Investimenti, uranio: una commodity da tener d’occhio

“Negli ultimi mesi, l’uranio è tornato sotto la lente degli operatori a causa di un aumento record delle quotazioni. Questo metallo, il cui utilizzo principale è come combustibile nelle centrali nucleari, è diventato una commodity chiave per l’indipendenza energetica di molti Paesi che credono nei futuri sviluppi nel campo dell’energia atomica, soprattutto nell’ottica della transizione energetica”.A farlo notare è Giacomo Calef, Country Manager Italia di NS Partners, che di seguito illustra nei particolari la propria view su questa materia prima in ottica di investimento.

Nell’ultimo mese i prezzi si sono incanalati in un trend ascendente salendo ai massimi da 12 anni, fino a 65,50 dollari per libbra. Le quotazioni si riferiscono alle cosiddette “yellowcake”, composti concentrati che contengono più del 90% degli isotopi radioattivi, rispetto ad una cifra molto inferiore (compresa tra lo 0,1% e l’1,5%) presente nella pechblenda, il minerale da cui viene generalmente estratto.

Uranio: domanda e offerta

A pesare sulle quotazioni sono stati, da un lato, Paesi come Francia e Corea del Sud che hanno aumentato la richiesta di combustibile per i propri impianti nucleari. Dall’altro, invece, si è creato un sostanziale deficit nella produzione dovuto ad un colpo di stato in Niger, uno dei maggiori produttori mondiali, che ha causato alcune costrizioni nell’attività estrattiva. Nonostante questo, le attuali scorte di uranio restano sufficienti grazie alle riserve accumulatesi a partire dal disastro di Fukushima del 2011, che hanno lasciato il mercato in un costante eccesso di offerta. Tuttavia, molti analisti sottolineano che i prezzi sono ormai destinati a restare elevati a causa di un cronico sbilanciamento verso l’aumentata richiesta di questo elemento.

La sostenibilità

Il focus verso fonti di energia più sostenibili sta quindi portando a fare sempre più affidamento su minerali ormai indispensabili, e questo è già di per sé un preludio ad un aumento dei prezzi nei prossimi anni. Restando però nel campo dell’energia atomica, che sembra essere tra le più pulite, le prospettive positive date dalla sperimentazione di reattori più piccoli e meno costosi, e dalla fusione nucleare, le cui applicazioni sono però previste solo tra il 2040 e il 2050, hanno riportato in auge l’interesse verso questo settore, inducendo gli investitori a concentrare gli investimenti verso un più ampio spettro di società coinvolte nella transizione energetica.

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