le prospettive macro per Usa, Eurozona e Cina

In un inizio d’anno scoppiettante per i mercati finanziari mondiali, pur sapendo che questi tendono ad anticipare la fine di un ciclo economico (espansivo o recessivo), vediamo cosa potrebbe riservare il 2023 alle tre grandi economie mondiali, USA, Cina e UE.

E’ innegabile che tutte e tre stanno rallentando. Tra queste, quella USA sembra essere la più resiliente e potrebbe (il condizionale è d’obbligo) evitare la recessione grazie soprattutto alla forza del mercato del lavoro. Forza che potrebbe però indurre la FED a dover mantenere la politica monetaria restrittiva più a lungo per raffreddare i consumi e per questa via contenere l’inflazione.

L’economia cinese è attesa rallentare ulteriormente nel 2023, alle prese con un anno difficile sotto diversi punti di vista. E questo vale anche per le economie dei mercati emergenti in via di sviluppo, colpiti dall’apprezzamento del dollaro.

Per quanto riguarda l’UE, è sotto gli occhi di tutti come la sua economia sia stata duramente colpita dalla pandemia prima e dalla guerra in Ucraina poi. Nel 2023 è probabile che metà UE possa entrare in recessione. Secondo la BCE, l’elevata inflazione, l’incertezza e il basso livello di fiducia di consumatori e imprese freneranno la crescita economica, che passerà dal 3,4% del 2022 allo 0,5% del 2023. Niente recessione dunque per la BCE.

Non tutti gli analisti sono tuttavia concordi nel ritenere che l’Europa continuerà a crescere, ritenendo invece che possa scivolare in recessione magari breve e poco profonda. Ma sempre recessione. Siamo convinti anche noi che nel corso de 2023 l’Europa vedrà una recessione. Soprattutto a causa delle conseguenze economiche della guerra in Ucraina, che alimentano le forti spinte inflazionistiche, e del reddito reale disponibile che viene costantemente eroso dalla crescita dei prezzi. Di conseguenza, la crescita dei consumi delle famiglie scenderebbe dal 4% del 2022 ad appena lo 0,7% del 2023 e diventare più robusta nel 2024 e 2025 (+1,5%).

La domanda è se gli elementi positivi in gioco, ovvero le misure di politica di bilancio, unite agli attuali alti livelli delle scorte di gas naturale, che mantengono bassi i prezzi e consentono di non interromperne l’offerta, saranno effettivamente in grado di ridurre l’impatto negativo sui consumi (e quindi sul PIL) derivante dell’erosione dei redditi reali.

In corso d’anno, con graduale riequilibrio dei mercati dell’energia (resta da capire quale prezzo del gas avremo nel momento in cui occorrerà ricostruire le scorte per l’inverno 2023/24), il riassorbimento delle strozzature dell’offerta e il rafforzamento della domanda aggregata, la crescita del PIL potrebbe segnare una ripresa e raggiungere l’1,9% nel 2024 e l’1,8% nel 2025.

L’inflazione è attesa rimanere elevata nel breve periodo, ma ridursi significativamente al 3,6% entro la fine del 2023. L’attenuazione delle pressioni sui prezzi dell’energia e su altri costi, insieme alle misure di politica monetaria della BCE, dovrebbero riportare l’inflazione nell’intorno dell’obiettivo del 2% non prima della seconda metà del 2025.

Non sarà sfuggito all’occhio attento che l’incertezza che caratterizza le proiezioni della BCE rimane elevata. Un importante rischio per le prospettive dell’area dell’euro riguarda per esempio proprio la possibilità di turbative più gravi del previsto negli approvvigionamenti energetici europei, risultanti in ulteriori picchi dei prezzi dell’energia e in tagli alla produzione. Da non sottovalutare inoltre il possibile ritardo nell’effettiva partenza degli investimenti previsti dal NGeu.

In quest’ultimo scenario, meno favorevole alla crescita economica, l’inflazione rimarrebbe superiore a quella dello scenario base. Il PIL in termini reali diminuirebbe dello 0,6% nel 2023, per poi aumentare dello 0,2% nel 2024 e del 2,0% nel 2025.

A cura di Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

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