Al via l’expo dell’immobiliare, “il nostro Paese nel mirino degli investitori”

EIRE AL VIA – Si è aperto oggi l'Eire, l'expo del real estate italiano. Una tre giorni dedicata al settore del real estate italiano, con oltre 35 convegni per concentrasi su tutto ciò che si potrà realizzare nel nostro Paese per favorire la crescita del settore. Ne abbiamo parlato con il presidente di Gestione Fiere, che organizza la manifestazione, Antonio Intiglietta.

Quali sono le novità dell’edizione di quest’anno di Eire-Expo Italia Real Estate?
Eire, come ogni anno, ha l’obiettivo di creare le condizioni per un momento nazionale di confronto, di riflessione, di condivisione di esperienza e di opportunità. E nel contempo vuole essere un luogo di riferimento unitario nell’approccio con il mercato estero. Anche quest’anno c’è soprattutto un’imponente presenza degli investitori internazionali. Il secondo giorno è proprio dedicato a loro. Fa da cornice tra i temi principali un focus sul turismo, sul retail e sulle aree industriali.

A un anno di distanza dall’edizione precedente, come è cambiato il settore?
La situazione oggi del real estate in Italia indica la necessità di un importante cambiamento e chiarimento di obiettivo. L’obiettivo fondamentale è, infatti, la rigenerazione del patrimonio pubblico e privato del Paese. Insomma, non è necessario costruire qualche metro quadro in più, ma alla base ci deve essere la valorizzare del patrimonio.

Come?
Partendo prima di tutto dalle esigenze della nostra società. Il modo di abitare, di lavorare e vivere il tempo libero stanno cambiando in modo veloce. È decisivo quindi che il mondo imprenditoriale sia capace di cogliere questi cambiamenti e proporre nuove politiche per il tempo libero, per diversi luoghi e spazi di lavoro, per l’housing e per la concezione del retail. Basti pensare che l’80% del commercio passerà dai posti periferici decentrati – per esempio, i centri commerciali – verso una rivalorizzazione dei centri storici. Da una parte, insomma, c’è la necessità che la realtà imprenditoriale accetti questa scommessa e possa avanzare proposte intelligenti e fattibili. Dall’altra c’è bisogno di un’amministrazione pubblica che riesca a dare risposte e tempi certi. E di comuni che non blocchino i progetti con inutili lungaggini burocratiche, a causa delle quali la proposta potrebbe diventare inefficace.

Quanto è importante l’interesse degli investitori esteri verso l’Italia per far ripartire il settore e dunque la nostra economia?
Ci sono segnali di positività in questo senso. L’Europa in generale e l’Italia in particolare sono rientrati nel mirino degli investimenti internazionali. La necessità è che il nostro Paese deve presentare non delle ipotesi o dei progetti, ma delle proposte concrete che dimostrino la fattibilità economica e finanziaria in modo da attrarre maggiormente i capitali esteri.

In questi casi, però, il rischio potrebbe essere quello della svendita del patrimonio italiano? O no?
Credo siano polemiche sterili. Il problema non è nella svendita o nella vendita. Il problema è nella valorizzazione.

Per quanto riguarda il mercato del credito, invece, quali sono le sue previsioni per i prossimi mesi dell’anno?
L’immobiliare è molto spesso il termometro di un’economia. Quando quest’ultima è in ripresa, anche il trend degli investimenti e dei mutui è positivo. Quando, invece, l’economia è bloccata, si riducono sia investimenti che mutui. Tutto ruota attorno alla ripresa economica, che rappresenta la condizione necessaria per le attività del settore. È vero che alcuni segnali stanno indicando che dal tunnel della crisi profonda ne siamo usciti, ma i tempi di ripresa sono ancora lenti. Messe da parte le previsioni sia pessimistiche che ottimistiche, se la gente trova lavoro, ritrova un clima di speranza e adatto agli investimenti, sarà possibile vedere un consolidamento della ripresa.

Le ultime mosse della Banca centrale europea potrebbero dare ossigeno all’economia?
L’intervento del governatore Mario Draghi è stato un intervento come al solito opportuno. Ha aperto le condizioni perché il sistema finanziario locale possa tornare a investire. È chiaro che questo richiede sforza da parte delle banche. Dopo una prima fase di investimenti dissennati delle banche, c’è stata una seconda in cui gli istituti hanno bloccato il sistema. Ora, in una futura terza fase, le banche si dovranno riproporre nel mercato valorizzando i progetti validi, ovviamente con un maggior senso critico che in passato.

Quali sono le tempistiche per questa nuova fase?
Speriamo possa arrivare presto. Ma c’è tutto un discorso di non performing loan (prestiti non performanti), che è il vero problema nella pancia delle banche. Oggi gli istituti, come conseguenza della fase di investimenti dissennati, si trovano proprietari di innumerevoli patrimoni, senza possibilità di poterli valorizzare. Le banche dovrebbero avere il coraggio di riconoscere le proprie perdite. E da lì ripartire.

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