Borsa ed elezioni. Un’analisi empirica dell’effetto sul mercato azionario italiano

a cura di Massimo Saitta, Direttore Investimenti di Intermonte Advisory e Gestione

Una recente analisi di Goldman Sachs evidenzia come il mercato generalmente si attivi per la copertura del rischio politico circa due mesi prima dell’evento. In altre parole è circa 60 giorni prima che il mercato percepisce l’esistenza di un rischio politico. Se adottiamo questo schema temporale alle date prevedibili di una eventuale chiamata anticipata alle urne il periodo a rischio si pone tra la fine di luglio e la fine di agosto. L’andamento dell’indice Comit 1 e 2 mesi prima dell’insediamento di un nuovo governo in Italia ci descrive una realtà diversa e meno preoccupante. Il mese più “scoperto” rimane giugno: per fattori di stagionalità è statisticamente un mese avaro di soddisfazioni per la borsa che si associa in questo caso con una rotonda performance da inizio anno dell’indice. Avvicinandosi all’evento, tuttavia, la storia descritta ci dipinge un quadro meno negativo di quanto la reazione di Piazza Affari di questi ultimi giorni, di fronte alla possibilità di elezioni anticipate, ci abbia descritto.

Gli ultimi tempi sono stati particolarmente favorevoli per i mercati azionari europei con liquidità abbondante grazie al flusso proveniente dagli investitori USA che hanno aumentato l’esposizione sul Vecchio Continente dopo il rassicurante esito delle elezioni francesi e con i tassi di interesse che dopo un periodo turbolento si sono stabilizzati. Per l’Italia nello specifico non va trascurato anche l’effetto PIR che ha riacceso l’interesse dei domestici per i titoli soprattutto di medio-bassa capitalizzazione del nostro listino. La volatilità continua ad essere ridotta ed i dati macroeconomici, pur non esplosivi, sono in miglioramento. In un contesto del genere e con le performance già registrate da moltissimi titoli è logico pensare che la chiamata anticipata alle urne non sia una buona notizia. In particolare tende a scaricarsi sull’importante settore bancario dove oltre a rotonde performance da portare a casa, ad incidere negativamente rimane anche il tema della messa in sicurezza delle banche venete e del Monte Paschi che si sta scontrando con la tempistica dilatata prevista dalla negoziazione con i regulators europei. Il sentiment negativo sui mercati finanziari che l’insediamento di un nuovo governo genera è giustificato alla luce dei l’andamento della borsa nel periodo immediatamente precedente? E il sentiment positivo che tendenzialmente si associa al cambiamento è giustificato? Sono le domande alle quali cercheremo di dare risposta nell’analisi che segue.

Governi e mercato azionario italiano: un’analisi empirica.

Abbiamo provato ad analizzare l’andamento dell’indice Comit (quindi dal 1972 in poi) 1 e 2 mesi prima l’insediamento di un nuovo governo che si è succeduto in Italia. Analoga indagine è stata effettuata sul mese e sui due mesi successivi.  Per avere un dato che fosse ascrivibile alla sola chiamata elettorale con elezione diretta di un nuovo governo abbiamo effettuato la medesima indagine escludendo i nuovi governi frutto di rimpasti della medesima base parlamentare. Infine per cercare di comprendere eventuali influenze esterne abbiamo provveduto a confrontarlo con l’indice Eurostoxx da quando abbiamo disponibilità di serie storiche. Tenendosi generalmente le elezioni politiche in primavera, l’obiettivo era capire quanto le osservazioni fossero impattate dai consueti movimenti di stagionalità del mercato (l’effetto “vendi in maggio e vai in viaggio”).

Contrariamente a quanto si pensi l’arrivo di un nuovo governo non è anticipato da un andamento negativo del mercato, bensì il contrario. L’evidenza empirica infatti ci dice che l’indice Comit sia nel mese che nei due mesi che precedono la formazione di un nuovo governo ha avuto performance positiva (+3.4% e +6.9% rispettivamente in media). L’altra evidenza è che in questo contesto il mercato ha applicato statisticamente il più classico dei “sell on news” (anche se questa tendenza appare smorzata dal ’90 in poi, come vedremo) dal momento che le performance successive all’insediamento sono negative su entrambe i periodi (del 2,2 e dell’1,1% a 1 e a due mesi).

La dinamica in questa analisi più ristretta il risultato sostanzialmente non cambia: l’indice mostra variazioni positive sia ad 1 che a 2 mesi prima dell’insediamento e negativi 1 e 2 mesi dopo. Non varia significativamente nemmeno l’estensione degli scostamenti che nei due casi sono sostanzialmente simili. Infine abbiamo provato a capire se l’effetto osservato fosse dovuto alla stagionalità tipica dell’andamento dei mercati azionari. Per farlo abbiamo confrontato l’andamento medio mostrato dall’indice Comit con l’indice Eurostoxx (serie storica disponibile dal 1990 in poi).

Le evidenze che emergono dimostrano che dagli anni ‘90 in poi in media le escursioni si sono ridotte e che le performance post insediamento mostrano un andamento marginalmente positivo. In ogni caso convalidano l’evidenza che il meglio venga statisticamente prima che dopo l’evento. L’effetto stagionalità sembra impattare poco in ogni caso dal momento che le differenze di performance, salvo nel mese che precede l’insediamento dove dal ‘90 in poi l’indice italiano ha battuto quello europeo di oltre un punto, sono ridotte a frazioni di punto.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!