“Il Giappone rimane uno dei nostri mercati preferiti”. Ad affermarlo è Carl Vine, gestore dei fondi M&G (Lux) Japan e M&G (Lux) Japan Smaller Companies di M&G, che di seguito spiega le ragioni.
È molto probabile che il Paese sia entrato in un mercato rialzista di lungo periodo. Nonostante la crescente attenzione da parte degli investitori stranieri, riteniamo che le prospettive di rialzo a lungo termine delle aziende giapponesi non siano del tutto comprese e che quindi vi siano opportunità interessanti, soprattutto per gli investitori attivi e che fanno engagement.
Nel loro processo decisionale, le imprese stanno diventando sempre più orientate al profitto e modificano di conseguenza il loro comportamento aziendale. Ciò dovrebbe continuare a favorire una forte crescita composta degli utili nel decennio a venire.
Le aziende hanno ancora molte frecce al loro arco, pronte all’uso, per aumentare i ritorni economici. I bilanci giapponesi, infatti, sono ancora carichi di asset in eccesso sotto forma di capitale circolante, immobili, liquidità netta e voci varie. Questo capitale in eccesso viene gradualmente restituito agli azionisti o reinvestito per generare rendimenti più elevati.
Nel frattempo, una maggiore attenzione al meccanismo di determinazione dei prezzi e alla produttività delle unità offre un forte incremento dei margini di profitto.
La struttura del settore è un altro elemento importante e in evoluzione nel panorama delle imprese giapponesi. Quello che era un tempo un contesto aziendale molto frammentato sta iniziando a rendersi conto dei vantaggi del consolidamento, che può portare a miglioramenti della produttività e a margini più elevati.
Poiché le aziende stanno adottando queste strategie di auto-miglioramento, sostenute dal quadro istituzionale e dalla leadership politica, è del tutto plausibile che gli utili quotati in Giappone continuino a registrare una crescita composta poco sotto il 10% nei prossimi anni.
Grazie ai rendimenti potenzialmente più ricchi per effetto dei dividendi e dei riacquisti di azioni proprie, nei prossimi cinque-dieci anni potremmo assistere a rendimenti totali annui composti intorno al 15%, ancor prima di considerare un possibile aumento delle valutazioni.