Cinque ragioni per cui è un buon momento per investire

“Quando guardiamo ai prossimi mesi non possiamo certamente ignorare il fatto che l’onda lunga degli eventi del 2022 continuerà, con molta probabilità, a influenzare ancora i mercati. Sono tre gli elementi principali su cui si giocherà la partita: l’inflazione, la politica monetaria e la crescita”. Ad affermarlo è Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, che di seguito illustra nel dettaglio la view.

Per quanto riguarda la crescita economica, abbiamo assistito a un costante peggioramento degli indicatori del sentiment. Questo pessimismo diffuso non è ancora del tutto giustificato da un deterioramento dei dati effettivi (ad esempio: consumi, statistiche sul mercato del lavoro, scorte, tassi di disoccupazione, immatricolazioni di automobili, affari immobiliari). I numeri in Europa e negli USA delineano uno scenario ancora in chiaroscuro: alcuni indicatori mostrano segnali di debolezza mentre altri, tra cui soprattutto gli utili aziendali, sembrano resistere e superare le attese di consensus. Nel 2023, tutti gli analisti si aspettano che la stretta monetaria cominci a sortire effetti negativi sull’economia. Per questo Bloomberg stima al 65% la probabilità di una recessione in Europa e USA.

Tuttavia, riteniamo che la domanda cruciale non sia se la recessione arriverà, ma quanto intensa sarà e, soprattutto, se è già stata prezzata dai mercati. La prima buona notizia è che crediamo che uno scenario recessivo di lieve entità sia stato, in parte, già prezzato: le valutazioni azionarie sono calate significativamente nel corso dell’anno, nonostante le società quotate siano riuscite a mantenere utili stabili. Questo significa che i mercati hanno incluso nelle proprie aspettative di prezzo una riduzione dei profitti. La seconda ottima notizia è che una recessione lieve – o addirittura l’assenza di una recessione – rimane lo scenario più probabile, secondo i grandi istituti economici e la maggior parte degli analisti.

 

L’altro tema cruciale risiede nel legame tra politica monetaria e inflazione. Un rallentamento lieve dell’attività economica ridurrebbe la spinta al rialzo dei prezzi, allentando di conseguenza la pressione sulle banche centrali, le quali nel frattempo si sono impegnate in un esercizio retorico, comunicando al mercato che la loro priorità assoluta, in questo momento, non è solo raffreddare l’inflazione, ma riportarla entro i livelli del 2%. La realtà è che i mercati credono che, al di là di questa retorica, il focus si sposterà gradualmente dall’inflazione al sostegno all’economia. Noi riteniamo che molto dipenderà da come reagirà la dinamica dei prezzi alla stretta monetaria del 2022. La pressione inflattiva legata ai servizi si trova ancora in fase espansiva e potrebbe rendere il raggiungimento del limite del 2% un obiettivo irrealistico, con una netta discrepanza tra le aspettative dei banchieri centrali e i mercati.

Il grafico sotto mostra come, per ora, l’inflazione abbia già iniziato a dare forti segnali di rallentamento rispetto ai picchi dell’estate, cosa che certamente rassicura i banchieri centrali e, di conseguenza, i mercati. Se questo trend dovesse continuare e, soprattutto, estendersi all’inflazione “core”, lo scenario descritto sopra diverrà verosimilmente il più probabile, con un maggior focus sulla crescita e, soprattutto, con la fine del “panico inflattivo” a cui abbiamo assistito nel 2022. In altre parole, il trend appena evidenziato crea un contesto certamente più ottimista per gli investitori, che attualmente, a nostro parere, hanno almeno 5 fondamentali ragioni per investire.

Cinque ragioni per investire ora

La valutazione del contesto macroeconomico è un elemento cruciale del processo di asset allocation, in quanto serve a stimare la crescita a lungo termine degli utili, che a loro volta determinano gli scenari azionari e dei tassi di interesse per il reddito fisso.

