Investimenti: attenzione ai due fattori che tengono in ostaggio i mercati

A tenere in ostaggio i mercati in questa fase i due noti fattori. Da un lato l’idea che in Occidente i tassi possano ancora salire di pari passo ad un ridimensionamento dell’inflazione meno incisivo del pronosticato (e la tenuta del mercato del lavoro, rimarcata ieri da sussidi alla disoccupazione americani ancora molto contenuti lascia tecnicamente spazio di manovra alla FED in questa direzione), dall’altro le ormai travalicanti preoccupazioni inerenti l’economia cinese.

Ancora oggi la PboC ha esercitato il suo criterio di fissazione dello Yuan con uno scostamento dal consensus che è il più elevato nella storia, esortando al contempo le banche del paese a liberare risorse a sostegno degli investimenti ed ad intervenire a sostegno della divisa del Paese. Investimenti che languono soprattutto sul mercato immobiliare, dato che nel giorno in cui Evergrande richiede il chapter 15 a New York (una sorta di amministrazione controllata) circa metà delle imprese a partecipazione statale (SOE) legate al settore costruzioni lamentano perdite nel primo semestre dell’anno, in tutto 18 aziende su 38 contro 11 aziende che nel 2022 avevano lanciato un warning su potenziali perdite nell’anno.

In Usa tuttavia non tutti i dati sono univoci nel confermare la resilienza economica; certo il mercato del lavoro rimane forte, ed anche il Philly Fed ieri stupisce con un risultato a +12 contro una attesa contrazione a -10,2 (precedente -13,5), ma se guardiamo le indicazioni offerte dai Leading Indicators, che a luglio segnano la loro 16ma contrazione consecutiva (che inizia a rivaleggiare con il record di 22 mesi, da giugno 2007 all’aprile 2008 del periodo Lehman) difficile non sentire le brezze recessive all’orizzonte; su base annuale i Leading Indicators sono in flessione del 7,5%, il calo annuo più pronunciato dal 2008 eccezion fatta ovviamente per la parentesi Covid.

A cura di Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Partners Sim

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