Rischio informatico e cambiamento tecnologico nel comparto assicurativo

Oggi il rischio maggiore a cui è esposto il settore assicurativo globale è la capacità di fronteggiare i cambiamenti strutturali e tecnologici. È quanto emerge dall’ultimo sondaggio Insurance Banana Skins 2017, condotto da PwC e CSFI tra 836 assicuratori e osservatori di settore in 52 paesi, tra cui l’Italia, per identificare i maggiori rischi a cui saranno esposti gli assicuratori nei prossimi 2-3 anni.

La gestione del cambiamento è il primo di una serie di rischi operativi schizzati in cima alla classifica. La ricerca mette in luce timori riguardo la capacità del settore di affrontare l’agenda di informatizzazione, la nuova concorrenza, il consolidamento e la riduzione dei costi, soprattutto considerato il ritmo con cui le tecnologie emergenti avanzano e la loro capacità di trasformare i mercati assicurativi, come le automobili senza conducente, l’ “Internet degli oggetti” e l’intelligenza artificiale.

Il rischio informatico segue a ruota: le preoccupazioni riguardano gli attacchi agli assicuratori stessi, oltre ai costi collegati alla prevenzione dalla criminalità informatica. Tra i timori principali, la possibile inadeguatezza dei sistemi tecnologici interni alle compagnie assicurative e la nuova concorrenza, soprattutto da parte del settore “InsurTech”.

La seconda categoria di rischi prioritari (tassi di interesse, performance di investimento e rischio macroeconomico) rivela i persistenti timori circa l’instabilità economica. Sebbene riconoscano la presenza di segnali di crescita, gli intervistati sono meno fiduciosi in una ripresa e questo per svariati motivi, come il rallentamento in Cina, il rischio del protezionismo di Trump e il populismo in Europa. Anche il rischio di interferenza politica è aumentato drasticamente, sebbene la Brexit non abbia rappresentato fonte di preoccupazione per gli assicuratori, soprattutto per le compagnie che non operano in UK.

Il rischio normativo, al vertice delle ultime tre edizioni del sondaggio, quest’anno non figura neanche nella “top five” e questo soprattutto per i recenti cambiamenti normativi che hanno ormai superato la fase di assestamento (es. Solvency 2), sebbene il costo e le complicazioni legati all’introduzione delle nuove leggi destino ancora preoccupazione.

L’analisi rivela un crescente timore per la capacità del settore di attrarre e mantenere i talenti e, in particolare, per la gestione della sfida digitale. Viceversa, un’area in cui i rischi sembrano essere in diminuzione è la governance e la gestione delle compagnie assicurative; durante il periodo della crisi finanziaria erano considerati rischi elevati ma sono drasticamente diminuiti di importanza in seguito agli interventi del settore stesso e alla pressione normativa.

Nel complesso, secondo gli intervistati, per gli assicuratori il clima sta diventando più competitivo: l’indice “Insurance Banana Skins 2017”, che misura il livello di preoccupazione del settore, è al suo picco massimo, ma rispetto al 2015 il comparto assicurativo si mostra più impreparato a fronteggiare questo tipo di rischi.

David Lascelles, editor del sondaggio, commenta: “È la prima volta in sei anni dalla prima edizione del sondaggio che i rischi operativi rappresentano una vera e propria minaccia per gli assicuratori. I cambiamenti strutturali e tecnologici intervenuti nel settore potrebbero ribaltare i tradizionali modelli di business. Allo stesso tempo, gli assicuratori sono alle prese con un clima economico piuttosto difficile, motivo per cui, appunto, i timori sono al picco massimo.”

Mark Train, PwC Global Insurance Risk Leader, commenta: “Le sfide e le opportunità generate dal cambiamento sottolineano quanto sia fondamentale capire esattamente dove intervenire per dare valore aggiunto; e quindi essere spietati nella scelta degli investimenti e nella gestione del tempo per quanto riguarda queste priorità. Un aspetto chiave di questa strategia “fit for growth” è il saper differenziare le capacità necessarie a incentivare la crescita e i ‘costi positivi’ mirati agli investimenti dalle aziende sottoperformanti e le operazioni inefficienti, ossia i “costi negativi” destinati a revisione ed eliminazione.”

Le evidenze sull’Italia

La risposta italiana è stata dominata dalla preoccupazione legata al permanere nella zona Euro di tassi di interesse bassi, quindi, dai relativi impatti sui rendimenti degli investimenti e sui prodotti con rendimento garantito. Strettamente connesso ai tassi c’è poi il dubbio circa la validità delle prospettive macroeconomiche, in particolare alla luce dei recenti cambiamenti politici come l’elezione del Presidente Trump e la Brexit.

Un’altra fonte di preoccupazione è stata l’eccessiva regolamentazione a causa dei costi legati al rispetto delle normative, la necessità di ulteriori capitali. L’Italia ha condiviso le preoccupazioni globali riguardanti l’impatto delle nuove tecnologie sulle imprese e la possibilità di implementare cambiamenti considerevoli derivanti da nuovi modelli di business, insieme al rischio informatico.

Tuttavia, l’Italia ha invece mostrato minore preoccupazione per quanto concerne gli aspetti istituzionali del business. La classificazione dei rischi legati alla gestione inefficace e alla scarsa disponibilità di talenti sono ben al di sotto della media mondiale.

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