Asset allocation: potenzialità e valore delle azioni europee

Il 9 maggio 1950, la “Dichiarazione” del ministro degli esteri francese Robert Schuman e la creazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio costituirono il momento fondativo delle istituzioni sovranazionali dell’Unione. Da allora l’avanzamento verso l’integrazione si è svolto attraverso le crisi, secondo la profetica frase di Jean Monnet “l’Europa si farà nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni apportate a queste crisi”.

La risposta comunitaria all’ultima crisi, quella del Covid, è stata l’acquisto centralizzato del vaccino e, soprattutto, il piano Next Generation EU, il programma di investimenti finalizzato allo stimolo della crescita, finanziato per la prima volta con l’emissione di debito comunitario.

Il vecchio ordine si è disintegrato, gli equilibri, per quanto imperfetti, che hanno segnato la storia degli ultimi settant’anni sono saltati, si è opacizzato il valore degli organismi sovranazionali e hanno ripreso vigore i rapporti bilaterali.

Il mondo non è più quello rappresentato dalle mappe di Mercatore, in mezzo ai due campioni globali che si contendono il primato politico, tecnologico e militare, per i paesi europei agire nella dimensione comunitaria è questione non più rinviabile. Per le leadership e per gli elettori che andranno alle urne a giugno, la posta in gioco è il ruolo del Vecchio Continente nel nuovo ordine globale e la dotazione di una governance adeguata.

I sussidi governativi cinesi alterano la concorrenza ma la risposta con le barriere doganali (gli Stati Uniti pensano a dazi di oltre il 100% sulle autovetture elettriche cinesi) riporta le lancette della storia al tempo del mercantilismo e del protezionismo. È stato dunque molto diverso il clima in cui si è svolta la visita in Europa del presidente cinese Xi Jinping rispetto all’ultima volta, cinque anni fa.

Nel 2019 vennero firmati accordi commerciali e l’Italia siglava la partecipazione alla Belt and Road Initiative. Oggi il presidente cinese si presenta con una crescita economica rallentata e, soprattutto, con lo stigma del sostegno all’aggressione della Russia all’Ucraina. Tra gli argomenti affrontati nei colloqui di Parigi c’è stato anche l’eccesso di capacità produttiva della Cina. Le esportazioni cinesi in aprile sono tornate positive, +1,5% sull’anno precedente, una inversione del dato pesantemente negativo di -7,5% del mese precedente. La Cina ha incrementato anche le importazioni, soprattutto di materiale tecnologico.

La ripresa della seconda maggiore economia del mondo è una buona notizia, ma la forza commerciale cinese fa temere un’invasione di beni che i sussidi governativi tengono a costi estremamente competitivi, soprattutto nei settori della tecnologia e della transizione energetica. Pochi giorni prima dell’incontro con Xi Jinping, il presidente francese aveva dichiarato all’Economist che l’autonomia e la sovranità europea passano per la crescita economica e forme di autonomia tecnologica.

“L’Europa non produce abbastanza ricchezza pro capite” ha dichiarato Macron, deve invece tornare a essere un luogo attraente per investire e innovare. Un obiettivo che ha bisogno di capitali adeguati e di un efficiente sistema finanziario, ancora bancocentrico e vincolato ai confini nazionali. È urgente l’architettura di un mercato dei capitali comunitario che rafforzi la cooperazione, distribuisca i rischi, agevoli il flusso dei risparmi privati verso gli investimenti e la crescita.

En attendant, le notizie economiche del Vecchio Continente continuano a essere buone, il Pil dell’Eurozona e del Regno Unito è stato sorprendentemente positivo, i dati recenti alimentano l’ottimismo, la stagione degli utili conferma i listini europei come alternativa efficiente alle valutazioni di Wall Street.

Anche da oltreoceano gli investitori guardano con interesse alle azioni europee e alle loro valutazioni, ancora a forte sconto rispetto al listino americano. Tra i settori in evidenza quello energetico, il tecnologico, l’industriale e, naturalmente, i bancari. La maggior parte delle banche ha pubblicato risultati trimestrali superiori alle attese, i driver degli utili sono i seguenti:

  1. l’aumento dei tassi d’interesse ha alzato il rendimento del capitale netto del sistema bancario europeo;
  2. i prezzi del petrolio e del gas strutturalmente più elevati, unito a livelli più bassi di investimenti “greenfield”, sono all’origine dell’aumento degli utili e dei flussi di cassa delle società del settore dell’energia;
  3. gli investimenti fisici legati alla transizione energetica;
  4. l’aumento della classe media asiatica e la relativa crescita dei consumi;
  5. la digitalizzazione e la diffusione delle tecnologie avanzate.

Le potenzialità e il valore delle azioni europee non si possono ricondurre solo alla crescita superiore degli Stati Uniti, poiché i titoli azionari americani continuano a mostrare valutazioni più elevate. In definitiva, le azioni europee sono semplicemente più convenienti.

A cura di Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) SGR

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