Investimenti: una nuova era è ormai iniziata

“Non possiamo avere certezze su quello che ci riserva il prossimo decennio ma la storia insegna che questo periodo di inflazione e di alti tassi di interesse difficilmente sarà come quello che l’ha preceduto. Forse è meglio cominciare ad adeguarsi”. L’avvertimento arriva da Simon Edelsten, gestore dell’azionario globale di Artemis IM, che di seguito illustra nel dettaglio la propria visione.

In genere la storia è suddivisa in ere, quella degli anglosassoni (che battono i norvegesi alle semifinali e perdono contro la squadra di Guglielmo di Normandia), quella dei normanni (buu), quella dei Tudor (tempi duri per i monaci e per le mogli dei re), quella dei vittoriani (impero – da conquistati a conquistatori).

Anche il mercato azionario sembra avere le sue ere. Nella mia ci sono stati gli anni ottanta (big bang, l’inflazione e l’uso di stare ore intere via dall’ufficio a pranzo); gli anni duemila (la bolla delle dot.com, l’ascesa e la caduta delle banche); gli anni dieci (quantitative easing e tassi di interesse e inflazione incredibilmente bassi).

Sembra che il 2023 si prepari ad essere il primo anno intero di una nuova era degli investimenti, un’epoca caratterizzata dal ritorno dell’inflazione e di alti tassi di interesse, oltre che dai tentativi di far rientrare il quantitative easing.

Inflazione e tassi di interesse

Ci stiamo avvicinando all’anniversario di diversi picchi d’inflazione, specialmente di quelli causati dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il prezzo del Brent ha toccato 128 dollari a marzo scorso e ora è di circa 85 dollari, con il risultato che i prodotti che contengono una grande componente petrolifera (i prezzi del petrolio influiscono fortemente sui prezzi degli alimentari e dei materiali da costruzione) potrebbero avere un impatto positivo sull’indice dei prezzi al consumo nel primo semestre del 2023.

A destare maggiori preoccupazioni è l’inflazione da salari. I livelli occupazionali sono elevati nella stragrande maggioranza dei paesi sviluppati e l’aumento del costo della vita porta a richiedere aumenti salariali. I banchieri centrali temono che queste richieste, sebbene credibili, possano innescare una rincorsa prezzi-salari sulla falsariga di quella alla fine degli anni settanta.

Sembra improbabile che i tassi di interesse possano fare marcia indietro nel breve periodo. Le economie devono adattarsi alla “nuova normalità” dei livelli dei tassi di interesse, che nel Regno Unito e negli USA hanno superato il 4% mentre in Europa sono saliti sopra il 3%. In termini storici questi livelli non sono alti, visto che nel Regno Unito sono mediamente del 5% dagli anni novanta, ma sono molto più alti di quelli ai quali ci eravamo abituati a partire dalla crisi finanziaria del 2008.

La sofferenza dell’adattamento

Spesso si avverte la necessità di cambiare quando le economie e gli investitori cominciano a superare la soglia del dolore. Il classico settore che soffre quando cominciano a salire i tassi di interesse è quello immobiliare, sia sul versante commerciale che su quello residenziale. Per chi deve comprare la prima casa il 2022 è stato particolarmente duro.

Quando ho comprato il mio primo appartamento, i prezzi degli immobili erano bassi ma i tassi sui mutui erano del 10%. A metà degli anni ottanta l’inflazione li ha fatti impennare al 15%. La mia rata mensile passò da circa un terzo del mio stipendio netto a più della metà. Ho stretto la cinta per un paio d’anni (fortunatamente il mio girovita misurava qualche centimetro in meno allora). Ora temo per quelli che hanno oggi mutui a tasso variabile, con livelli di indebitamento più elevati e con tassi che triplicano a più del 5%. Stringere la cinta può non essere sufficiente a compensare la perdita.

Anche i governi devono adattarsi a tassi più elevati protratti nel tempo. Come dimostrato nell’interregno di Kwasi Kwarteng nel Regno Unito, i mercati obbligazionari sono suscettibili. I graditi investimenti attraverso il Green Deal europeo e l’Inflation Reduction Act statunitense saranno probabilmente finanziati da debiti più onerosi di quelli originariamente previsti, lasciando meno entrate fiscali per altre priorità.

