MiFID II: fare i conti con i costi

A cura di Marco Caprotti, Morningstar
Occhio ai costi. E’ questo il mantra che, a partire dall’anno prossimo, gli investitori sentiranno – e si ripeteranno – sempre più spesso. Non a caso. A gennaio 2018 entrerà in vigore la direttiva MiFID II (che, in sostanza, obbliga le società finanziare ad agire nel miglior interesse dei clienti) e una delle sue conseguenze principali avrà a che fare proprio con la trasparenza per quanto riguarda i costi pagati dagli investitori.
In base alla normativa questi avranno diritto, fra le altre cose, alle informazioni sulle commissioni totali versate e su come sono ripartite. “A lungo andare questo renderà l’investitore sempre più consapevole di quello che sta pagando e le commissioni saranno un fattore sempre più importante nel criterio di scelta di un prodotto”, spiega Fernando Luque del team research editor Emea di Morningstar. “Da sempre quando ci viene chiesto quale dei vari prodotti presenti sul mercato sia il più interessante, rispondiamo che è il più conveniente. Fra tutti i fattori che possiamo immaginare per valutare un fondo (performance passata, capacità del gestore, volatilità, eccetera), infatti, la maggiore influenza sulla redditività futura deriva dal costo totale del prodotto”.
Per dirla con le parole di Francesco Paganelli, fund analyst di Morningstar: “In un’analisi fatta negli Stati Uniti – ma il concetto è valido anche in Europa – in tutti i mercati e i periodi considerati, il tasso di successo degli investitori aumenta sempre semplicemente spostandosi verso i comparti con le commissioni più basse della propria categoria”.
L’impatto delle commissioni
L’impatto delle fee sul rendimento totale del prodotto è particolarmente rilevante se si ha a che fare con un investimento a lungo termine. “Supponiamo di investire 10.000 euro per un anno e di ottenere un rendimento annuo del 10%. Si arriverà a 11.000 euro alla fine dell’anno. Se si continuano a investire quegli 11.000 euro per un altro anno, con lo stesso rendimento del 10%, si concluderà con 12.100 euro dopo due anni. 1.000 euro sono stati generati nel primo anno, ma il secondo ha fatto guadagnare 1.100 euro”, dice Luque. “Se estendiamo il periodo del nostro esempio a 20 anni, alla fine otteniamo un importo pari a 67.275 euro”. È la linea blu mostrata nel grafico sotto (Linea verde commissioni all’1%, linea rossa al 2%).
 IMPATTO DELLE COMMISSIONI
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“Vediamo ora cosa succede in questo esempio se si applica un costo dell’1%. A parità di ritorno come nel caso precedente, il capitale accumulato ha raggiunto la cifra di 55,025 euro. Se il costo sale dall’1% al 2%, significa ottenere, dopo il periodo di 20 anni, un importo di 44.913 euro. Cioè 22.362 euro in meno rispetto al caso senza commissioni e 10.111 euro in meno rispetto al caso di pagare una commissione del 1%”. Troppi soldi perché gli investitori non comincino a comprare i prodotti che costano meno. Il fenomeno è ben conosciuto negli Stati Uniti dove i flussi, nel corso degli ultimi anni, si sono spostati verso, ad esempio, gli Etf.
DOVE VANNO I FLUSSI IN USA
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“Ci attendiamo che l’interesse per gli asset meno costosi acceleri nel corso dei prossimi anni”, spiega Greggory Warren, senior stock analyst e sector strategist di Morningstar. La migrazione è legata alla Fiduciary Rule che entrerà in vigore a regime negli Stati Uniti a gennaio 2018 dopo un periodo di prova iniziato il 9 giugno e che presenta caratteristiche simili alla MiFID II. “Il provvedimento cambierà il lavoro degli advisor e delle società di gestione che non dovranno più ragionare in base alla situazione corrente del cliente, ma dovranno fare il suo miglior interesse”, dice Warren.
Visita il mini sito dedicato a MiFID II

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