I fallimenti della Silicon Valley Bank (SVB) e della Signature Bank, nonché il fallimento della Silvergate Bank, nell’arco di 48 ore, hanno modificato in modo significativo le prospettive degli investitori riguardo alla Fed.
“Gli eventi recenti hanno rafforzato la nostra opinione secondo cui l’economia statunitense rischia di entrare in recessione nell’ultima parte dell’anno. Sarà difficile, se non ipocrita, che la Fed non mostri un certo deterioramento delle sue previsioni sul PIL e sulla disoccupazione nella sua nuova Sintesi delle Proiezioni Economiche“. A farlo notare è Raphael Olszyna-Marzys, International Economist di Banca J. Safra Sarasin, che di seguito spiega nel dettaglio la view.
Cosa farà dunque la Fed?
Il nuovo strumento di emergenza è stato in parte concepito in modo da poter utilizzare diversi strumenti a disposizione per raggiungere gli svariati obiettivi: la stabilità finanziaria da un lato e la stabilità dei prezzi dall’altro. Utilizzando il proprio bilancio per contribuire a contenere le tensioni bancarie, la Fed lascia lo strumento dei tassi d’interesse per affrontare l’inflazione.
Qualora dovessimo avere ragione, sarebbe improbabile che la Fed continui a praticare il QT ancora a lungo. Il suo nuovo strumento creerà ulteriori riserve nel sistema bancario per evitare stress di finanziamento, mentre il QT rimuove riserve e depositi dal sistema. Nella migliore delle ipotesi, fare entrambe le cose contemporaneamente pone dei problemi di comunicazione. Nel peggiore dei casi, compromette l’impatto previsto di ciascuno dei due programmi.
L’opzione più corretta sarebbe che il FOMC concludesse il suo programma di QT, ma alzasse ancora un po’ il tasso di riferimento. Interrompere la lotta ora o, peggio, tagliare i tassi prima di avere il controllo sull’inflazione di fondo potrebbe minare la fiducia degli investitori nella capacità della Fed di riportare l’inflazione al 2%. Un tale fallimento potrebbe aprire la strada a un ritorno più duraturo del premio per il rischio di inflazione. Ci aspettiamo quindi che la Fed aumenti i tassi di 25 pb nel prossimo meeting e che manifesti quantomeno l’intenzione di rivedere il proprio programma di QT.
L’atteso aumento degli standard di prestito e il deterioramento delle condizioni di credito indicano che l’attuale orientamento di politica monetaria avrà un impatto sull’economia reale maggiore di quanto si pensasse in precedenza. Pertanto, è improbabile che le nuove proiezioni mostrino un tasso terminale molto più alto, se non del tutto, di quello pubblicato nelle proiezioni di dicembre (5,125%). Allo stesso tempo, è probabile che la proiezione dell’inflazione per il 2023 venga rivista al rialzo, viste le revisioni dei dati passati e i recenti numeri “caldi”. Tuttavia, mantenere invariato il tasso terminale mentre si alza la previsione di inflazione invierebbe un segnale sbagliato, in quanto segnalerebbe la volontà di lasciar correre l’inflazione più a lungo. Un modo per far quadrare il cerchio sarebbe quello di abbassare le previsioni di crescita del PIL per il quarto trimestre del 2023 e del 2024 e di aumentare le previsioni sul tasso di disoccupazione per il 2024.
In questo modo, si indicherebbe che il rallentamento economico finirebbe per riportare l’inflazione verso il target. Così facendo, si riconoscerebbe semplicemente che la politica monetaria sta ottenendo l’effetto desiderato e che comporta un aumento del nervosismo dei finanziatori, del costo dei prestiti e dell’avversione al rischio delle imprese. Ma ciò significherebbe anche riconoscere che il percorso verso un “soft landing”, che la Fed ha voluto percorrere, si sta restringendo sempre di più.