Asset allocation, azionario: come muoversi tra value, growth e banche centrali

Sebbene le azioni europee abbiano chiuso l’anno con una sovraperformance relativa rispetto agli Stati Uniti (-13,4%) e ai mercati emergenti (-15,1%), il futuro continua comunque a rappresentare una fonte di preoccupazione per gli investitori, che si interrogano oggi su quanto potrà accadere nel 2023.

In questo scenario, eccco di seguito la view di Geoffroy Goenen, Head of Fundamental European Equity Management di Candriam.

In questo inizio d’anno, il sentiment del mercato è tuttavia più ottimista rispetto all’autunno 2022. Anche se lo scenario continua a far pensare a un rallentamento dell’economia, gli investitori sembrano già intravedere un orizzonte più radioso.

Bilancio del 1° passo del valzer: le banche centrali sotto i riflettori

Facendo seguito al nostro articolo di luglio 2022, nel quale esprimevamo la nostra convinzione secondo cui le azioni europee si sarebbero mosse seguendo un valzer a tre tempi, possiamo oggi fare il bilancio di questo primo passo: “la fase del Value”. In questa prima fase prevedevamo un rialzo dei tassi da parte delle banche centrali nonché una normalizzazione dei tassi a lungo termine in linea con le previsioni di inflazione di lungo periodo. Questo “re-rating” dei tassi a lungo termine ha influenzato negativamente le valutazioni delle società e, in primo luogo, quelle considerate Quality/Growth, a seguito dell’aggiornamento al ribasso dei free cash-flow futuri. Le società considerate “Value” hanno quindi sovraperformato.

Inflazione: decelerazione in vista?

Riteniamo che il picco dell’inflazione sia ormai per buona parte da considerarsi come superato, quanto meno negli Stati Uniti, dove si constatano già cali nei dati mensili. L’Europa sembra seguire la medesima traiettoria. Nel prossimo anno, dovremmo quindi osservare un’accelerazione di questo calo dell’inflazione su entrambe le sponde dell’Atlantico. Sarebbe tuttavia poco prudente, senza dubbio negli Stati Uniti e in alcuni segmenti, escludere totalmente un rischio di deflazione entro il 2024.

Banche centrali: la fine dei rialzi?

Essendosi avverato il nostro scenario principale che prevedeva un significativo rialzo dei tassi da parte delle banche centrali, pensiamo ora che i tassi di base dovrebbero raggiungere un picco nel primo trimestre e rimanere a tale livello probabilmente fino alla fine dell’anno. Constatiamo inoltre come le loro diverse iniziative, in primo luogo la riduzione di bilancio ma anche il rialzo dei tassi, abbiano in effetti alimentato la decelerazione dell’economia. Negli Stati Uniti, osserviamo già, e continueremo a osservare, un significativo peggioramento del ciclo economico con, da un lato, un forte calo dell’attività nel settore immobiliare residenziale alimentato dall’importante aumento del costo dei mutui e, dall’altro, un grosso impatto sulle PMI che, finanziate a breve termine, saranno costrette a licenziare sotto la pressione dei costi di finanziamento troppo elevati. In effetti, poiché sono finanziate essenzialmente con il debito e hanno maggiore bisogno di finanziamenti rispetto alle grandi aziende, queste piccole imprese dovranno tagliare i costi e, di conseguenza, il loro personale. Pertanto, dovremmo osservare un’accelerazione della disoccupazione negli Stati Uniti nel corso dei prossimi trimestri, che potrebbe determinare una recessione più marcata e persistente del previsto. Inevitabilmente, l’Europa sarà interessata a posteriori da questa importante decelerazione dell’economia statunitense.

È giunta l’ora del 2° passo: focus sulla qualità difensiva

Considerato l’impatto non neutrale di questo 1° passo del valzer sull’economia statunitense, ma anche europea, continueremo a osservare – oltre agli attuali problemi sui margini – dei seri rischi legati ai ricavi. Alcune aziende decelereranno naturalmente in termini di profitti, altre resisteranno e i grandi vincitori saranno coloro che riusciranno a trarre vantaggio dalle nicchie in accelerazione.

