Juventus stellare, anche in borsa

di Salvatore Gaziano, Strategist SoldiExpert.com

C’è un titolo che nell’ultimo anno è salito del 150%, con un’accelerazione impressionante negli ultimi 3 mesi, da febbraio ad aprile. E che le azioni della Juventus F.C. potessero essere un blockbuster, ovvero un titolo dai guadagni straordinari come capita ad alcuni film al botteghino, era nell’aria.

Quando nel settembre 2016 in diversi modelli quantitativi e algoritmici (che utilizziamo per SoldiExpert SCF) il titolo Juventus è balzato fra le prime posizioni, siamo “andati a vedere” (come si dice nel poker), cercando di ragionare se vi erano le condizioni per giustificare l’acquisto.

Torniamo dunque al settembre 2016: graficamente il titolo Juventus stava comportandosi bene, mostrando una buona forza relativa ovvero la capacità di fare meglio del mercato; colpiva anche la volatilità abbastanza contenuta del movimento rialzista (un elemento da tenere sempre in considerazione). Il titolo era ben lontano dai massimi, anzi dal dicembre 2001 perdeva l’80%, ma ad osservare l’andamento dal 2012 in poi si poteva ipotizzare una lunghissima fase di accumulazione (ipotesi ottimistica) oppure che il titolo fosse destinato al cimitero delle società quotate (ipotesi pessimistica).

Studiare i bilanci diventava obbligatorio, per valutare i “fondamentali” e per capire se la capitalizzazione espressa in quel periodo (circa 300 milioni di euro) era sensata o meno, anche in confronto ad altre società calcistiche quotate in UK, Germania o in giro per il mondo. Occorreva il cosiddetto esame dei “multipli” e dei “comparables”.

Ebbene, da questo esame la Juventus ne usciva alla grande: basti pensare alla capitalizzazione raggiunta da società calcistiche, come ad esempio il Manchester United (quotato sul Nyse perché l’azionista di maggioranza è yankee). E’ vero che il fatturato della Juventus è quasi la metà di quello del Manchester ma la distanza in termini di Enterprise Value (ovvero capitalizzazione di Borsa – liquidità netta) era un rapporto quasi di 5 a 1 con la società bianconera “molto sottovalutata” nel confronto. Il valore espresso a settembre 2017 dalle Borse era, infatti, di 2,3 miliardi di euro per il Manchester United e di circa 500 milioni di euro per la Juventus F.C. (320 milioni di euro di capitalizzazione borsistica più 180 milioni di euro di posizione finanziaria negativa).

Inoltre, a leggere le trimestrali della Juventus F.C. non si aveva idea di una società che stesse portando i libri in tribunale, tutt’altro. Un andamento eccellente non solo nel campionato calcistico ma anche nel conto economico con plusvalenze significative messe a segno soprattutto con le cessioni di Paul Pogba al Manchester United e Alvaro Morata al Real Madrid. In aggiunta, una gestione economica ordinaria in utile e in forte miglioramento anno dopo anno.  C’era poi un altro aspetto molto interessante: l’esame dell’azionariato.

Da alcuni mesi un investitore estero, poco conosciuto in Italia ma di grande reputazione fuori confine, soprattutto in Gran Bretagna, aveva iniziato ad acquistare sempre più azioni della Juventus e accrescerne la posizione passando dal 2% al 10% e diventando il secondo azionista dopo il gruppo Exor della famiglia Agnelli/Elkann.


L’andamento del titolo Juventus negli ultimi 10 anni.

Perché mai un fondo d’investimento inglese faceva incetta di azioni di una società calcistica italiana? Nella loro relazione ai propri sottoscrittori (disponibile su Internet) lo spiegavano i due gestori di questa società, Lindsell Train, in modo convincente: “…la capitalizzazione di mercato di società come la Juventus è molto bassa. I ricavi sono aumentati del 50% negli ultimi cinque anni e il flusso di cassa è finalmente vicino a una svolta positiva. Il mercato attualmente valuta il titolo Juventus 1,3 volte i ricavi mentre il Manchester United, sicuramente migliore, è valutato 5,1 volte il fatturato. Di recente i club di Milano (entrambi inferiori rispetto alla Juventus a nostro avviso) come il Milan e l’Inter sono stati ceduti per valori quattro volte superiori rispetto ai loro ricavi. Tali valutazioni danno ulteriore fiducia. Il gioco del calcio non ha la redditività garantita da altri sport, ma se le società diventano globali, come dimostra l’interesse cinese, la situazione può cambiare”.

Già dall’estate 2016 la vendita del Milan a una cordata cinese era stata stabilita in circa 730/740 milioni di euro pari a 500 milioni di euro di valore dell’equity più 240 milioni di debiti. E anche nel passaggio dell’Inter ai cinesi di Suning le valutazioni espresse non erano molto distanti da questi parametri con un’evidente sottovalutazione relativa del valore della Juventus F.C. Come diceva Agatha Christie. “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova.

E così da settembre abbiamo iniziato a consigliare di acquistare azioni della Juventus (valeva circa 0,30-0,31 euro). Il titolo è poi esploso arrivando a superare i 0,7 euro (+130%) grazie a un importante flusso di notizie positive sia sul fronte sportivo che su quello economico.

Si arriva così a un altro punto: quando un’azione sale in modo consistente e molto più del mercato molti risparmiatori hanno la tentazione di sbarazzarsi il titolo per “portare a casa il guadagno”. Posizione condivisibile dal punto di vista del buon senso ma che dal punto di vista strategico si rileva statisticamente, nella maggior parte dei casi, un clamoroso autogol. Per dirla con Warren Buffett: “Vendere i titoli quando s’è guadagnato abbastanza e tenere quelli su cui si sta perdendo è come tagliare i fiori e innaffiare le erbacce”.

Da parte nostra, intorno a 0,7 euro abbiamo iniziato a diminuire la posizione ma non perché vi fossero segnali di esaurimento del trend bensì perché in certi portafogli azionari sull’Italia avere un peso percentuale pari a quasi il 25% su un singolo titolo (anche per effetto della salita fortissima) diventa ardito. Naturalmente non sempre le ciambelle riescono col buco e chi investe con una strategia che guarda ai fondamentali e anche al momentum sa che per realizzare simili exploit deve prevedere di sopportare anche periodi avversi.

Vale sempre l’antica saggezza orientale: “Se cerchi serenità resta pure sulla spiaggia ma se cerchi un tesoro devi correre il rischio di tuffarti in fondo all’oceano”.

E sull’argomento “stop loss” e “take profit”, ovvero quando è consigliabile chiudere un’operazione in perdita o quando invece sarebbe meglio prendere profitto quando un titolo sale molto, c’è tantissimo da dire e ne parleremo magari prossimamente.

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