Investimenti: ecco coa emerge dall’outlook di Plenisfer Sgr per i mesi a venire

“Il trend secolare di discesa dei tassi di interesse, durato 40 anni, si è invertito e siamo entrati in un nuovo regime macroeconomico e geopolitico. Questa è la nostra tesi di fondo, da tre anni a questa parte, e restiamo convinti che il nuovo regime porti con sé significativi cambiamenti anche nell’approccio agli investimenti”. Parola di i Giordano Lombardo, ad di Plenisfer Investments SGR, che di seguito illustra l’outlook per l’anno in corso.

In primo luogo, ci aspettiamo un super-ciclo di investimenti in attività reali (infrastrutture, transizioni energetiche e digitali), sostenuto in gran parte dalla domanda pubblica, sia in Occidente che in Asia.

A livello macro, nel nuovo regime ci attendiamo una maggiore influenza delle politiche fiscali sull’attività economica, dopo quindici anni in cui la politica monetaria ultra-espansiva è stata l’”unico giocatore in campo”. Ci aspettiamo, inoltre, un livello medio di periodo dell’inflazione superiore a quello prevalente nella fase precedente. E quindi, tassi di interesse “higher for longer”, che però non significa “alti” in assoluto; oggi il livello dei tassi non è particolarmente elevato se si guarda ai livelli toccati negli ultimi 50 anni.

Il nuovo ordine geopolitico “multipolare” spingerà l’ulteriore riorganizzazione delle attività e delle relazioni economiche su base regionale e meno globale.

Crediamo nella centralità dei settori delle materie prime e dell’energia, che ci aspettiamo rappresenteranno un’opportunità, dopo i forti sotto-investimenti negli ultimi dieci/quindici anni. Un esempio è l’uranio: riteniamo che il “bull market” esploso nel 2023 sia destinato a durare a lungo. Dopo anni di mercato in surplus, le scorte si sono esaurite, il mercato è entrato in deficit e le utilities sono state forzate ad entrare nel mercato spot per acquistare il materiale. La nostra visione sull’uranio si combina con le opportunità connesse alla transizione energetica: pensiamo, infatti, che il nucleare sia la soluzione più efficiente e “pulita” per conseguirla.

Focus sul 2024: tassi USA, attenzione agli effetti ritardati

L’economia USA è stata la sorpresa positiva del 2023: è rimasta forte grazie ai nuovi stimoli fiscali che si sono sommati a quelli post-Covid, portando il budget deficit all’8% del GDP, un numero molto elevato se si pensa che la disoccupazione è ancora molto bassa.

Il consenso per il 2024 è che l’economia americana possa sperimentare una specie di scenario ideale: un rallentamento economico sufficiente a riportare l’inflazione al target della banca centrale, ma non così marcato da creare problemi in chiave occupazionale. Anche grazie al limitato accumulo delle scorte negli anni recenti. Questo consentirebbe alla Fed di tagliare i tassi di interesse di oltre 140 punti base.

L’ottimismo prevale anche sul mercato dei bond. La curva dei Treasuries è rimasta invertita per tutto lo scorso anno, grazie alla discesa dell’inflazione e alle attese di riduzione dei tassi. Ha poi cominciato un progressivo processo di steepening, di cui i nostri portafogli hanno beneficiato, ma rimane piuttosto “piatta”.

Non condividiamo il consenso: pensiamo che gli effetti ritardati della stretta monetaria del 2022/23 non si siano ancora scaricati appieno nel sistema economico. Un sistema economico che, negli ultimi anni, ha visto un forte aumento del debito, sia privato che pubblico, che dovrà essere rifinanziato a condizioni molto più onerose che in passato.

Nel caso di un “credit event”, o anche di una recessione più pronunciata di quella prevista dal consenso, la ì Fed non si limiterà a tagliare i tassi, ma tornerà a iniettare liquidità nel sistema (interruzione del Quantitative Tightening) con una conseguente ripresa dell’inflazione. Una posizione in titoli energetici e commodities serve anche come hedge di questo scenario.

