Asset allocation, mercati emergenti: le aree più promettenti del 2024

Negli anni 2000 i mercati emergenti, guidati dalla Cina, sono cresciuti in maniera sorprendente, in un decennio all’insegna di globalizzazione, urbanizzazione, “super ciclo” delle materie prime e crescita della classe media; l’industria manifatturiera, le materie prime e i consumi ne hanno beneficiato in modo importante. I dieci anni successivi, invece, sono stati deludenti. Il persistente apprezzamento del dollaro USA ha inciso sulle condizioni finanziarie e la crescita nominale dei Paesi emergenti. Nei Paesi avanzati la perdita di posti di lavoro nel settore manifatturiero ha fatto aumentare la pressione populista e questo ha influito sulla globalizzazione. In Cina, immobiliare, infrastrutture e debito hanno assunto caratteristiche sempre più simili a quelle dei Paesi avanzati e, più di recente, si sono intensificate le tensioni geopolitiche, con implicazioni economiche e di mercato.

Dove si collocano ora i mercati emergenti? In che modo le 3D di decarbonizzazione, deglobalizzazione e demografia generano rischi e opportunità? Tom Wilson, Head of Emerging Market Equities di Schroders prova di seguito a dare delle risposte a queste domande.

La Cina non è da depennare

Nei prossimi dieci anni la Cina avrà una crescita più lenta. I livelli di debito sono elevati e le tendenze demografiche costituiscono sempre più un freno. Il Paese sta inoltre affrontando la “trappola del reddito medio”: l’aumento dei costi salariali ha reso la Cina meno competitiva nella produzione di fascia bassa e il Paese deve risalire lungo la catena del valore. Alle difficoltà dell’economia si aggiungono poi le tensioni geopolitiche con gli Stati Uniti.

La Cina è comunque un’economia da 18.000 miliardi di dollari, con un mercato interno molto ampio e dimensioni adeguate a sostenere la propria politica industriale. Il Paese è altamente integrato nell’economia globale e resta molto competitivo, per cui la diversificazione delle catene di approvvigionamento richiederà anni. La Cina è innovativa ed è potenzialmente tra i principali beneficiari della decarbonizzazione: produce l’80% dei pannelli solari del mondo, nel 2022 ha venduto i due terzi dei veicoli elettrici globali, controlla il 75% della capacità produttiva mondiale di celle per batterie e domina gran parte della filiera delle energie rinnovabili. Ha un tasso di risparmio alto e un conto capitale controllato, pertanto la sua crescita non dipende dai capitali esteri; insieme al controllo del sistema finanziario, questo conferisce alla Cina una notevole flessibilità in termini di politiche. Infine, in un mercato così ampio e profondo, ci saranno sempre opportunità a livello societario.

La demografia tra i motori dell’inesorabile ascesa dell’India

L’India fa da contrappunto alla Cina. Superata dalla Cina per 40 anni, il Paese è ora in ascesa e sembra sia ora giunto il suo turno.

L’urbanizzazione è bassa e rappresenta un’opportunità importante nel medio periodo, gli investimenti infrastrutturali danno rendimenti alti, i dati demografici sono favorevoli e la manodopera è abbondante e a buon mercato. Le politiche hanno migliorato le prospettive di crescita. La digitalizzazione e la penetrazione degli smartphone creano l’opportunità di far progredire la formalizzazione dell’economia, l’intermediazione finanziaria, l’istruzione e la scoperta dei prezzi.

Sono tuttavia diversi i caveat dato il persistere di problemi legati a infrastrutture, burocrazia, protezionismo, competenze della manodopera e codice del lavoro. Inoltre, nonostante le sue dimensioni, l’India non è necessariamente la prima scelta per investimenti esteri diretti nel settore manifatturiero. Le prospettive dell’India per i prossimi dieci anni sembrano ad ogni modo promettenti.

I beneficiari di decarbonizzazione e deglobalizzazione

Corea e Taiwan sono mercati esposti al commercio e alla tecnologia in particolare. Abbiamo una view strutturale positiva sulla tecnologia, perché il mondo è sempre più digitalizzato. A ottobre 2023, la tecnologia rappresenta il 70% del benchmark di Taiwan e il 50% di quello coreano. La Corea ha anche importanti produttori di batterie con prospettive di crescita nel lungo periodo che la decarbonizzazione rende eccellenti.

La diversificazione delle catene di approvvigionamento va a beneficio di diversi Paesi emergenti. L’India non è ancora una destinazione di prima scelta per gli investimenti esteri diretti nel manifatturiero, mentre le prospettive di Messico, Europa centrale e Paesi dell’ASEAN sono sostenute da un mix di infrastrutture, manodopera qualificata e prossimità geografica.

Nei Paesi emergenti l’impatto delle materie prime si è notevolmente ridotto, ma il fabbisogno di investimenti della transizione energetica sosterrà fortemente certe materie prime a vantaggio di alcuni mercati, soprattutto in America Latina.

Infine, anche il Medio Oriente dovrà affrontare le sfide della transizione energetica, data la sua dipendenza economica dalla produzione di petrolio, e il forte focus dei governi della regione sulla diversificazione dell’economia, con sostegni fiscali e importanti riforme in Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, genererà opportunità interessanti.

Opportunità cicliche: Cina, Brasile e la tecnologia

Nei mercati emergenti abbondano quindi le opportunità strutturali. Ma in questo universo gli investimenti sono tanto ciclici quanto strutturali: questo è uno dei motivi per cui riteniamo sia importante una gestione attiva agnostica dal punto di vista dello stile. L’India rappresenta un’interessante opportunità, ma le valutazioni sono molto alte e vediamo opportunità migliori altrove, come in Cina. Al momento il sentiment è molto negativo e ciò si riflette in valutazioni a buon mercato. Le politiche del governo hanno la flessibilità necessaria a sostenere la crescita ed è evidente la spinta alla stabilizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Sebbene il mercato non sia privo di rischi, riteniamo che in questo momento vi sia un pessimismo eccessivo.

Vediamo anche opportunità nel ciclo commerciale, in particolare nel settore tecnologico, in cui siamo in consistente sovrappeso. Anche i cicli monetari possono offrire delle opportunità. Dopo gli aggressivi rialzi dei tassi e la disinflazione, in alcuni Paesi emergenti c’è ora spazio per un significativo allentamento monetario. In Brasile, per esempio, i tassi sono attualmente al 12,25% e nel 2024 l’inflazione si prospetta inferiore al 4%; si prevede che la banca centrale continuerà con i tagli dei tassi, a beneficio di un mercato caratterizzato da azioni molto convenienti e un’alta curva dei rendimenti.

La quarta D: il dollaro USA

Infine, non si può parlare di mercati emergenti globali senza menzionare il dollaro USA. Dieci anni di apprezzamento del biglietto verde hanno messo in difficoltà i mercati emergenti, situazione che permarrà nel breve periodo.

Il dollaro attualmente ha buone valutazioni, proprio mentre gli Stati Uniti registrano un significativo deficit di bilancio e delle partite correnti. Un rallentamento dell’economia che inneschi un allentamento monetario e un’attenuazione della curva dei rendimenti potrebbe far deprezzare il dollaro, migliorando le condizioni finanziarie dei Paesi emergenti; unito a valutazioni ampiamente interessanti, questo sarebbe di grande sostegno per i rendimenti azionari dei mercati emergenti.

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