Investimenti: “Il dollaro perderà ancora smalto”

Il ciclo del dollaro statunitense è quasi nella fase finale. Prevediamo un percorso accidentato del biglietto verde, ma ci posizioniamo in vista di un indebolimento più forte nel 2023″. Ad affermarlo è Monica Defend, head of Amundi Institute, che di seguito spiega nel dettaglio la view.

Il dollaro ha dominato la scena per tutto il 2022 e ha registrato uno dei maggiori rally di sempre. Gli attivi privi di rischio hanno registrato una flessione, l’incertezza si è tramutata in volatilità e tutte le valute dei G10 hanno sofferto, nessuna esclusa. Eppure, di recente, le sorprese ribassiste positive sull’inflazione statunitense, con la Fed che ha ammesso la possibilità di un rialzo più contenuto dei tassi, hanno agito da brusco richiamo alla realtà. La correzione del dollaro è stata fortissima e ora ci si chiede se il suo trend ribassista proseguirà anche nel 2023.

Tanto per cominciare, per tutto il 2022 il biglietto verde è stato scambiato a premio rispetto ai fondamentali per due dei tre motivi elencati qui di seguito. Anche se nessuna di queste condizioni è svanita del tutto, visti gli sviluppi recenti sembrerebbe che forse ci siamo lasciati alle spalle i massimi livelli di stress e che quindi nel 2023 il dollaro statunitense potrebbe essere sottoposto a sollecitazioni minori.

La Fed e la sua politica monetaria per domare l’inflazione: la politica della Fed è stato l’elemento che ha maggiormente favorito il biglietto verde nel 2022 e nel corso dell’anno l’economia USA non ha beneficiato di vantaggi in termini di crescita. A differenza del 2021, quando la crescita statunitense ha ampiamente surclassato quella degli altri Paesi sviluppati, l’eccezionalismo del dollaro USA nel 2022 è dipeso da due cose: i) il vantaggio derivante dal rialzo dei tassi reali e 2) le crescenti proprietà di diversificazione. In questa fase è cruciale osservare il comportamento della Fed per capire l’evoluzione di questi due elementi. Pensiamo sia prematuro immaginare una svolta accomodante della Banca centrale americana, svolta che rappresenterà il fattore scatenante delle vendite sul dollaro perché erode il suo vantaggio di carry. Qualsiasi altra sorpresa positiva sull’inflazione potrebbe però spostare rapidamente l’attenzione verso le prossime mosse della Fed (potenziale cambiamento della sua politica monetaria) vista l’attuale inversione della curva dei rendimenti USA. Storicamente, l’irripidimento della curva con tassi di rendimento in calo si traduce di solito in un dollaro più debole.

La crisi energetica in Europa e i rischi geopolitici. L’aumento dei prezzi dell’energia è stato nel 2022 la principale causa dell’incremento dei costi di produzione nella zona Euro. ll nostro quadro di riferimento per la parità del potere d’acquisto ha giustificato quest’anno, per qualche tempo, un movimento dell’EUR/USD al di sotto della parità1. Da settembre, però, i prezzi del gas sono crollati e di conseguenza l’IPP è sceso in modo consistente2. Le difficoltà però non sono finite del tutto (con le quotazioni attuali dell’energia, la zona Euro risente ancora di uno svantaggio competitivo e i rischi permarranno per tutto l’inverno), ma in quest’ottica si sta alzando sempre di più l’asticella per un massiccio rialzo del dollaro USA.

La riapertura della Cina, la crescita mondiale e l’impatto del dollaro statunitense. La politica zero-Covid della Cina sicuramente ha pesato sulla crescita mondiale nel 2022 e difficilmente lo status quo cambierà significativamente nel breve termine. Il dollaro rimane un attivo controciclico che di solito tende a rafforzarsi quando la crescita rallenta e le banche centrali non forniscono impulsi reflazionistici. Eppure, una riapertura più ampia dell’economia cinese come scenario di base per il secondo semestre del 2023 avrebbe ripercussioni positive sull’economia mondiale. E quando il ciclo tocca il punto più basso e sta per risalire, il dollaro statunitense di solito paga il pegno.

Implicazioni per gli investimenti: le inaspettate notizie positive sull’inflazione americana hanno scatenato una violenta reazione reflazionistica tra le valute dei Paesi sviluppati. Prevediamo che il percorso sarà accidentato perché il dollaro statunitense rimane un attivo controciclico ad alto rendimento. Tuttavia, visto l’insoddisfacente profilo rischiorendimento si consiglia di assumersi un rischio limitato sul dollaro statunitense in quest’ultimissima fase. Continuiamo pertanto a essere dell’idea che lo yen e il franco svizzero siano le valute più sicure per ridurre la posizione sul dollaro statunitense. Per quanto riguarda il futuro, prevediamo una svalutazione più consistente da ora al secondo semestre del 2023.

 

 

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!