I mal di testa da troppa concentrazione

Oggi le valutazioni dei mercati azionari sono elevate negli Stati Uniti, più in linea con le medie storiche in Europa e nei mercati emergenti. Gli spread delle obbligazioni corporate sono storicamente bassi.

Ma bisogna guardare anche ai fattori tecnici, quella che in Plenisfer chiamiamo l’idraulica di mercato. Il mercato azionario globale registra una concentrazione che non ha riscontri nel passato, ed è molto pericolosa.

L’80% dell’investimento in equity nel mondo è a benchmark. Questo significa che quasi 2/3 dei flussi si dirige sul mercato USA e, di questi, il 30% sui “magnifici 7” (titoli della tecnologia USA). E proprio i “magnifici 7” nel 2023 hanno fornito la quasi totalità della crescita dell’indice S&P500: ma questa concentrazione, così come ha determinato gran parte della performance dell’indice nella fase di rialzo, può avere lo stesso effetto in quella di ribasso.

Guardando al 2024, quindi, che fare?

In Plenisfer, continueremo a puntare su alcuni titoli industriali europei, su small cap selezionate e su “beneficiari indiretti” del trend dell’intelligenza artificiale.

Si conferma il focus su titoli energetici e produttori di commodities in giurisdizioni “sicure”. Il bull market dell’uranio è destinato a durare, come già detto.

Il 2023 è stato anche l’anno dell’oro, su cui restiamo positivi, sia in termini di ulteriore potenziale di apprezzamento, sia per la sua capacità di assolvere alla funzione di stabilizzatore del portafoglio.

Guardando alle valute, riteniamo che il dollaro sia entrato in una fase di debolezza strutturale, a seguito del calo della domanda internazionale di dollari per finanziare l’acquisto delle materie prime, mentre ciclicamente potrebbe risentire del previsto calo dei tassi di interesse USA.

Guardando ad oriente, ci aspettiamo un rafforzamento dello Yen. In controtendenza con altre Banche centrali (Fed, BCE), la Banca del Giappone dovrebbe, infatti, finalmente abbandonare la politica di “controllo della curva dei tassi” per adottare una politica monetaria restrittiva.

Sul fronte azionario e obbligazionario, continuiamo la ricerca di valore nei settori finanziario energetico e industriale, pur in un contesto di spread storicamente piuttosto compressi.

Infine, la Cina: l’andamento dell’economia cinese è stata la delusione del 2023. L’attesa ripresa dei consumi interni dopo la riapertura post covid, non si è verificata.

Quello che era già chiaro: che la Cina deve riprendersi dall’indigestione causata dall’enorme boom passato nel settore immobiliare, e non potrà più rappresentare la locomotiva dell’economia mondiale per diversi anni.

Quello che è risultato più chiaro negli ultimi due anni: l’obiettivo di una crescita economica elevata non è più nell’agenda dei leader cinesi. Il 3% o 4% è più che sufficiente (che equivale probabilmente a un 1% o 2% effettivo).

La Cina ha un numero enorme di case vuote in eccesso, oltre 100 milioni di unità, e non può risolvere il problema ricorrendo alla demografia: ha una popolazione che cresce poco e una grossa fetta della popolazione giovanile disoccupata.  Quindi, deve gradualmente ristrutturare il settore immobiliare, ricapitalizzare i governi locali e il settore bancario e alla fine sarà costretta a monetizzare il debito.

Inoltre, sta cercando di ristrutturare la propria economia un passo alla volta, con “politiche dell’offerta” (politiche industriali, incentivi alla produzione di auto elettriche, semiconduttori, software legato all’Artificial Intelligence), ma non con “stimoli alla domanda”.

Ovviamente questo non preclude la possibilità di una ripresa ciclica nel 2024, che anzi è piuttosto probabile. Ma dal punto di vista strutturale, la crescita sarà inferiore al passato.

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