Si irripidiscono le curve dei tassi

A cura di Giuseppe Sersale, strategist Anthilia Sgr
La fiammata dei rendimenti indotta dalle banche centrali mette pressione all’azionario. Migliora il quadro macro US a giugno.
Le attese minute FOMC hanno mostrato un Committee insolitamente diviso. Sul fronte inflazione, la maggioranza è concorde sulla temporaneità dei fattori responsabili del calo, ma alcuni intravedono rischi al ribasso, mentre un paio di membri sono preoccupati che la disoccupazione bassa produca invece un’accelerazione.
Si è parlato dell’ opportunità di permettere alla disoccupazione di scendere sotto  il tasso naturale per un po’ e all’inflazione di andare oltre il target, elencando però i rischi di quest’approccio.
Sul fronte riduzione del bilancio, diversi membri hanno espresso intenzione di annunciarla entro un paio di mesi, mentre altri hanno indicato preferenza per attendere verso fine anno per raccogliere maggiori informazioni. Molti hanno notato che l’inizio della riduzione del bilancio potrebbe richiedere un ritmo di normalizzazione più lento di quanto attualmente prospettato (dalla FED, non dal mercato).
Diversi i riferimenti all’asset inflation, alle valutazioni elevate, al rischio che la volatilità bassa induca gli investitori ad accumulare troppo rischio nei portafogli, una minaccia per la stabilità finanziaria. In generale, abbondanza di punti di disaccordo e scarsa compattezza di view, con una nota accomodante riscontrabile laddove si sono espressi dubbi sul ritmo dei rialzi l’anno prossimo.
La reazione del mercato ha seguito questa linea, con un lieve indebolimento del Dollaro, e incertezza su azionario e tassi. Un mood che si è esteso anche alla seduta asiatica stamattina, coi principali indici marginalmente negativi, ad eccezione di Shanghai e Mumbai.
A trasformare il clima incerto in decisa risk aversion ci hanno pensato i tassi europei, che hanno preso a salire,  eventualmente in anticipazione di minute ECB (in pubblicazione a metà giornata) meno inconcludenti di quelle FED, per poi accelerare bruscamente a metà mattinata, quando il bund a 10 anni ha varcato, senza incontrare alcuna resistenza, la linea Maginot di 0.5% che lo aveva contenuto negli ultimi 12 mesi.
Quando, alle 13.30, le minute ECB hanno visto la luce, il danno era già ampiamente fatto,  con i bond europei che navigavano già  in profondo rosso, e  gli indici che li avevano prontamente seguiti, con l’eccezione di Milano, che continua a beneficiare dello stato di grazia delle banche italiane, che occupano ancora una buona porzione dell’indice.
Non che il contenuto delle minute ECB non abbia giustificato il movimento. Il tono delle minute è sembrato in generale più bilanciato di quanto apparso dallo statement e dalla successiva conferenza di Draghi l’8 giugno. A far pendere l’ago verso una maggiore aggressività è  stata presumibilmente la notazione che si è  preso in considerazione di rimuovere dallo statement anche la guidance sul  programma di acquisti (laddove si indica che questi possono essere aumentati o estesi alla bisogna). Anche la notazione secondo cui non deve essere data troppa importanza alle revisioni al ribasso delle previsioni di inflazione non è  passata inosservata. Aggiungendo all’equazione il successivo cambio di passo di Draghi a Sintra, non stupisce che il mercato vi abbia letto una maggiore probabilità di un annuncio di ulteriore riduzione degli acquisti nella seconda parte del 2017.
Così, i bonds europei hanno perso ulteriore terreno (soprattutto il BTP) mentre la divisa unica ha accelerato  il rafforzamento, rispondendo alle maggiori attese di tapering e al restringimento del differenziale tassi. L’azionario ha segnato i minimi di seduta poco dopo la pubblicazione.
Rilevanti news macro anche in US:
** l’ADP survey ha deluso, con 158.000 nuovi occupati del settore privato vs attese per 188.000 (e revisione al ribasso di 23.000 a 230.000 per  il dato di maggio). Ma non è che le precedenti rilevazioni abbiano fornito una buona guida per i payrolls (ad esempio a giugno il dato ufficiale fu un misero 138.000)
** L’ISM non manufacturing, per contro ha sorpreso in positivo (57.4 da prec 56.9 e vs attese per 56.5). Buoni anche i principali sottoindici, con i new orders a 60.5 (+2.8) e la business activity a 60.8. Buona anche la  revisione del meno seguito PMI services di giugno ( da 53 a 54.2).
Non che gli asset ci abbiano guardato più di tanto. I rendimenti sono saliti anche in US, vero, ma il movimento è sembrato più in simpatia con la pessima performance dei bonds europei. Il  Dollaro ha continuato ad indebolirsi, tenendo solo contro Yen, e Wall Street ha aperto piuttosto pesante.
La risk aversion ha raggiunto l’apice verso metà pomeriggio, dopodichè è  partito un recupero sull’azionario, che ha permesso ai mercati europei di dimezzare le perdite (nel caso di Piazza Affari mettere su un brillante guadagno).  Il cambio di sentiment è  rimasto però confinato all’azionario, mentre a fine giornata i rialzi dei rendimenti in Eurozone sono tra i 9 e gli 11 basis points per tutti i principali emittenti (con maggiori pressioni su Italia e Spagna, eventualment e per via delle emissioni e dei concambi). E l’€ è  ritornato agevolmente sopra 1.14 vs $, livello col quale va incontro ai payrolls US di domani.
La lettura della giornata odierna sembra scontata: le banche centrali (recentemente la FED e negli ultimi giorni l’ECB, la BOE etc) si adoperano per ricostruire un po’ di premio al rischio sugli asset, e i mercati obbediscono, irripidendo le curve dei tassi (direttamente impattate dalle stance di politica monetaria) e generando volatilità  sull’azionario e sulle currency.
Su queste basi, volendo valutare quanto altro fastidio possono dare i tassi nel breve all’azionario, osservo che il bund ha sicuramente rotto una resistenza importante come rendimento (il citato 0.5%) e quindi il trend sembra solidamente ribassista per i corsi, ma su livelli non troppo distanti dagli attuali dovrebbe ottenere un po’ di supporto dall’ipervenduto di breve. Meno pronunciato il movimento del treasury, il cui rendimento (2.37% al momento) resta abbondantemente all’interno del recente range. In questo senso il trend è assai più  indeterminato, ma non si può certo parlare di ipervenduto, anche nel caso domani i payrolls producano una forte reazione.

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