Il motivo è una cronica deflazione che affligge il Paese da più di un decennio e che l’ha ingabbiato in una crescita zoppicante, solo parzialmente curata dalle manovre di politica economica dell’ex primo ministro Shinzo Abe. Il periodo d’oro in cui gli investitori giapponesi sembravano comprarsi il mondo è finito, ma il Paese resta comunque la terza economia mondiale per PIL dopo Cina e Stati Uniti.
Il neo-Governatore della BoJ, Kazuo Ueda, subentrato recentemente al posto di Haruhiko Kuroda, ha però deciso di non attuare stravolgimenti nella politica monetaria del suo predecessore. Le misure accomodanti attualmente in essere sono quindi mirate ad ottenere una crescita dei salari reali e dell’inflazione, ora al 3,3%, così che la crescita dei prezzi demand-pull possa finalmente risollevare le sorti economiche del Paese.
Certo, questo marcato anticonformismo rispetto ai corrispettivi Occidentali non è scevro da effetti potenzialmente negativi nel lungo termine. Lo yen continua infatti a perdere valore, in particolare nei confronti del dollaro americano, anche se per il momento questa debolezza aiuta ad incrementare le esportazioni dei manufatti nipponici e a creare quel fenomeno di importazione dell’inflazione attraverso i beni energetici.
La banda di oscillazione definita dalla YCC (Yield Curve Control) – Fonte:Reuters
Un’altra questione riguarda invece la controversa politica di controllo della curva dei rendimenti, o YCC (Yield Curve Control), che prevede massicce iniezioni di liquidità per mantenere i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine entro un determinato range.
Nel corso del 2023 la banda è stata allargata permettendo ai rendimenti di avere maggiore libertà di movimento, ma mandando un falso segnale ai mercati sulle prospettive di una rapida normalizzazione della politica monetaria.
Sul mercato azionario, il Nikkei ha invece archiviato, da inizio anno, una performance di oltre il 28% trainato soprattutto dai keiretsu, i profittevoli conglomerati del Paese, e schermando in parte le difficoltà intrinseche all’economia giapponese.
Tuttavia, nel lungo termine, la BoJ si vedrà costretta a portare i tassi a un livello leggermente positivo, sebbene il momento esatto resti difficile da prevedere e molto dipenda in gran parte dai futuri dati macroeconomici.
A cura di Giacomo Calef, Country Head Italia di NS Partners