Fixed Income: il tempo delle azioni

A cura di Chris Iggo, CIO Obbligazionario, AXA Investment Managers
La fase attuale del ciclo economico favorisce le azioni. Mentre rientra il rischio politico in Europa, i mercati azionari continuano a riportare buone performance nell’ottimismo generale. È importante continuare a monitorare l’effetto “Trump”, ma i mercati obbligazionari non sembrano preoccuparsene, almeno fino a quando le proposte politiche non si concretizzeranno veramente.
Le azioni possono essere trainate maggiormente dalle aspettative di un rialzo dei rendimenti in futuro. Le obbligazioni si muoveranno solo se saranno attuate le politiche fiscali e ci sarà un rialzo dei tassi di interesse. Nel frattempo, attendiamo con pazienza un rialzo dei rendimenti e accumuliamo interessi.
Il reddito fisso è noioso. La scorsa settimana sono stato due giorni a Madrid e ho discusso dei mercati con gli investitori spagnoli. Da questi incontri sono emersi alcuni temi comuni: gli investitori dispongono di abbondante liquidità, le obbligazioni sono costose, si accetta con riluttanza il fatto che l’attuale ciclo economico favorisce le azioni, le aspettative di un consistente stimolo fiscale negli Stati Uniti sono in parte rientrate mentre il rischio in Europa, a prescindere dall’agenda politica, dipende principalmente da un nuovo orientamento della Banca Centrale Europea (BCE).
Nel reddito fisso, la maggior parte degli investitori condivide la nostra view: il segmento high yield e i mercati emergenti sono ancora interessanti, ma sui livelli attuali questi settori stanno diventando costosi e i rendimenti obbligazionari dovrebbero salire a fronte del rafforzamento della crescita globale più sincronizzata. Da ultimo, ma non meno importante, le aspettative di rendimento complessivo per i mercati obbligazionari sono conservative. Il rischio principale è che i rendimenti obbligazionari effettivamente salgano, cancellando il rendimento positivo che abbiamo registrato nel reddito fisso dall’inizio dell’anno.
Per alzare i tassi serve qualcosa in più. Le banche centrali devono riportare i tassi a un equilibrio neutrale, maggiormente in linea con il miglioramento della crescita economica nominale. Non devono agire troppo rapidamente, pertanto la Federal Reserve ha in programma di aumentare gradualmente i tassi di interesse fino al 3% circa entro la fine del prossimo anno.
Da parte sua, la BCE non è abbastanza tranquilla da fornire nuovi dettagli sulla sua exit strategy dalla politica accomodante, anche se è ormai evidente che il dado è tratto. Questo scenario lascia prevedere rialzi dei tassi moderati nei prossimi due anni, con un corrispondente aumento delle curve dei rendimenti fintanto che la situazione economica ciclica continuerà a migliorare. Ma un altro modo per valutare il giusto livello dei tassi di interesse è che dovrebbero esprimere il prezzo adeguato per ottenere un equilibrio di mercato.
Se la domanda di investimenti sale rispetto all’offerta di risparmi, i tassi dovrebbero salire e le banche centrali dovrebbero facilitare tale processo. Queste dinamiche si rifletterebbero prima in un aumento dei rendimenti obbligazionari e dei tassi sui prestiti, poiché i prestiti che servono a finanziare gli investimenti arriverebbero attraverso i canali del credito. Non ci sono segnali in tal senso in questo momento. A mio giudizio, per assistere a un deciso aumento dei tassi dovrebbe cambiare l’equilibrio tra risparmi e investimenti. Questo può accadere se i consumatori si fanno più fiduciosi e riducono il tasso di risparmio incrementando la spesa, o se le imprese incrementano gli investimenti, o in alternativa, attraverso la politica fiscale.
L’esperienza incide sulle aspettative. L’esperienza degli ultimi anni ci ha insegnato a non essere troppo pessimisti sulle obbligazioni. Il segreto sta nel costruire portafogli di investimento che non subiscano troppi danni qualora si concretizzi la nostra previsione razionale. Per me questo significa limitare il rischio di interesse e adottare un approccio molto diversificato nelle obbligazioni. Per il momento non c’è nulla di sbagliato nel conservare abbondante liquidità e asset a basso beta nella previsione di passare a obbligazioni a più alto rendimento qualora si verifichi veramente un sell-off.
Dal punto di vista macroeconomico posso, anzi possiamo, prevedere che i tassi saliranno e che i titoli di Stato riporteranno performance negative. Quello che cerco di dire è che dovrebbe accadere un evento shock di ampia portata che farebbe accelerare la crescita globale per riuscire a superare le forze secolari che da tempo ci hanno portato a uno scenario caratterizzato da tassi di interesse e rendimenti molto bassi. Ma la crescita potrebbe anche rallentare.
Rilassiamoci, il reddito fisso sarà anche noioso ma è ok. Sfortunatamente, per quanto mi piaccia fare ipotesi su ciò che potrà accadere sui mercati, la realtà è che questa asset class è noiosa e costosa, e la volatilità è bassa. L’attenzione è concentrata sulle azioni poiché la crescita sale e gli utili sono in aumento. Le obbligazioni vanno avanti piano, a suon di cedole. I rendimenti comunque sono positivi: high yield, debito dei mercati emergenti e titoli inflation-linked riflettono ancora in parte le aspettative di un boom economico con Trump. Non c’è bisogno di vendere tutte le vostre obbligazioni, non ci sono segnali di una grande rotazione, e certamente non ci sono segnali di perdite di capitale ingenti nel reddito fisso.

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