Asset allocation, oro: il ruolo nei portafogli di ieri e di oggi

Simon Jäger, Ggstore di portafoglio di Flossbach von Storch

L’oro è la moneta di ultima istanza, che mantiene (o addirittura aumenta) il suo valore quando il sistema finanziario non funziona. Da circa 20 anni questo metallo prezioso rappresenta una componente importante della nostra strategia di investimento: un investimento a lungo termine che ha la funzione di assicurare il portafoglio contro eventuali crisi di un sistema finanziario fragile. Alla fine del 2003, quando considerammo per la prima volta di includere l’oro nei portafogli misti, il prezzo dell’oro si aggirava intorno ai 347 dollari per oncia e l’80% della domanda di oro proveniva dall’industria della gioielleria, mentre oggi si attesta solo al 50% abbondante.

In quel momento vedevamo nell’oro il potenziale vincitore della globalizzazione, puntando a una posizione in oro pari a circa il 5% del patrimonio nei portafogli multi-asset dei nostri clienti privati. Dal 2003 alla metà del 2006, il prezzo dell’oro, espresso in dollari, è cresciuto praticamente ininterrottamente, per crollare poi del 20% nel 2008 sulla scia dell’incombente grande crisi finanziaria. E mentre ci si interrogava sull’opportunità di vendere l’oro, noi incrementavamo le nostre posizioni.

In questa fase iniziammo a porre maggiore attenzione sull’idea di investire in oro nell’ottica della sicurezza. Dal 2007 in poi, la crescita dell’oro come investimento ha più che compensato il calo della domanda di gioielli. Inizialmente è aumentata la vendita di lingotti e monete, seguita da un incremento della domanda del metallo prezioso favorito dai prodotti indicizzati negoziati in borsa (ETC) autorizzati a partire dal 2003.

Alla fine del 2007, il prezzo dell’oro aveva raggiunto il massimo da 27 anni, superando di poco gli 800 dollari. Il 13 marzo 2008 ha superato per la prima volta la soglia dei 1.000 dollari USA. Prima di quella data alcuni titoli finanziari avevano subito forti pressioni. Pochi mesi dopo, i mercati hanno subito un’improvvisa inversione, simile a quella degli anni Trenta.

Alla fine della grande crisi finanziaria, nel dicembre 2009, il prezzo dell’oro si attestava a 1.226 dollari USA. Il prezzo era salito per otto anni consecutivi, durante i quali non erano mancate alcune brusche correzioni.

Finita la grande crisi finanziaria, si è aperta la crisi del debito nell’eurozona. Per salvare paesi in difficoltà la BCE ha acquistato titoli di Stato nazionali, aprendo la strada a una solidarietà transnazionale sul debito: l’euro rischiava di andare in frantumi. Per contro, il prezzo dell’oro ha continuato a salire vertiginosamente, fino a toccare un nuovo massimo di 1.900 dollari nel 2011. Durante la grande crisi finanziaria, la domanda dell’industria della gioielleria è diminuita, mentre le scorte di oro da investimento sono aumentate. Inoltre, diminuivano le banche centrali occidentali disposte a vendere le proprie riserve. A partire dal 2009 le banche centrali di mercati in crescita come Cina, Russia e India hanno iniziato ad accumulare posizioni in oro, facendo passare le banche centrali da venditori netti ad acquirenti netti sul mercato dell’oro.

Dopo la crisi finanziaria del 2008 e l’esplosione del debito sovrano, abbiamo intravisto un’altra ragione per includere l’oro in un portafoglio sensibilmente diversificato: la protezione contro una possibile crisi dell’attuale sistema monetario e finanziario. L’oro è quindi la vera moneta di ultima istanza poiché offre protezione contro l’alta inflazione, ma garantisce anche i portafogli in fasi di deflazione pronunciata, ovvero in fasi che porterebbero all’insolvenza i Paesi altamente indebitati. Tuttavia, nonostante gli enormi debiti e la continua espansione dei bilanci delle banche centrali, (per il momento) non c’era ancora traccia di inflazione. Questo ha causato un ribasso del prezzo dell’oro, che ha ristagnato per molti anni. Alla luce del rialzo delle quotazioni delle obbligazioni e delle azioni, più volte è stata messa in discussione l’opportunità di investire in oro.

La situazione era fragile, per via della politica quasi disperata delle banche centrali e del rischio connesso di una perdita di fiducia nel sistema monetario e finanziario. L’oro rappresentava un paracadute in caso di atterraggio di emergenza da parte della BCE, della BoJ e della Fed statunitense,  una polizza assicurativa per la quale si paga ogni anno un premio, sperando di non averne mai bisogno.

E il successo? In quanto moneta di ultima istanza, altamente liquida e riconosciuta a livello mondiale, non riproducibile a volontà, l’oro rappresenta una riserva di valore superiore alla moneta scritturale. Lo dimostra l’andamento del valore dell’oro, vale a dire di un dollaro o di un euro, e la quantità di oro che si riceve in ciascun caso. Nel 1999 era di 0,12 grammi per gli investitori in euro e di poco meno di 0,11 grammi per quelli in dollari; oggi è di poco meno di 0,02 grammi per entrambe le valute. Eravamo quindi al sicuro anche in momenti di tassi di interesse bassi: sul lungo periodo permette di conservare il valore reale del capitale. Nulla di più, ma anche nulla di meno.

Sebbene all’inizio della pandemia di coronavirus il prezzo dell’oro abbia inizialmente toccato un nuovo massimo, ha poi subito una correzione a due cifre. Avevamo osservato questo fenomeno già in occasione della grande crisi finanziaria. Nei momenti di crisi, alcuni operatori di mercato hanno scarsità di liquidità e spesso riducono le loro scorte di oro per far fronte agli obblighi di pagamento.

È possibile che soprattutto le conseguenze previste della crisi del coronavirus abbiano spinto al rialzo la quotazione, in particolare la grande quantità di liquidità immessa dalle banche centrali, che ha riportato a galla la questione dell’inflazione. Quando nell’estate del 2022 l’inflazione ha raggiunto cifre a due zeri negli Stati Uniti, abbiamo aumentato nuovamente la quota di oro, che per anni si era aggirata intorno al 10%.

Di recente la fiducia nella moneta legale è andata in sofferenza, arrivando persino a mettere in discussione il dollaro USA come valuta di riserva mondiale e le banche centrali hanno aumentato la propria domanda di oro come alternativa. Anche per noi l’oro rimane una sorta di copertura, in ultima analisi sull’inflazione. Dopo tutto, è l’inflazione a guidare il prezzo dell’oro da circa 5.000 anni.

Se, dopo aver raggiunto l’obiettivo di inflazione, le banche centrali dovessero comunque mantenere a lungo gli interessi nettamente al di sopra dell’inflazione, o delle aspettative di inflazione, l’oro verrebbe riportato al suo ruolo di gioiello prezioso. Poiché tuttavia sta emergendo che il margine d’azione delle banche centrali è limitato e che la lotta all’inflazione è estremamente difficile, il tasso reale dovrebbe salire comunque nettamente sopra lo zero, almeno temporaneamente. La conseguente perdita di fiducia nel valore intrinseco dell’oro, e in un sistema monetario di credito che viene mantenuto in vita solo con misure di salvataggio continue, renderebbe l’oro una riserva di valore molto migliore dei risparmi o dei titoli di Stato anche nei prossimi anni.

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