Quest’anno le aspettative a lungo termine per la crescita del Pil del Fondo Monetario Internazionale (FMI) sono meno positive rispetto agli ultimi anni. Le aspettative di crescita dell’economia statunitense a 5 anni sono ancorate all’1,6% rispetto a una mediana storica (dal 1990) del 2,4%. Una simile tendenza si riscontra nella maggior parte delle aree geografiche, con l’eccezione dell’Unione Europea. L’inflazione dovrebbe restare al di sopra dei livelli storici, principalmente nei prossimi 12 mesi, con gli Stati Uniti meno colpiti. Queste due combinazioni influiscono sulla nostra ipotesi di crescita degli utili, andando a penalizzare i, pur alti, rendimenti attesi azionari. Per i mercati emergenti, le stime delle esportazioni sono piatte al 4,2%, totalmente in linea con la loro mediana storica, segnalando un rimbalzo più robusto e sostenibile dai minimi del periodo Covid. Utilizziamo questa statistica, tra gli altri fattori, per stimare i rendimenti attesi a lungo termine per i mercati emergenti.

Basandoci sulle previsioni dell’FMI, possiamo quindi concludere che: le stime dell’inflazione sono in linea con le aspettative del mercato per il 2023, a partire dalla fine di ottobre 2022; le stime del Pil non includono una recessione per il 2023 e il 2024, ma restano piuttosto prudenti nel lungo periodo; i nostri rendimenti attesi (che sono ancora positivi e sono cresciuti significativamente rispetto allo scorso anno) tengono conto del fatto che le stime di crescita a lungo termine sono piuttosto prudenti. Ciò potrebbe lasciare spazio a una sorpresa positiva in caso di performance del Pil a lungo termine più solide.

Mercato azionario

Il grafico seguente mostra le diverse componenti che contribuiscono al rendimento atteso per l’azionario e al rendimento atteso totale. Mentre la crescita dell’utile per azione non è troppo dissimile su tutta la linea (blu), il rendimento da dividendi per gli Stati Uniti è inferiore a quello degli altri Paesi. Inoltre, il Regno Unito è l’unico Paese in cui prevediamo una significativa perdita in conto capitale, poiché le valutazioni sono ancora superiori alla loro media di lungo periodo.

L’attuale livello delle valutazioni è in linea con la loro media storica a lungo termine, il che significa che le azioni non sono ancora costose o particolarmente convenienti. Per gli Stati Uniti, il valore corrente è ancora al di sopra della loro mediana di lungo termine. Per quanto riguarda la crescita degli utili, le nostre aspettative sono piuttosto prudenti e in linea con le attese di moderata crescita del Pil. Storicamente, la crescita mediana degli utili per azione negli ultimi 10 anni per gli Stati Uniti (la nostra maggiore esposizione azionaria) è dell’8%, mentre prevediamo un 4% per i prossimi 10 anni. Tuttavia, questa componente è il principale fattore trainante per i rendimenti attesi.

Titoli di Stato dei Paesi sviluppati

I rendimenti attesi per i titoli di Stato a reddito fisso sono aumentati notevolmente rispetto allo scorso anno, grazie al forte sell-off a cui abbiamo assistito nel 2022. Ciò significa che questa asset class sta diventando più interessante di quanto non fosse storicamente.

Il carry favorisce i titoli di Stato a breve termine, a causa dell’odierna inversione delle curve. Il Treasury USA a breve termine si attesta al 4,2%, mentre quello a lungo termine è al 3,5%. Per quanto riguarda la stima della dinamica di tasso e di guadagno (o perdita) in conto capitale, considerando la crescita a lungo termine del Pil Usa e dell’inflazione, stimiamo che il tasso di equilibrio a 10 anni si aggiri attorno al 2% per le scadenze brevi e al 3,5% per le scadenze più lunghe. Avremo quindi una minusvalenza per i titoli di Stato a lungo termine e una plusvalenza per quelli a breve. A nostro avviso, ci sono diversi motivi per continuare a preferire l’investimento diversificato tramite ETF. Crediamo che le obbligazioni offrano i maggiori vantaggi come parte di un portafoglio multi-asset che contenga anche altre asset class – ad esempio, l’azionario – in grado di generare un’extra-performance nel lungo periodo.

