Asset allocation, Cina: la view di Decalia

Inizia con la “C”, è in difficoltà ed è in fondo alla classifica delle performance…  Mi riferisco, ovviamente, alla Cina. Mentre miliardi di persone in Cina e nel mondo celebrano l’inizio di un nuovo anno lunare, c’è ancora poco da festeggiare riguardo alle prospettive economiche e finanziarie cinesi nel breve termine, dato che gli spiriti animali sono stati schiacciati. L’imminente Anno del Dragone potrebbe portare un po’di  sollievo a breve termine, ma è improbabile che segnerà la fine delle sfide strutturali in corso e del declino del potenziale di crescita della Cina.

Parlando di economie in difficoltà, la Cina non è la sola: sia ​​la Germania che il Regno Unito hanno attraversato una recessione tecnica nella seconda metà dello scorso anno (2 trimestri consecutivi di crescita negativa). Anche se conoscete la mia sfiducia strutturale nei confronti dell’economia britannica (un’economia sommersa), forse non è una coincidenza che due campioni mondiali dell’industria manifatturiera e delle esportazioni si trovino attualmente ad affrontare alcuni importanti ostacoli strutturali. Al contrario, la sovraperformance dell’economia statunitense nella seconda metà del 2023 aggiunge un’altra pietra all’eccezionalismo americano.

Torniamo al nostro “piccolo” Drago cinese che starnutisce… Quest’anno sarà il primo per la Cina, dal 2019, a non essere influenzato o distorto dal covid e dai conseguenti lockdown. Inoltre, il tasso di risparmio delle famiglie rimane elevato (il risparmio in eccesso significa liquidità a disposizione per la spesa) e l’Anno del Drago dovrebbe portare un po’ di sollievo temporaneo anche da un punto di vista demografico (è opinione diffusa che i bambini del Drago godano di buona fortuna e i matrimoni sembrano essere aumentati nel 2023, il primo aumento annuale in un decennio).

Tuttavia, ci sono ancora numerosi motivi per essere prudenti. L’economia deve ancora uscire dal circolo vizioso di un sentiment debole, di investimenti privati ​​anemici e di un generale rallentamento della crescita. Ciò dipende in larga misura dal successo del sostegno fiscale (la riluttanza di Pechino a fare le cose in grande con gli stimoli fiscali ha frustrato gli investitori, ma i politici sono preoccupati e vincolati dai crescenti livelli di debito e dall’invecchiamento della popolazione) e da alcuni… cambiamenti politici (passando da repressioni pluriennali sui settori privati ​​a incentivi credibili per ravvivare gli spiriti animali) dato che l’allentamento monetario è in gran parte inefficace di fronte alla debolezza della domanda di credito dovuta alla perdita di fiducia in un futuro migliore. In altre parole, la PBOC sta spingendo su un filo: si può condurre un cavallo fino all’acqua ma non si può costringerlo a bere.

Inoltre, permangono rischi al ribasso anche per l’edilizia (sono necessari un aggiustamento più profondo e/o un intervento più massiccio da parte del governo negli investimenti residenziali) e per le esportazioni (maggiore protezionismo commerciale e tendenza al “near shoring”). Ultimo ma non meno importante, la Cina ora flirta con la deflazione, mentre è bloccata nella trappola del reddito medio. In questo contesto, le somiglianze con il Giappone perduto da decenni diventano ancora più evidenti e preoccupanti, poiché la Cina sta invecchiando prima di diventare riccai (contrariamente al suo rivale asiatico). Di sicuro, la crescita cinese non subirà flessioni quest’anno (probabilmente si aggirerà  intorno al 4-5%) e potremmo persino osservare qualche miglioramento marginale nei prossimi mesi grazie a questi stimoli monetari non così efficaci.

Nel frattempo, il sentimento degli investitori nei confronti della Cina si è logicamente inasprito per tutte queste ragioni: Pessimismo, what else? Per non parlare del fatto che molti investitori stranieri, soprattutto negli Stati Uniti, hanno addirittura deciso che la Cina non è investibile a causa dei rischi geopolitici latenti e crescenti. Di conseguenza, il mercato azionario cinese sta diventando uno dei mercati più convenienti al mondo, scambiato a circa 10 volte gli utili del prossimo anno. È abbastanza economico? Forse no, basti ricordare la valutazione del mercato azionario russo negli anni precedenti l’invasione dell’Ucraina e di alcuni dei suoi migliori componenti, che venivano sempre scambiati con forti sconti rispetto ai mercati sviluppati. A questo punto, guardando solo alla valutazione, si potrebbe addirittura preferire un’altra economia attualmente in difficoltà… come il Regno Unito.

Naturalmente, la Cina ospita alcune aziende fantastiche (ben gestite, redditizie, con bilanci solidi e in settori all’avanguardia), verso le quali potrebbe comunque essere saggio, se non conveniente, avere un’esposizione nel breve termine. Inoltre, avrà senso mantenere un’esposizione alle azioni cinesi anche da un punto di vista puramente pragmatico di gestione del portafoglio, poiché in queste situazioni apparentemente disperate, a volte non è necessario che le cose vadano davvero meglio.

A cura di Fabrizio Quirighetti, responsabile degli investimenti di Decalia

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