L’uomo che è di fatto a capo della Samsung, il più grande conglomerato sudcoreano, rischia seriamente l’arresto, lo scrive www.lastampa.it. Lo ha annunciato il pubblico ministero che sta seguendo l’inchiesta che ha portato all’impeachment della presidente Park Geun-hye. Figlio dell’ex presidente e nipote del fondatore dell’azienda, il 48enne Lee Jae-yong è stato interrogato per 22 ore sui suoi rapporti con il governo. Nello specifico, prosegue La Stampa, è accusato di aver concesso aiuti economici alla Choi Soon-sil, la confidente-sciamana della presidente, per ottenere l’appoggio del governo nella sua personale scalata all’azienda. La decisione sul suo destino doveva arrivare ieri ma gli inquirenti hanno chiesto più tempo per valutarne il potenziale impatto economico. Il titolo è sceso del 2,3 per cento. La decisione sul mandato d’arresto verrà presa alle 10:30 di mercoledì prossimo.
Samsung vacilla in Borsa, il rampollo-supermanager rischia l’arresto
L’accusa è di aver pagato tangenti per un totale di 34 milioni di euro alla Choi, a sua volta accusata di usare la sua influenza personale sulla presidente per spingere i «chaebol», i conglomerati di aziende più importanti del paese, a donare ingenti quantità di denaro alle sue fondazioni in cambio di favori politici. A provarlo, sempre secondo lastampa.it, ci sarebbero i file e le corrispondenze rinvenuti nel suo tablet il 29 ottobre scorso. Non solo. Lee Junior sarebbe anche accusato di appropriazione indebita e falsa testimonianza.