Moda e coronavirus: il fast fashion riduce i negozi, il lusso aumenta i prezzi

Fast fashion sempre più in crisi

La moda e il virus: mentre le catene di fast fashion corrono a chiudere quanti più negozi possibili (Zara ha già tirato già 1.200 saracinesche, H&M potrebbe presto iniziare a imitarla, con una decina circa di negozi a rischio in Italia), alcuni marchi del lusso sembrano non solo non risentire della crisi ma andare meglio del previsto, confermando che il lusso è un settore anticiclico e che da una crisi delle proporzioni di quella in corso non si esce migliori, semmai più diseguali di prima.

Le grandi catene avviano dimagrimento

Tra le altre grandi catene che stanno riducendo i propri punti vendita vi sono anche l’inglese Monsoon and Accessorize (35 chiusure) la tedesca C&A (13 serrande abbassate) e in Nord America due catene storiche come Urban Outfitters e Gap. Tra i big del lusso, Gucci (che fa capo al gruppo francese Kering) ha invece deciso di alzare i prezzi mediamente tra il 5% e il 9% in mercati come l’Italia, la Gran Bretagna e la Cina secondo gli analisti di Jefferies.

Il lusso risponde alla crisi aumentando i prezzi

La stessa politica era già stata annunciata da Louis Vitton e da Chanel, anche in risposta all’aumento dei costi della materia prima causata dalla crisi da coronavirus. Aumenti che dovrebbero servire a mitigare il calo dei volumi di vendita, secondo un’abitudine che per anni aveva contraddistinto il settore del commercio ma che era stata resa sempre più difficile, pre crisi, dalla concorrenze sempre più intensa nel settore.

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