Vale la pena menzionare le obbligazioni indicizzate all’inflazione. Il loro prezzo incorpora un’inflazione prevista a lungo termine del 2%. Se il tasso di inflazione risulterà essere superiore, allora i bond inflation-linked supereranno i titoli di Stato nominali. Riteniamo che questa asset class sia ancora importante in ottica di portafogli multi-asset, poiché garantisce una protezione contro eventuali sorprese inflazionistiche.

 

Obbligazioni societarie e dei Paesi emergenti

Tutte le asset class del settore del credito hanno un rendimento atteso tra i più elevati mai previsti da Moneyfarm. I titoli di Stato dei mercati emergenti sono in testa alla classifica, beneficiando sia di un potenziale di crescita in conto capitale (dovuto principalmente alla diminuzione degli spread creditizi), sia di un tasso di insolvenza atteso molto inferiore rispetto a quello delle obbligazioni societarie statunitensi High-Yield.

Anche le obbligazioni societarie Investment Grade meritano una menzione speciale, grazie ai rendimenti attesi aggiustati al rischio. In effetti, il tasso di insolvenza atteso per questa asset class resta marginale e tende a sottoperformare i titoli di Stato solo in scenari di stress. Per quanto riguarda l’High-Yield a lungo termine, gli attuali spread dovrebbero compensare il tasso di insolvenza atteso annualizzato, offrendo un premio al rischio che rende questa asset class più attraente rispetto alla performance vista recentemente.

Portafogli strategici per il 2023

I portafogli strategici sono sette allocazioni che, in base alle nostre previsioni, massimizzano i ricavi previsti per ogni livello di rischio su un orizzonte di 10 anni. Essi servono da linee guida per i portafogli effettivi, che prendono in considerazione anche scelte tattiche dettate dal contesto di breve termine. Di seguito il dettaglio della previsione dei rendimenti attesi delle principali asset class per il 2023.

Nonostante i crescenti rendimenti previsti per il reddito fisso, le allocazioni multi-asset ottimali continuano a fare molto affidamento sull’azionario e su altre asset class più rischiose.

La crisi energetica ha contribuito a penalizzare gli investimenti ESG, ma allo stesso tempo ha ricordato all’opinione pubblica e ai governi l’importanza della transizione green e del passaggio a fonti di energia rinnovabile per ridurre la dipendenza dal combustibile fossile russo entro il 2030.

Il conflitto in Ucraina, la crisi energetica in Europa e l’impennata dell’inflazione hanno sicuramente rappresentato una sfida per i fondi socialmente responsabili, che nel 2022 hanno generalmente sottoperformato gli investimenti tradizionali, poiché non sono stati supportati dall’impennata dei prezzi delle materie prime. Tuttavia, nel lungo termine, prevediamo un’accelerazione verso l’energia pulita e questa non può che essere una buona notizia per gli investimenti ESG.

Tre trend degli ESG

Il 2022 è stato deludente per il trend ESG, dal punto di vista delle performance, ma individuiamo almeno tre tendenze significative per lo sviluppo di questa categoria di investimenti:

  1. La messa a punto di tecniche, dati e regolamentazioni più sofisticate, con, ad esempio, il lancio di nuovi ETF che integrino criteri ESG
  2. La sempre crescente importanza della transizione verde e della sicurezza energetica per le autorità di regolamentazione
  3. Maggiore impegno e consapevolezza da parte degli investitori istituzionali.

Regolamentazione e tecniche d’investimento via via più sofisticate non possono prescindere da obiettivi chiari di investimento responsabile: in linea con la sua missione di rendere la finanza semplice ed accessibile per i suoi clienti, Moneyfarm sta lavorando per migliorare la sua offerta ESG, non solo in termini di diversificazione, performance e resilienza, ma anche di evoluzione sulla base delle nuove tecniche e regolamentazioni. Con il lancio della nuova gamma di portafogli tematici, i clienti Moneyfarm hanno la possibilità di investire in società che forniscono soluzioni attive alle sfide climatiche e ambientali del nostro tempo.

 

 

 

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