Investimenti: quest’anno meglio adottare strategie risk parity

Utili ancora buoni, anche se meno brillanti rispetto ai trimestri precedenti, ma guidance prudente e tendenzialmente negativa sul 2023. Questo è il quadro in chiaroscuro che sta emergendo dai bilanci che le società in giro per il mondo stanno comunicando in questi giorni e che terranno impegnati i mercati fino a metà febbraio.

A che cosa dare più peso, ai resoconti positivi o alla guidance negativa?

I resoconti si avvicinano alla realtà fattuale (non diciamo che sono completamente fattuali perché nei bilanci c’è sempre un elemento discrezionale) ma si riferiscono a un passato che, soprattutto nei momenti di svolta del ciclo economico, può apparire ai mercati distante e superato.

La guidance, dal canto suo, guarda al futuro (che per i mercati conta più del passato e del presente) ma dispone di pochi dati oggettivi (in particolare i piani industriali aziendali e gli ordinativi, che possono comunque sempre essere annullati o modificati dai clienti strada facendo) e fa invece uso di molta soggettività. L’elemento soggettivo ha una dose di conformismo perché attinge molto allo spirito del tempo. Se questo è orientato verso un rallentamento o una recessione, come ora, i manager cercheranno di apparire prudenti per evitare di apparire fuori sincrono. Se il consenso va invece nella direzione della crescita e il mercato è orientato al rialzo, i manager cercheranno di distribuire ottimismo per apparire vincenti e fare salire il valore dell’azione della loro società, sulla base del quale sono spesso remunerati.

Giustamente, i mercati sembrano in questi giorni attribuire pari valore al passato positivo e al futuro negativo prospettato dai manager. Se c’è voglia di sbilanciarsi, questa è comunque più al rialzo che al ribasso perché tanto i resoconti quanto la guidance sono comunque leggermente migliori delle attese e dei timori della vigilia.

Questa sensazione di sollievo (stiamo ancora in piedi, dopo tutto) è una caratteristica che si è periodicamente manifestata negli ultimi dieci mesi ed è dovuta a un altro tipo di guidance, quella della Fed, che ha cercato costantemente di gelare i mercati ostentando indifferenza rispetto a una possibilità di recessione.

La Fed, che questa volta è stata molto abile nella gestione delle aspettative, ha volutamente calcato la mano sulla sua guidance negativa stando comunque attenta a non esagerare, nella sua azione concreta, nel produrre un impatto troppo pesante. Dopotutto, come ha notato Bullard, stiamo solo adesso avvicinandoci a una politica monetaria restrittiva. Finora, infatti, la Fed si è semplicemente riportata su un livello neutrale, dopo avere continuato a essere di fatto espansiva almeno fino alla metà del 2022.

Questo sfasamento tra retorica e fatti rischia però, adesso che il mercato ha mangiato la foglia, di produrre da qui in avanti un effetto di complacency proprio quando la politica monetaria si avvia sul serio ad essere restrittiva. Ecco allora che tutti continuiamo a rendere un omaggio rituale alla possibilità di una recessione (peraltro moderata) ma in cuor nostro si fa sempre più strada l’idea che ce la caveremo con il migliore dei mondi possibili, ovvero con un’inflazione che esce di scena senza bisogno di recessione e con margini di profitto che tengono nonostante la disinflazione tolga pricing power alle società.

Non è, beninteso, uno scenario impossibile, ma scontare un 2023 che, oltre a mettere da parte gli affanni del 2022, offre già di suo una piacevole anticipazione della ripresa del 2024 presta il fianco a qualche possibile delusione.

In primo luogo, non è detto che l’inflazione scenda in modo immacolato al 2% anche nei servizi e che rimanga perfettamente ferma nelle materie prime, dove in effetti ci sono segnali di riaccelerazione.

In secondo luogo, appare molto ottimistico pensare che le banche centrali abbasseranno i tassi già nella seconda parte di quest’anno, soprattutto se si crede che riusciremo a evitare la recessione. Delle due l’una. O avremo recessione e allora la Fed prenderà in considerazione i tagli (e non è nemmeno garantito che li faccia) o l’economia continuerà ad avere segno positivo e allora non c’è proprio ragione per pensare a tagli così presto.

In terzo luogo, non si può fare finta di dimenticare che gli effetti della politica monetaria si manifestano con ritardo. Sulla durata di questo ritardo è in corso una discussione vivace anche in seno alle banche centrali, ma l’impatto negativo, quale che sia, deve ancora manifestarsi nella sua pienezza, tantopiù che i tassi di policy stanno ancora aumentando.

In quarto luogo, non è che i livelli di valutazione lascino tutto questo spazio a un rialzo dei corsi se i tassi non scendono e se i profitti non salgono.

Certo, ci sono ancora alcune opportunità in Europa, ma molto meno in America.

Insomma, è come nei court movies americani, quando il giudice chiama la difesa a conferire e spiega che questa non può sostenere al tempo stesso che l’imputato era da un’altra parte al momento del delitto e che in ogni caso era sotto effetto di sostanze psicotrope e che comunque il delitto era preterintenzionale.

In pratica, il rischio che si profila è quello che i mercati continuino a salire sull’onda delle sorprese positive che abbiamo avuto (inflazione, Cina, recessione evitata in Europa) ma che poi, più avanti nell’anno, si trovino a dovere fare i conti con una discesa degli utili o, in alternativa, con una mancata discesa dei tassi.

Per questa ragione ribadiamo che, se non si hanno intenti speculativi di breve respiro, continua a essere meglio distribuire gli acquisti lungo tutto il 2023 piuttosto che lasciarsi troppo tentare dall’inseguimento di un rialzo prematuro. L’invito alla pazienza non è però da estendere ai bond, che possono e devono essere acquistati subito anche per la riacquistata funzione di copertura rispetto al rischio di una recessione.

La strategia risk parity, che mantiene in portafoglio bond e azioni contando sul loro essere inversamente correlati, ha clamorosamente fallito l’anno scorso, ma può tornare a essere molto utile quest’anno.

A cura di Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos (rubrica Il Rosso e Il Nero)

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