Trump e la riforma fiscale

A cura di Didier Saint-Georges, Managing Director e Membro del Comitato Investimenti di Carmignac
La riforma fiscale annunciata dal Presidente statunitense Trump – che prevede la riduzione al 15% della corporate tax, ovvero l’imposta pagata dalle imprese sul reddito, e la riduzione delle aliquote per le persone fisiche – rappresenta un non-evento. Infatti, la riforma è percepita in realtà come la prima mossa di quella che sarà sicuramente una lunga e difficile negoziazione con il Congresso.
Il Freedom Caucus, il gruppo ultraconservatore e ultraliberale del Partito Repubblicano, ha mantenuto la propria posizione estremamente rigida, che comporterà accesi dibattiti con il governo. L’amministrazione Trump potrà ritenersi fortunata se la riforma passerà quest’anno, ma anche solo se otterrà la metà di quanto ha richiesto.
Con una potenziale crescita strutturalmente ridotta dai fattori demografici e dal peso eccessivo del debito sul sistema, sarà molto difficile che il PIL riesca a crescere a un ritmo pari al 3%.
Speriamo che la Fed sia consapevole delle difficoltà che questa riforma dovrà affrontare e che non adotti troppo presto un atteggiamento aggressivo, sia in termini di aumento di tassi che di restringimento del bilancio.
Un criterio fondamentale per valutare l’esito finale della riforma sarà capire se si tratta di una vera e propria riforma fiscale (neutrale rispetto alle entrate per circa 10 anni), o se al contrario si tratta di un accordo che a un certo punto terminerà, trascinando il paese in un altro fiscal cliff.

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