“Per mantenere la traiettoria di crescita, la Cina dovrà o ricorrere ad ampie riforme strutturali o continuare a dipendere dal suo attuale modello di surplus di esportazioni. Il primo caso richiede ampie riforme istituzionali, mentre il secondo potrebbe appesantire le tensioni geopolitiche. In ogni caso, il percorso che la Cina sceglierà per la sua crescita futura avrà profonde implicazioni per gli investitori e le relazioni internazionali”. A farlo notare è Elliot Hentov, Head of Macro Policy Research di State Street Global Advisors, che di seguito spiega nei particolari la view.
Anche se esprimiamo fiducia in una continua e costante espansione economica della Cina nei prossimi trimestri, poiché un mix di stimoli politici e modifiche normative specifiche per il settore immobiliare hanno contribuito a stabilizzare la crescita del Paese, questa fiducia a breve termine è attenuata dalla consapevolezza che il modello di crescita cinese che ha alimentato l’ascesa del Paese negli ultimi 40 anni appare sempre più impraticabile. A meno che il governo non intraprenda riforme strutturali di ampio respiro, il potenziale di crescita della Cina continuerà presumibilmente a diminuire, attestandosi probabilmente ben al di sotto del 4% annuo.
Il modello di crescita della Cina: uguale ma differente
Per molti versi, la Cina ha seguito un modello esistente di trasformazione economica che rispecchiava il successo di altri Paesi dell’Asia orientale, in particolare Giappone, Corea e Taiwan. Questo modello richiedeva un quadro politico che cercava di sfruttare una vasta offerta di manodopera a basso costo creando una destinazione attraente per il settore manifatturiero. Lo Stato cinese aveva la responsabilità di contribuire a finanziare le infrastrutture che sostenevano la competitività manifatturiera del Paese. Le opportunità di impiego, concentrate nelle grandi aree urbane con buoni collegamenti di trasporto, hanno attirato manodopera di massa dalle campagne e hanno favorito una rapida urbanizzazione.
Insieme a un tasso di cambio regolato e a una politica di controllo del conto capitale, i risparmi sono stati indirizzati in modo sproporzionato verso il settore immobiliare nazionale, mentre il potere d’acquisto delle famiglie è cresciuto più lentamente rispetto alla crescita nominale. Ciò ha avuto l’effetto di amplificare le attività legate al settore immobiliare quale principale motore economico, oltre alle esportazioni manifatturiere e agli investimenti infrastrutturali (progettati per facilitare le prime).
Il percorso di crescita che la Cina ha seguito è molto simile all’esperienza di altri Paesi dell’Asia orientale. La differenza è che la Cina ha seguito questo percorso più a lungo dei paesi vicini, generando così squilibri interni più ampi per più tempo. Ciò ha significato anche che i livelli finali di espansione del credito sono stati più elevati rispetto ai suoi omologhi.
Le riforme strutturali sono fondamentali per mantenere la traiettoria di crescita della Cina
Due sono le domande che emergono dallo scenario sopra descritto. In primo luogo, perché la Cina non ha seguito il percorso dei suoi pari? In secondo luogo, quali sono le conseguenze della sua posizione attuale per la sua futura traiettoria economica? Le risposte a entrambe le domande sono interconnesse. In Giappone, i bilanci delle imprese e delle banche hanno dovuto riconoscere le perdite sui crediti e il principale partner commerciale del Paese, gli Stati Uniti, ha contribuito a forzare l’apprezzamento della valuta. L’insieme di questi fattori ha determinato un rapido arresto della crescita del credito e ha ridotto la quota degli investimenti nella crescita economica del Giappone. Nessun altro motore di crescita lo ha sostituito e per diversi decenni si è assistito a una bassa crescita e alla deflazione, una trasformazione popolarmente nota come “giapponesizzazione”.
La peculiare governance interna e le relazioni internazionali della Cina hanno finora impedito un simile risultato, ma la sfida rimane la stessa. Un eccesso di investimenti infrastrutturali ha creato una sovraccapacità industriale con poco spazio per gli investimenti che aumentano la produttività. Ancor peggio, il settore immobiliare è ampiamente saturo e i tassi di urbanizzazione si stanno avvicinando alle norme dell’Asia orientale. Ciò implica che gli investimenti immobiliari ed edilizi rimarranno limitati e gli investimenti inevitabilmente caleranno.
Ciò significa che per mantenere la traiettoria di crescita della Cina è necessario aumentare i consumi e/o le esportazioni nette. Consentire un aumento dei consumi è possibile, ma richiede riforme strutturali sostanziali, incentrate sull’incentivazione del risparmio delle famiglie attraverso l’espansione dei servizi pubblici. Le grandi riforme strutturali includono la creazione di un sistema pensionistico più generoso, un’offerta più ampia di servizi sanitari pubblici di qualità ragionevole, una riprogettazione delle finanze pubbliche (in particolare il finanziamento del governo centrale rispetto a quello locale) e una maggiore flessibilità del sistema di registrazione dei residenti (hukou).
Tutti questi interventi richiedono una revisione dell’assetto istituzionale cinese che trasformerebbe l’economia politica del Paese, creando nuove circoscrizioni di vincitori e vinti.
La dipendenza dal surplus di esportazioni comporta un costo
In assenza di queste riforme, il Paese dovrà continuare a fare affidamento su ampi surplus di esportazioni. Tuttavia, le attuali dimensioni della Cina dovrebbero far sì che le implicazioni esterne di questa dipendenza da surplus di esportazioni siano profondamente diverse da quelle di altre regioni dell’Asia orientale. Ad esempio, Taiwan ha generato i maggiori avanzi delle partite correnti in percentuale del PIL per un periodo più lungo rispetto agli altri paesi, ma il suo mix di esportazioni (non in diretta concorrenza con le industrie autoctone delle economie sviluppate) e l’entità relativa del suo surplus di esportazioni fanno sì che l’onere economico sul resto del mondo sia stato leggero.
D’altra parte, la dimensione geopolitica della Cina è completamente diversa. La pressione aggiuntiva del Paese non è solo quella di abbandonare gli investimenti, ma di farlo in un contesto in cui l’ampio surplus delle partite correnti esacerba le tensioni geopolitiche. Ciò rende più urgente la necessità di riforme strutturali.
Implicazioni per gli investimenti
L’attuale traiettoria di crescita della Cina avrà profonde implicazioni per i rendimenti obbligazionari, le valute e i mercati azionari. Se la crescita tendenziale e l’inflazione della Cina dovessero continuare a diminuire, è probabile che i rendimenti obbligazionari continuino a scendere. Allo stesso modo, è probabile che lo yuan rimanga debole a causa dei differenziali di rendimento e della ricerca di rendimenti per investimenti diversi da quelli immobiliari nazionali. Per quanto riguarda i titoli azionari cinesi, dovrebbero registrare una performance mista, mentre i titoli vincenti potrebbero emergere dalle società industriali e di tecnologia energetica sostenute dalle politiche.