Asset allocation: decoupling Europa-Usa? Ecco cosa fare

La FED e la BCE hanno entrambe aumentato i tassi, “accompagnando” le loro economie verso una recessione che si preannuncia soft. Che cosa succederà una volta terminati i rialzi dei tassi, in particolare alla crescita del mondo dopo queste decisioni?

Procediamo con ordine. Il 2022 è stato caratterizzato da un rallentamento economico mondiale piuttosto marcato. La crescita globale si è dimezzata rispetto al 2021, passando dal 6% al 3% circa. Il processo di rallentamento è atteso continuare anche nel 2023, ma in modo meno violento di quello sperimentato lo scorso anno.

A livello di singole aree geografiche l’attesa è, per il momento, di un soft landing negli USA e di qualcosa molto più vicino ad un hard landing in Europa. La migliore tenuta dell’economia USA e la dinamica dell’inflazione (che ha origini diverse rispetto a quella europea), hanno portato ad una divergenza nelle scelte di rialzo dei tassi di interesse delle due banche centrali. Divergenza che è attesa continuare almeno fino a dopo l’estate.

L’inflazione Europea, trainata da costi soprattutto energetici e dalle difficili dinamiche delle catene di approvvigionamento, necessita più di accordi politici che di scelte di politica monetaria. Accordi che una volta raggiunti, contribuiranno in modo sostanziale a ridurre la dinamica dei prezzi. L’inflazione USA riteniamo invece che sia più pericolosa di quella europea e la FED ne è perfettamente conscia. Questa è infatti guidata dalla domanda, a sua volta trainata e sostenuta dagli ingenti stimoli economici a seguito della crisi del Covid, arrivati al 27% del PIL (ammontare mai sperimentata nel passato).

Inoltre, le pressioni salariali sono decisamente più evidenti che in Europa e continuano ad alimentare la spirale prezzi/salari, rappresentando un rischio reale sempre più concreto. In altre parole, le pressioni sui prezzi sono diventate di natura strutturale, guidate da beni, servizi e alloggi. Questo significa che la vera svolta di politica monetaria arriverà solo quando l’economia evidenzierà segnali di deterioramento.

Riteniamo che Powell ne sia ben conscio, e infatti dal gennaio 2022 ha alzato i tassi di interesse sei volte consecutive per un ammontare complessivo 375 bp portando i Fed funds al 4,50% – 4,75%. I rialzi complessivi della BCE dal 2022 sono stati invece inferiori a quelli della FED e pari a 300 bp, portando il tasso sui rifinanziamenti principali al 3%, quello sui depositi al 2,50%, e quello sui prestiti marginali al 3,25%.

L’economia Europea, a differenza di quella USA, mostra già i primi segnali di contrazione e questo potrebbe mutare la posizione della BCE rispetto a quella della FED. In altri termini, l’andamento economico dell’Europa è peggiore di quello USA. A pesare sono le difficoltà della Cina, un importante mercato per i paesi esportatori europei, soprattutto per la Germania che non sembra più capace di trainare la crescita economica dell’Eurozona. Gli indici PMI sono in contrazione da qualche mese, con il rallentamento che è ormai esteso a quasi tutti i settori dell’economia.

Ma la locomotiva dell’Europa (la Germania) sta sperimentando un ulteriore difficoltà: non si trovano lavoratori qualificati. Tutto questo potrebbe spingere la BCE a rinunciare al prosieguo della politica di restrizione monetaria aggressiva?

Tra i paesi Europei, ci aspettiamo che la recessione in Germania sarà più forte. Per queste ragioni non prevediamo una posizione aggressiva da parte della BCE nei prossimi mesi, visto che la Lagarde ha detto chiaramente che i futuri rialzi (probabilmente dopo quello di marzo che ha dichiarato sarà di 50 bp) dipenderanno dai dati. Il rialzo dei tassi di interesse non ha il pilota automatico.

Non creda l’Italia di scampare alla recessione, pur partendo da una posizione migliore rispetto a quella della Germania. La domanda si è infatti indebolita quale effetto del rialzo dei prezzi energetici che sono stati trasferiti in misura maggiore sui consumatori rispetto a quanto accaduto in altre nazioni.

Lo scenario descritto, sul quale pesano tutt’ora i rischi per la supply chain in Europa e l’incertezza sul prezzo dell’energia, riteniamo comportino rischi ancora elevati per un aumento dell’esposizione all’azionario Europeo.

L’asset allocation in questo scenario

Riteniamo che esistano invece interessanti opportunità di investimento nel mercato obbligazionario, soprattutto nel segmento corporate-investment grade, dove il profilo rischio/rendimento è di nuovo favorevole e gli spread creditizi sono superiori alla media di lungo periodo. Riteniamo che siano ancora di privilegiare le scadenze brevi su emittenti di qualità.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim

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