Investimenti: la Fed verso la fase finale

La prima parte del ciclo di inasprimento della Federal Reserve nel 2022 potrebbe essere definita un intervento d’urgenza. Le condizioni monetarie erano state allentate troppo bruscamente, la politica fiscale sosteneva oltremodo la spesa al consumo e l’inflazione stava accelerando. A partire da inizio 2023, la politica restrittiva è entrata in una fase di normalizzazione: la banca centrale USA ha rallentato il passo dei progressivi rialzi del tasso di riferimento, il tasso sui Federal Funds, man mano che il processo di disinflazione prendeva piede.

Ora siamo alle soglie di quello che si potrebbe definire, facendo un’analogia con gli scacchi, il finale della partita della Fed. È ormai sempre più evidente che i tassi di riferimento sono prossimi al picco. Tuttavia, secondo noi il processo di inasprimento monetario non è ancora concluso“. Ad affermarlo è Sean Shepley, senior economist di Allianz Global Investors, che di seguito spiega nei particolari la view.

Come spiegare questo paradosso apparente?

Cominciamo col dire che la Federal Reserve può giocare la fase finale in modo attivo o passivo. Un coinvolgimento attivo potrebbe naturalmente consistere in un ulteriore incremento dei tassi di riferimento volto a minimizzare il rischio di inflazione persistente. Tuttavia potrebbe anche essere espresso tramite le previsioni fornite dalla Federal Reserve in merito alla crescita, all’inflazione e, di fatto, al tasso di riferimento stesso. A nostro avviso questi potrebbero essere elementi importanti da tenere d’occhio alla prossima riunione.

Inoltre, nel finale non c’è un solo giocatore. Le variazioni alla politica delle altre banche centrali, e in particolare della Banca del Giappone, influiscono sul livello dei rendimenti delle obbligazioni globali a lunga scadenza. I rendimenti obbligazionari a lungo termine hanno un impatto più sostanziale sull’economia USA che su altre economie per via delle dimensioni del mercato dei mutui statunitense, che spesso prevede piani di rimborso a tasso fisso della durata di oltre dieci anni. L’aumento dei rendimenti obbligazionari interessa anche le società che contraggono prestiti, poiché intacca il loro potere di spesa.

Infine, pur restando del tutto passiva, la Fed potrebbe comunque inasprire le condizioni monetarie semplicemente non abbassando i tassi di interesse quando l’inflazione scende. L’incremento dei tassi di interesse reali (che potrebbero essere definiti come la differenza tra i rendimenti obbligazionari nominali e l’inflazione attesa) ha un impatto diretto sia in termini di aumento del tasso reale di rendimento richiesto sugli investimenti di capitale nell’economia reale, sia a livello dei portafogli di investimento, poiché fa salire i tassi di sconto a lungo termine. Entrambi gli effetti tendono a provocare una svalutazione degli asset i cui flussi di cassa vengono valutati rispetto ai tassi reali (per evidenziare i diversi impatti, basti pensare che interessano, fra l’altro, infrastrutture, real estate e molte valute, ma anche l’oro). Probabilmente un simile inasprimento passivo durerà per diversi mesi dopo l’ultimo rialzo dei tassi di riferimento della Fed.

La decisione immediata

Le premesse per la prossima riunione sono molto positive se guardiamo le ultime informazioni sull’economia statunitense: l’attività economica reale si è rafforzata, mentre le tensioni nel mercato del lavoro e l’inflazione core danno segnali di cedimento.

Sebbene tale quadro possa indurre a pensare che il finale sia quasi terminato e che la vittoria sia vicina, noi crediamo che quel momento non sia ancora arrivato. Spesso, la flessione dell’inflazione dopo un picco è stata interrotta da episodi di risalita, come quello minacciato dal recente rincaro del petrolio. Riteniamo pertanto probabile che la prossima settimana la Fed manterrà i tassi di interesse invariati, che le sue previsioni continueranno a segnalare un ulteriore rialzo prima di fine anno e potenzialmente a ridurre le attese sui tagli dei tassi nel 2024.

La settimana prossima

Oltre alla già segnalata sessione della Federal Reserve, la prossima settimana si riuniranno anche la Bank of England e la Banca del Giappone. Prevediamo che la Bank of England alzerà i tassi di 25 punti base (pb) e che la Banca del Giappone confermi la politica in essere.

I dati più attesi, vale a dire i PMI flash relativi a Stati Uniti, area euro, Giappone e Regno Unito, saranno pubblicati alla fine della settimana. In alcuni Paesi si rilevano i primi segnali di stabilizzazione del settore manifatturiero, un processo che darebbe un contributo sostanziale al tanto auspicato soft landing. Per contro, i servizi perdono slancio nell’area euro e nel Regno Unito al punto che un ulteriore calo dei PMI alimenterebbe il rischio di contrazione dell’attività economica. Negli USA, il sondaggio del mese scorso nel settore dei servizi ha dato esiti molto contrastanti, i dati saranno quindi importanti per indirizzare le attese di crescita.

La fase finale è iniziata, ma non crediamo che la partita si concluderà la prossima settimana. La maggior parte dei mercati forse deve aspettare ancora un po’ per una buona notizia che ne determini la direzione.

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