Il motore ingolfato dell’industria italiana

A cura di Richard Flax, Chief investment Officer di Moneyfarm

La scorsa settimana l’Istat ha pubblicato il dato sulla produzione industriale italiana per marzo, che è stato leggermente più positivo delle attese. La crescita del fabbricato si è attestata allo 0,4% rispetto al mese precedente e al 2,8% rispetto a marzo 2016. Entrambi i dati sono sopra le attese degli analisti che prevedevano un rialzo congiunturale dello 0,3% e tendenziale del 2,4%. Si tratta di un altro segnale positivo dopo la vampata di febbraio, ma in generale è ancora presto per lasciarsi andare all’ottimismo.

Se si considera il primo trimestre, l’output è leggermente in calo (-0,3%) per via del risultato negativo di gennaio (viziato da problemi legati alla distribuzione delle festività). In generale la macchina industriale italiana sembra ancora ingolfata, nonostante i segnali positivi degli ultimi mesi. Tra i comparti positivi troviamo proprio quello dell’auto, che ha fatto registrare un incremento del 9,5% anno su anno. Si tratta senza dubbio di una buona notizia, ma che potrebbe lasciare spazio a qualche considerazione amara se si pensa alla rilevanza che questa industria aveva in passato per il Paese.

In Italia, il cui settore industriale è secondo in Europa solo a quello tedesco, la produzione è una componente fondamentale per determinare il risultato finale del prodotto interno lordo. Se osserviamo l’andamento dell’indice negli ultimi 5 anni notiamo un trend leggermente positivo.

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