Da FOMO (Fear Of Missing Out) a FIFOMO (Fixed Income Fear Of Missing Out), ovvero il pericolo di lasciarsi scappare delle opportunità nell’universo obbligazionario, il passo è breve: il miglioramento del quadro macro, compresi i segnali più nitidi provenienti dalle banche centrali e il quadro valutativo favorevole, secondo Benoit Anne, Managing Director Investment Solutions Group di Mfs IM potrebbero essere un’opportunità interessante per aumentare l’allocazione nei bond.
All’orizzonte uno scenario macro Goldilocks
Giunti a questo punto, il rischio di recessione negli Stati Uniti sembra essere diminuito, e ciò grazie alla resilienza dei consumatori statunitensi e alla solidità dei fondamentali del settore societario. L’economia statunitense è in fase di rallentamento, ma l’entità dello shock sulla crescita non sembra tale da giustificare un allarme recessione. Il nostro Business Cycle Indicator, pur segnalando alcuni rischi di rallentamento, non indica una recessione imminente.
Sul fronte dell’inflazione, sono stati compiuti alcuni progressi ed appare ora ragionevole ipotizzare che il PCE core, la misura dell’inflazione più importante per la Federal Reserve statunitense, rallenterà a circa il 2% l’anno prossimo. Cosa ancora più importante, la Fed sta segnalando che il ciclo di inasprimento è terminato. Ciò significa che siamo finalmente pronti ad uscire dal temuto regime macro di “paura della Fed”, preparando il terreno a un contesto molto più favorevole per le obbligazioni.
Il quadro valutativo dell’universo obbligazionario resta vantaggioso
A nostro avviso le valutazioni obbligazionarie sono relativamente appetibili per gli investitori con un orizzonte temporale di lungo periodo. Ciò vale soprattutto per i rendimenti totali, che sono interessanti rispetto alle medie storiche anche dopo il recente apprezzamento. Guardando al percentile dei rendimenti correnti totali degli ultimi dieci anni, la maggior parte delle asset class si colloca in cima all’80° o 90° percentile.
È vero che gli spread creditizi in alcuni settori appaiono elevati, ma la valutazione del rendimento totale, che comprende sia la componente dei tassi che quella degli spread creditizi, è importante in quanto è stata uno dei fattori chiave dei rendimenti totali attesi. Inoltre, la dispersione delle valutazioni degli spread offre ai gestori attivi valide opportunità per individuare strategie di valore relativo.
I punti d’ingresso contano eccome nel mercato obbligazionario
Dato il livello interessante dei rendimenti correnti, le prospettive per i rendimenti attesi sono notevolmente migliorate. Questo perché esiste una solida relazione storica tra rendimenti iniziali come quelli odierni e la forza delle performance successive. Ad esempio, con un rendimento iniziale del 5,16% per i titoli investment grade statunitensi, il rendimento mediano per i cinque anni successivi – utilizzando un intervallo di 30 punti base intorno al rendimento iniziale – si attesta al 5,97%, con rendimenti compresi nell’intervallo 3,36-7,17% (Figura 3). Inoltre, le prospettive per i rendimenti obbligazionari attesi hanno beneficiato delle indicazioni fornite di recente dalle principali banche centrali circa i futuri tagli dei tassi. Analizzando la mappa termica del settore investment grade statunitense, è chiaro che la probabilità di rendimenti ipotetici più alti è aumentata, soprattutto data l’elevata possibilità di riduzioni dei tassi all’orizzonte desumibile dai recenti segnali forniti dalla Fed. Segnatamente, in base a un rendimento iniziale del 5,16% e ipotizzando spread invariati nell’anno successivo a fronte di un calo dei tassi di 60 pb, è possibile realizzare un rendimento del 9,43% in un anno (Figura 4). Nello specifico, i rendimenti attesi ipotetici a un anno sono dati semplicemente dal rendimento iniziale meno l’andamento combinato di tassi e spread moltiplicato per la duration dell’indice. Ad esempio, con un rendimento iniziale del 6% e una duration dell’indice di 7, se il movimento combinato di spread e tassi è un calo di 50 pb (cioè 0,50%) nel corso dell’anno successivo, il rendimento atteso a un anno sarà stimato al 9,5%.
Potrebbe essere giunto il momento di abbandonare la liquidità e tornare alle obbligazioni
Le posizioni liquide restano cospicue vista la riluttanza degli investitori ad assumersi rischi, soprattutto dopo due anni difficili per i mercati globali. Ci troviamo tuttavia ad un punto di svolta importante. Di norma, poco dopo il raggiungimento del picco dei tassi ufficiali delle banche centrali la liquidità comincia a sottoperformare il credito. È esattamente il punto in cui ci troviamo in questo momento. In futuro, la probabilità che la liquidità surclassi il credito è destinata a diminuire, soprattutto alla luce dei tagli dei tassi all’orizzonte.
Un’ampia gamma di opportunità trai bond
Nell’obbligazionario ce n’è per tutti i gusti, a seconda della propensione al rischio, delle esigenze d’investimento e di altri obiettivi di ciascun investitore. Le obbligazioni comportano ovviamente sia il rischio di duration che il rischio di credito. La combinazione di questi due elementi ci offre una mappa altamente diversificata di sottoclassi obbligazionarie (Figura 6). Al momento siamo ottimisti sia sulla duration che sul credito e privilegiamo quindi la parte più rischiosa dello spettro obbligazionario, in particolare il debito dei mercati emergenti e l’high yield europeo. Questo in virtù delle prospettive macro più favorevoli e dei livelli d’ingresso interessanti.
Nel complesso, riteniamo che le obbligazioni siano tornate ad essere un’asset class interessante, soprattutto perché i rischi di recessione sono diminuiti e il contesto valutativo è vantaggioso in termini storici.