Tetto del debito Usa: opportunità di acquisto da usare con cautela

Il debt ceiling, il tetto all’indebitamento, è americano come la torta di mele e la Caesar Salad (che fu creata da un italiano). Risale al 1917. C’erano da fare continui stanziamenti per la Grande Guerra e non era pratico alzare ogni volta il limite per il funding. Fino ad allora ogni singola emissione obbligazionaria doveva essere preventivamente approvata da una legge del Congresso.

Quella che doveva essere una semplificazione da tempo di guerra si trasformò negli anni in una specie di istituzione di garanzia che, nella pratica, ha spesso finito con il complicare le cose.

Negli Stati Uniti l’iter della legge di bilancio inizia e termina con il Presidente, ma è il Congresso che le dà corpo. Con il debt ceiling, quindi, il Congresso fa da contrappeso a se stesso. Con la mano destra può decidere di comprare la luna e distribuire soldi dagli elicotteri, ma con la mano sinistra deve decidere per quanto indebitarsi. Raggiunto il limite, il Tesoro non ha più la possibilità di finanziarsi e interrompe i pagamenti di interessi, pensioni e stipendi per i dipendenti pubblici.

In alternativa, il Tesoro può vendere qualche asset o ricorrere a un escamotage. Nel 1953, sotto Eisenhower, durante una disputa di molti mesi sull’innalzamento del tetto, la Fed monetizzò una parte dell’oro di Fort Knox per finanziare la spesa corrente.

Questo modo di procedere potrebbe apparire schizofrenico, ma si spiega con il fatto che gli stanziamenti pluriennali sono decisi da un Congresso che ha un certo colore politico ma sono spesso implementati da un Congresso che ha cambiato nel frattempo maggioranza e trova quindi comodo appellarsi al debt ceiling per fare pressione su se stesso e contenere le spese.

Nella rappresentazione corrente i democratici sono quelli che spendono e i repubblicani sono quelli che usano il debt ceiling per frenare i loro avversari. Nella realtà i repubblicani, quando sono al potere, spendono anche loro volentieri, anche se per cose diverse, ma quando sono all’opposizione impugnano il debt ceiling come strumento di lotta politica.

L’opinione pubblica e i mercati finanziari non vedono di buon occhio le dispute sul debt ceiling e invocano istintivamente un accordo a metà strada tra le parti. Chi viene percepito come intransigente, indipendentemente dal merito delle sue posizioni, diventa impopolare e perde consenso. Nel decennio scorso furono i repubblicani a cadere nel tranello e ad apparire estremisti. Nei giorni caldi dello scontro del 2011 la borsa perse il 17% e il Paese rimase bloccato. Newt Gingrich, il leader repubblicano del Congresso che avrebbe potuto un giorno candidarsi presidente, si giocò la carriera politica.

Questa volta, pensando di potere ripetere le vittorie di Obama del decennio scorso, Biden ha cercato di fare cadere di nuovo i repubblicani nella trappola, ma la sua debolezza politica e l’immagine dialogante del suo avversario repubblicano McCarthy danno ora spazio a quest’ultimo.

Molto probabilmente i mercati apriranno lunedì con l’accordo firmato e reagiranno positivamente. Rimane però aperta la possibilità che le trattative si prolunghino e che il conflitto si inasprisca. In questo caso il default sul debito sarà uno scenario di coda estremamente improbabile.

Prima di fare default, infatti, il Tesoro interromperà i pagamenti ai fornitori, sospenderà i dipendenti pubblici e smetterà di pagare le pensioni, una misura, questa, che nessun politico oserebbe nemmeno immaginare. Escludendo quindi il default sul debito, rimarrà però nei mercati una tendenza costante al ribasso fino a quando verrà raggiunto l’accordo.

Lo scontro sul debt ceiling crea ogni volta opportunità di acquisto sui mercati, ma va sfruttato con grande cautela. In una prima fase sulla discesa è meglio utilizzare opzioni. Gli acquisti di fisso vanno tenuti per la fase successiva, nel caso in cui lo scontro si prolunghi e il ribasso acceleri.

In passato il rischio di default sul debito ha portato, paradossalmente, al rialzo dei corsi dei Treasuries, comperati come bene rifugio. È meglio però non dare per scontato che sia così anche questa volta.

In pratica, per gli investitori che hanno un orizzonte di medio termine, rimanere fermi e aspettare che passi il temporale è il modo migliore per affrontare la vicenda e non farsi male.

Una volta ritornata la calma, l’attenzione ritornerà sui tassi. La Fed è chiaramente divisa sul da farsi, ma la maggioranza, incluso Powell, propende per una pausa nel ciclo di rialzo.

Il dibattito, in questo momento, ruota tutto intorno alla definizione di tasso neutrale. Il problema, come nota Albert Edwards, è che esistono di fatto due tassi neutrali. Uno, più alto, è per l’economia e per l’inflazione. L’altro, più basso, è per la stabilità finanziaria, ovvero per la solidità del sistema bancario. Nessuna banca centrale può permettersi di vincere sull’inflazione e perdere sulla stabilità finanziaria. Per questo, alla fine, continueremo a stupirci di quanto lentamente e faticosamente scenda l’inflazione. E di quanto siano capaci di tenuta, nonostante tutto, i mercati azionari.

A cura di Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos (rubrica Il Rosso e Il Nero)

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