Lavoro, anche in Italia arrivano i “Colloqui al buoi”

Per assumere nuovi professionisti, sempre più aziende si affidano al blind recruitment, una particolare tecnica di selezione nella quale vengono cancellate volontariamente dal CV dei candidati informazioni come nome, genere, età ed educazione, eliminando così ogni possibile pregiudizio inconscio. Un fenomeno del recrutiment che si sta allargando a macchia d’olio e che sta coinvolgendo un numero sempre maggiore di aziende, anche in Italia. È quanto emerge in un articolo apparso sull’ultimo numero dell’Hays Journal, la pubblicazione del gruppo Hays dedicata ai nuovi trend della selezione.

“Tutti abbiamo a livello inconscio dei pregiudizi che influenzano le nostre scelte – commenta Alessandro Bossi, Hays Italia Director – e che possono essere sintetizzati in una sola semplice parola, appartenenza. Si tratta di capire se ci stiamo rapportando a qualcuno che appartiene o meno al nostro stesso gruppo, alla nostra cerchia. Per esempio, inconsciamente, il nostro pensiero viene condizionato se ci troviamo a leggere il CV di qualcuno con un nome a noi familiare o che ha studiato nella nostra stessa università o che è nato nel nostro stesso anno. E questo può influenzare notevolmente il percorso e le opportunità di carriera di un professionista”.

L’obiettivo del blind recruitment è quello di superare l’involontaria classificazione operata durante il processo di reclutamento, che può essere controproducente per la creazione di un ambiente di lavoro variegato. Questa tecnica è molto utile per diversificare le risorse selezionate e, inoltre, aiuta i candidati a mettere in evidenza al meglio i loro i punti di forza durante il colloquio.

Uno dei primi esempi di blind recruitment risale al 1980 e ha avuto luogo nella Toronto Symphony Orchestra che, fino a quel momento, era composta quasi esclusivamente da uomini. Consapevoli di avere una mancanza di differenziazione, applicarono un diverso metodo per reclutare i loro membri, svolgendo le audizioni dietro a uno schermo, in modo che i selezionatori non potessero vedere il candidato, ma solamente sentirlo suonare. Il risultato fu strepitoso: un’orchestra rinnovata, composta al 50% da uomini e al 50% da donne, maggiormente diversificata e con una capacità musicale decisamente migliorata.

Oggi le aziende sono sempre più coscienti del fatto che un team di professionisti eterogeneo e un ambiente lavorativo che favorisce l’inclusione permettono di ottenere performance di business migliori. Recenti studi, infatti, dimostrano che la diversità (non solo di genere), se applicata anche alle alte sfere aziendali, favorisce il raggiungimento di risultati fino al 35% superiori in termini finanziari.

Gli esperti di Hays, tuttavia, sottolineano che il blind recruitment non dev’essere considerato come la soluzione a tutti i problemi legati alla diversità e all’inclusione. In altre parole, realizzare CV meno caratterizzati è sicuramente utile e positivo perché aiuta a mitigare i pregiudizi, ma la tecnica del “colloquio al buio” dev’essere comunque accompagnata da un percorso di training che aiuti i selezionatori a riconoscere i propri pregiudizi a livello inconscio per imparare a gestirli al meglio durante le fasi di reclutamento del personale.

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