Cravatte come mascherine?
Una cravatta può salvarvi la vita? Forse sì, a patto che si trasformi in una mascherina facciale. L’idea è venuta a due imprenditori del Sud, Maurizio Talarico (calabrese di nascita, titolare del negozio Talarico Cravatte di Via dei Coronari, a Roma) e Andrea Cammarota (titolare della Sartoria da Napoli, a Napoli) che hanno iniziato a produrre “mascherine” per uso civile utilizzando i tessuti tipicamente impiegati per la produzione delle cravatte da uomo.
Da Talarico 10 mila mascherine
Nel caso di Talarico, è prevista la produzione di almeno 10 mila mascherine (non omologate ovviamente) partendo da sfridi di tessuto. Inizialmente offerte in omaggio, le mascherine Talarico sono poi state messe in vendite devolvendo il ricavato alla Regione Calabria per acquistare materiale necessario all’emergenza coronavirus. Il tutto venendo rendicontato da uno studio di commercialisti e revisori contabili, per la massima trasparenza.
Cammarota ne propone in tre strati
Nel caso di Cammarota, si è pensato di utilizzare la seta di cravatta, in più colori e fantasie, per la parte interna mentre quella interna è costituita da cotone per camicie, il tutto foderato da uno strato in tnt (tessuto non tessuto), che rende la “mascherina” idrorepellente. Anche in questo caso si tratta naturalmente di dispositivi in stoffa pensati come alternativa temporanea per ovviare alla carenza di mascherine Fpp omologate.
200 aziende dell’abbigliamento si riconvertono
Da ricordare come oltre alle sartorie artigianali specializzate in cravatte, molte altre aziende dell’abbigliamento si siano momentaneamente riconvertite alla produzione di mascherine di tipo chirurgico e altri dispositivi medici, in particolare camici. In tutto sarebbero oltre 200, di cui un’ottantina affiliate al Sistema Moda Italia e a Confindustria Moda, le restanti a Cna Federmoda. Tra i nomi più noti: Armani, Prada, Herno, Emmevi, Radici, Nannini, Medici Style, Hanita o La Veleria San Giorgio.
La burocrazia per ora non fa sconti
Purtroppo è già emerso come l’iter per ottenere la certificazione di prodotti che non siano solo mascherine ad uso civile sia molto complesso. Per questo le associazioni di categoria stanno cercando di ottenere una qualche forma di semplificazione, che per ora la burocrazia italiana non sembra intenzionata a concedere. Visto che dovremo convivere a lungo con l’emergenza coronavirus, non pare tuttavia esservi il rischio di arrivare fuori tempo massimo.