Asset allocation, Giappone: qui l’azionario non è ancora a fine corsa

L’indice Nikkei 225 della Borsa di Tokyo ha segnato nuovi massimi trentennali. Per anni, l’indice è stato scambiato a valutazioni molto inferiori rispetto agli equivalenti europei ed americani. Quando nel 2021 l’indice aveva raggiunto i 30.000 punti, gli investitori si erano affrettati a vendere, bloccando ulteriori rialzi. Negli ultimi giorni, tuttavia, questa soglia psicologica è stata superata con decisione, grazie al combinarsi di vari fattori.

In questo contesto, ecco di seguito la view di Antonio De Negri, ad di Smart Bank.

Impossibile trascurare il fatto che quando l’oracolo di Omaha, Warren Buffett, ha annunciato degli acquisti di azioni giapponesi, il mercato l’abbia passivamente seguito nella scelta. Difatti, questo evento ha segnato un punto di minimo sull’indice Nikkei ed è coinciso con un’inversione del trend.

Ma ciò non basta a spiegare la rottura sostenuta di massimi trentennali, né tantomeno le ragioni della scelta di Buffett. I veri fattori sono da ricercarsi negli ottimi dati economici e societari che stanno arrivando dal Giappone. Tra tutti, i dati sul PIL, sulla crescita annualizzata e sulla qualità degli utili sono i più significativi. Non solo, la riforma sulla corporate governance, tema di discussione per sette anni, inizia a mostrare frutti tangibili. In particolare, si osserva un deciso aumento dei programmi di riacquisti di azioni proprie e di aumenti dei dividendi. Il mercato sta premiando le società più proattive in questo senso e non è inusuale osservare anche rialzi giornalieri nell’intorno del +15% a seguito di tali annunci.

Da un punto di vista più tecnico, si osserva una rotazione rilevante dall’azionario sia americano sia cinese, con valutazioni elevate ed outlook macroeconomici più incerti, verso il mercato giapponese. Per sei settimane consecutive, ad esempio, i flussi da investitori esteri sono stati positivi verso l’azionario giapponese. Alcuni broker riportano addirittura un’attività doppia rispetto a quella dei primi mesi dell’anno.

Nonostante si sia registrata anche attività di copertura, l’acquisto di opzioni call sull’indice Nikkei è continuato in modo imponente anche dopo la rottura dei 30.000 punti, sovraperformando così l’SP500.

Per il momento, le istituzioni finanziare domestiche sono state venditrici nette, e in generale le istituzioni estere cosiddette long-only, come ad esempio i fondi pensione, hanno ancora allocazioni di portafoglio sottopesate rispetto al Giappone. Se ciò dovesse cambiare, i flussi sarebbero rilevanti.

Questi fattori, insieme agli ottimi fondamentali, potrebbero segnalare che c’è ancora del carburante per spingere ulteriori rialzi.

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