Impatto sugli investimenti

Ci si chiede quali saranno le conseguenze dell’avvento di questa nuova era sugli investitori in azioni. I tassi che le banche praticano sui prestiti alle imprese aumentano molto più rapidamente degli interessi che le stesse corrispondono sui depositi, come confermato da chiunque abbia un mutuo. Questo aumento dei costi si verifica in un momento in cui i margini forse si comprimono.  Le imprese maggiormente colpite sono quelle altamente indebitate e non in grado di traslare l’aumento dei costi delle materie prime e del lavoro sui loro clienti.

In ogni caso, anche i settori in cui l’indebitamento è basso possono essere fortemente penalizzati da un rialzo dei tassi di interesse. Società tecnologiche di recente formazione, fra cui quelle che operano nelle biotecnologie, hanno ricevuto finanziamenti a tutto spiano da venture capitalist negli ultimi dieci anni. Quando gli oneri per interessi defluiscono al ritmo del 4%, questi investitori diventano meno pazienti e meno disponibili, vedendosi a volte costretti ad abbandonare progetti promettenti semplicemente perché i tempi e le spese per la fase di commercializzazione possono rappresentare un rischio troppo grande.

Il combinato disposto di tassi in aumento, di un’economia debole (che rende difficile la vendita di nuovi prodotti) e corsi azionari in ribasso peggiora la situazione.

Le società della nuova era

Non è quindi sorprendente che molti investitori cerchino società con pochi debiti, margini di profitto elevati e un forte potere di prezzo e che, quindi, si rivolgano ad alcune fra le maggiori società quotate in Borsa del mondo. Atteggiamento comprensibile ma non privo di rischi. È opportuno tener presente che le nuove ere tendono a portare con sé nuove aziende leader a livello globale.

Le più grandi aziende del mondo sono oggi Apple, Microsoft, Alphabet (Google), Amazon, Tesla, UnitedHealth, Exxon Mobil e Johnson & Johnson. Di queste solo Amazon ha una posizione finanziaria netta fortemente negativa. Exxon normalmente ha una posizione finanziaria netta negativa ma ha avuto un anno d’oro grazie ai prezzi alti del petrolio.

Le azioni delle società tecnologiche comprese in questo elenco hanno visto un crollo dei loro prezzi lo scorso anno. È vero che le loro valutazioni avevano raggiunto in parte livelli eccessivi ma i loro tassi di crescita sono comunque risultati deludenti. Alcune di queste società hanno dovuto tagliare i costi per proteggere i margini. Ad ogni modo, la loro capacità di generare buoni profitti è stata intaccata solo in parte dagli alti tassi di interesse, dall’aumento dell’inflazione o dal rallentamento dell’economia. Il mio team possiede azioni di Microsoft e Alphabet e ha un investimento tutto sommato modesto in Apple.

A ridosso delle top 10 globali c’è TSMC, il più grande produttore di chip avanzati al mondo. Ha potere di prezzo, una valutazione ragionevole – a 12x gli utili e con un rendimento del 2,5% – e persino uno stato patrimoniale caratterizzato da una posizione finanziaria netta positiva. Sotto tutti i punti di vista – quindi tecnologicamente e finanziariamente – sembra essere una società della nuova era. Idem per ThermoFisher Scientific che, sebbene valga “solo” 200 miliardi di dollari, è una società che fornisce gran parte delle attrezzature per i settori biotecnologico e della scienza dei materiali.

Forse una sorpresa tra le aziende della nuova era è Mitsubishi UFJ. In epoche passate le banche giapponesi figuravano regolarmente fra le prime 10 al mondo. Bastano alcuni aumenti dei tassi di interesse per far incrementare a dismisura la sua profittabilità. Se l’azione di Mitsubishi UFJ fosse scambiata allo stesso rapporto prezzo/valore contabile delle banche americane varrebbe 2000 yen, non gli 820 yen ai quali passa di mano oggi. Il suo valore contabile per azione è pari a 1350 yen, quindi sembra veramente un buon affare, con in più un rendimento del 3,8% in yen.

Non possiamo sapere quello che ci riserva il futuro per il prossimo decennio ma la storia insegna che la nuova era non sarà uguale a quella passata. Sarebbe opportuno per l’investitore apportare i necessari cambiamenti al portafogli.

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