Le infrastrutture quotate sono negoziate su mercati pubblici e sono più liquide di quelle non quotate, che sono detenute privatamente. “Tra le valutazioni di queste due categorie di infrastrutture si è creato uno scarto considerevole, per cui le prime sono fortemente sottovalutate rispetto alle seconde”. A farlo notare è Shane Hurst, Managing Director e Portfolio Manager di ClearBridge Investments, gruppo Franklin Templeton, che di seguito illustra nei particolari la view su questo settore.
Al 31 dicembre 2022 questo scarto valutativo – misurato dalla differenza tra il Global Listed Infrastructure Organisation (GLIO) Index e il Wilde/Preqin Infrastructure Index – si collocava sul livello più elevato dalla crisi finanziaria globale. Da allora, secondo Preqin, i fondi non quotati hanno accumulato 300 miliardi di dollari di disponibilità liquide (capitali impegnati ma non ancora investiti) che attendono di trovare un impiego. Questi capitali si stanno già riversando sul mercato per effettuare acquisizioni e riteniamo che continueranno a farlo.
Nell’ultimo anno o due, i fondi non quotati hanno focalizzato la loro attenzione su asset infrastrutturali core, come le utility regolamentate (strade, ferrovie, aeroporti, ecc.) Pertanto, la domanda sostenuta proveniente dai fondi non quotati dimostra l’attrattiva delle valutazioni delle infrastrutture quotate. Al contempo, le società quotate possono vendere i propri asset in tutto o in parte per finanziare la crescita futura, anziché doversi rivolgere ai mercati azionari o obbligazionari.
Decarbonizzazione, reshoring ed evoluzione del 5G
La nostra strategia investe unicamente in infrastrutture quotate. Le due aree su cui ci concentriamo sono le utility regolamentate e a contratto (come acqua, elettricità, gas e fonti rinnovabili) e gli asset “user-pays” (come ferrovie, strade, aeroporti, comunicazioni e porti). Le utility regolamentate e a contratto sono poco sensibili alle variazioni del prodotto interno lordo (PIL), hanno un profilo difensivo e sono meno volatili degli asset “user-pays”, e possono fornire elevati livelli di reddito. Gli asset “user-pays”, dal canto loro, sono più sensibili all’andamento del PIL e forniscono un reddito più basso delle utility regolamentate e a contratto. Le utility sono uno dei settori che fanno registrare le performance peggiori dall’inizio di quest’anno, specialmente negli Stati Uniti.
Questo debole risultato si deve soprattutto all’aumento dei rendimenti reali. Inoltre, come già accennato, le società legate all’IA hanno generato la maggior parte della performance dell’S&P 500. A livello fondamentale, riteniamo che le utility siano generalmente solide e che continuino a raggiungere i loro obiettivi in termini di cash flow e dividendi. Vale inoltre la pena di ricordare che si tratta di asset regolamentati con rendimenti regolamentati. Un importante fattore di sostegno per le infrastrutture quotate è dato dal processo di azzeramento delle emissioni nette.
La decarbonizzazione continua a guadagnare slancio a livello globale. Secondo la nostra analisi, per avvicinarsi all’obiettivo “net zero” entro il 2030 la spesa per l’energia deve aumentare da circa 800 a 2.500 miliardi di dollari all’anno. In particolare, affinché si possano azzerare le emissioni nette entro il 2050, la spesa per l’eolico e il solare deve più che quintuplicarsi entro il 2030. Analogamente, per raggiungere lo zero netto entro il 2050, nel 2030 il 60% delle auto vendute dovrà essere costituito da veicoli elettrici; nel 2023, secondo l’International Energy Agency, questa percentuale era ferma al 18%.
Un altro tema importante che ha assunto rilevanza dopo il COVID è quello del reshoring, che ha prodotto un accorciamento e un parziale rimpatrio delle catene di fornitura. Da quando l’US Inflation Reduction Act (IRA) ha iniziato a incentivare la produzione locale, negli Stati Uniti sono stati annunciati 83 nuovi impianti di produzione o espansioni di strutture esistenti nel settore dell’energia pulita, con l’aggiunta di 184 gigawatt di nuova capacità. Questa tendenza giova non solo alle utility, ma anche alle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici, che necessitano di elettricità proveniente da fonti rinnovabili. Molti governi di tutto il mondo hanno introdotto incentivi alla produzione legati all’energia pulita; tra questi, il piano industriale del Green Deal promosso dall’Unione europea e il programma “Powering Up Britain” del Regno Unito. Un piano simile è stato annunciato anche dal Canada.
Pertanto, nonostante il calo dei corsi azionari, crediamo che le utility rimangano interessanti grazie a questi incentivi e alla persistente solidità dei fondamentali. Per quanto concerne gli asset “user-pays”, con l’introduzione del 5G si è registrato un aumento della spesa per investimenti in torri di telefonia mobile, anche a fronte della domanda sostenuta di questi servizi. Si prevede che tra il 2021 e il 2025 saranno spesi 80 miliardi di dollari di nuovi capitali per l’espansione della capacità, con un uso quadruplicato dei dati nello stesso periodo. Ciò comporterebbe un beneficio diretto per le torri di comunicazione, uno dei principali segmenti infrastrutturali su cui ci concentriamo.
Opportunità interessanti nel Regno Unito e in altri Paesi
L’anno scorso le utility britanniche hanno subito una flessione a causa di gravi perdite di liquami, ma hanno ripreso quota alla fine del 2022 e nel corso di quest’anno. Secondo la nostra analisi, le aziende idriche britanniche presentano valutazioni appetibili e offrono buone opportunità di rendimento futuro. Inoltre, nonostante il clamore che ha interessato il settore, le future esigenze di spesa in conto capitale non sono mutate. A nostro avviso, per riparare i sistemi idrici del Regno Unito servono ingenti investimenti privati, non solo fondi pubblici.
Abbiamo individuato opportunità anche in altri paesi, come il Giappone, dove le compagnie ferroviarie stanno beneficiando di una ripresa post-COVID ritardata. In Europa e negli Stati Uniti, le utility che si sono ristrutturate fanno registrare buone performance. Vediamo con favore gli operatori dell’energia e delle strade a pedaggio del Brasile, che vanta un quadro normativo tra i migliori al mondo. Infine, l’abbandono del carbone in Cina dovrebbe favorire la ripresa delle aziende del gas.
Stabilità dei dividendi e copertura dall’inflazione
La maggior parte delle società infrastrutturali quotate può trasferire l’inflazione direttamente o indirettamente sui consumatori finali. Ciò non significa necessariamente che i dividendi seguiranno l’andamento dell’inflazione, perché queste società di solito hanno una politica di distribuzioni stabili. Nei periodi di inflazione più elevata trattengono una parte della liquidità per versarla agli azionisti nei periodi di inflazione più bassa. Le imprese con la migliore copertura dei dividendi a livello globale sono generalmente le più solide. Queste aziende hanno anche fornito una protezione dall’aumento dell’inflazione, che a nostro avviso ha raggiunto il picco e dovrebbe diminuire in futuro. Il calo dell’inflazione gioverà anche alle utility regolamentate, che sentiranno meno l’urgenza di alzare i prezzi.
Conclusioni
Alla luce dell’attuale contesto, vediamo con favore un posizionamento difensivo nelle utility, le cui valutazioni ci sembrano appetibili e che sono meno sensibili all’andamento del PIL.
Inoltre, la nostra analisi ha individuato alcuni driver di lungo periodo, quali la decarbonizzazione, il reshoring e la diffusione del 5G, che dovrebbero offrire opportunità interessanti nel settore delle infrastrutture quotate.