In questa seconda fase, orientarsi verso le aziende di qualità (bilancio e redditività solidi, forte creazione di valore con la generazione di free cash-flow, stabilità dei ricavi) appare come una strategia interessante allo scopo di evitare perdite di utili legate al rallentamento economico. Prediligiamo quindi i titoli difensivi, sia che abbiano un profilo internazionale o nazionale.

In termini settoriali, i beni di prima necessità e le infrastrutture sanitarie dovrebbero, secondo noi, rispondere a queste specifiche. Una rigorosa selezione dei titoli resta tuttavia fondamentale per individuare quelli che saranno capaci di sorprendere positivamente il mercato.

Inoltre, le società caratterizzate da un elevato livello di innovazione dovrebbero poter soddisfare quest’esigenza di visibilità e di crescita strutturale incrementando il gap con i concorrenti. Un gran numero di queste aziende è già esposto a nicchie, in particolare nei settori della transizione energetica, delle nuove tecnologie sanitarie, della digitalizzazione o dell’automazione dell’economia – settori che privilegiamo nella nostra strategia che investe in titoli innovativi.

Questo 2o passo del valzer dovrebbe essere inoltre accompagnato da un calo dei tassi a lungo termine negli Stati Uniti, in linea con la decelerazione dell’economia. In effetti, le previsioni di inflazione di lungo periodo indicano un calo nei prossimi 12-18 mesi – e l’Europa dovrebbe seguire questa tendenza.

Per finire, un altro elemento da tenere sott’occhio è la progressiva riapertura della Cina, che potrebbe avere un impatto sul prezzo delle materie prime, in particolare quello del GNL (gas naturale liquefatto), e di conseguenza sulle finanze europee. Ciò potrebbe, nel breve periodo, favorire alcuni titoli ciclici legati ai consumi e industriali fortemente esposti alla Cina. Tuttavia, ciò non elimina affatto i problemi della crisi immobiliare e dell’importante indebitamento, a cui la Cina dovrà continuare a far fronte nei prossimi anni e che avranno un inevitabile impatto sul suo potenziale di crescita.

Pazienza per il 3° passo: la famosa “svolta” della Fed

Per tentare di determinare quando scoccherà l’ora della terza fase del valzer, il via libera soprattutto per i titoli ciclici e i titoli a piccola capitalizzazione, ma anche per i mercati in generale, dobbiamo innanzitutto interrogarci sulla famosa “svolta” della Federal Reserve statunitense.

Constatiamo storicamente come le evoluzioni dei mercati, e in particolare i prezzi dei titoli ciclici, anticipino da 6 a 12 mesi la nuova fase di un ciclo economico. Poiché la politica della Fed ha innescato il rallentamento economico e il calo dei mercati, essa costituirà allo stesso modo l’elemento scatenante del prossimo ciclo economico rialzista.

La flessibilità nell’iniezione di liquidità e il cambio di tono da parte della Fed – la “svolta”, ovvero il momento in cui la Fed cesserà di aumentare i tassi – daranno il via libera a un nuovo ciclo, il terzo passo del valzer. Questo profondo cambiamento a livello di intenzioni dipenderà, come già dichiarato dalla Fed, da due condizioni principali: da un lato, la significativa riduzione dell’inflazione core verso il 3%, se non addirittura il 2%, e, dall’altro, la flessibilità del mercato del lavoro e quindi un bacino di manodopera inutilizzata che dovrà essere molto più importante. Ciò dovrebbe inevitabilmente passare da un importante aumento della disoccupazione negli Stati Uniti, pari a +1 o +2%.

Poiché tali fattori devono convergere, non prevediamo la “svolta” della Fed prima della seconda parte del 2023 o addirittura la fine dell’anno. Nell’attesa, la prima importante sfida di quest’anno sarà quella di continuare ad accettare alcune variazioni contrarie nel breve periodo, dato che la volatilità, alimentata dai vari timori degli investitori, dovrebbe mantenersi a livelli elevati. La seconda sarà di trovare dei punti di flessione che ci consentano di posizionarci sul lungo periodo a livelli interessanti.

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