Oro sotto scacco dei banchieri centrali

A cura di Nevine Pollini, Senior Analyst Commodities di Union Bancaire Privée

La performance dell’oro ha recentemente sofferto per l’apprezzamento del dollaro e per i tassi dei titoli di stato statunitensi in rialzo, così come per il continuo miglioramento delle condizioni del mercato azionario globale e per i recenti dati economici statunitensi più forti che hanno portato gli investitori a riallocare fondi verso asset più rischiosi.

Come emerso dall’ultimo incontro del FOMC,  la Fed ha aumentato come previsto i tassi di 25 punti base per la seconda volta quest’anno, e la Presidente Janet Yellen ha formulato un’analisi dell’economia statunitense piuttosto positiva, indicando inoltre che i pochi dati macroeconomici deludenti rilasciati a inizio giugno appaiono solo temporanei. La Yellen si è espressa in favore di ulteriori rialzi dei tassi, con la clausola che la decisione sarà subordinata all’andamento dei dati economici. Il mercato, attualmente, sta prezzando una probabilità del 46% di un ulteriore rialzo dei tassi entro la fine dell’anno.

Janet Yellen ha inoltre dichiarato che il Comitato comincerà a “implementare un programma di normalizzazione del bilancio”; ha menzionato che dovrebbe cominciare  “relativamente presto”, inducendo gli osservatori a credere che potrebbe cominciare a settembre/ottobre. Il processo di unwinding sarà graduale per il portafoglio della Fed, in quanto l’ammontare di denaro e rimborsi di mortgage-backed securities che vengono reinvestiti diminuirà gradualmente ogni trimestre. Questo permetterà ai titoli detenuti di “continuare a diminuire in modo graduale e prevedibile finché il Comitato riterrà che la Federal Reserve detenga la quntità di titoli corretta per implementare la politica monetaria in modo efficiente ed efficace”. Questi dettagli sono stati confermati nel Verbale del FOMC rilasciato il 5 luglio.

La Fed, senza dubbio, non è la sola banca centrale ad adottare un tono più da falco: i tassi di rendimento dell’obbligazionario globale stanno aumentando a ragione delle aspettative di stretta monetaria da parte della maggioranza delle banche centrali, in quanto la gran parte delle economie mondiali si sta riprendendo e sta diventando abbastanza solida da sostenere una riduzione nel supporto della politica monetaria. Nonostante la BCE, al momento del suo ultimo meeting, abbia mantenuto invariata la sua politica monetaria, Mario Draghi ha dichiarato che i rischi per le prospettive di crescita sono ora nel complesso bilanciati, e ha leggermente modificato la forward guidance. La Bank of England ha inoltre accennato ad una politica monetaria più restrittiva.

Ciononostante, riteniamo che, dato che i principali tassi globali aumenteranno molto gradualmente e partono da livelli estremamente depressi, le loro ripercussioni negative sull’oro saranno limitate, specialmente perchè l’inflazione negli Stati Uniti ed altrove rimane bassa – anche se la Fed ritiene che il rafforzamento del mercato del lavoro si manifesterà sull’inflazione.

Manteniamo la nostra posizione prudente sull’oro, ritenendo che probabilmente rimarrà vincolato nell’intervallo tra 1.100 e 1.300 dollari per oncia, ma non escludiamo la possibilità che l’oro possa essere favorito da diversi fattori; in cima alla lista le continue incertezze che circondano l’abilità dell’amministrazione di Trump nel realizzare le riforme promesse a favore della crescita, il recente aumento delle tensioni geopolitiche nella regione del Golfo (Qatar) e le ripetute minacce missilistiche nordcoreane.

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