Fondi, l’energia pulita non segue quella tradizionale

A cura di Valerio Baselli, Morningstar
L’Abc della finanza dice che per abbassare il rischio complessivo del proprio portafoglio bisogna diversificare gli investimenti. Questo significa, in sostanza, possedere strumenti che si muovono in maniera indipendente l’uno dall’altro.
La diversificazione non si limita alla ripartizione per asset class. L’azionario, ad esempio, è una classe d’attivo molto ampia, composta da investimenti anche parecchio diversi tra loro. Infatti, i sotto-segmenti vengono classificati a seconda della capitalizzazione della società (large cap, mid cap e small cap), del mercato di riferimento (paesi sviluppati o mercati emergenti) e soprattutto del settore economico di cui fa parte l’azienda (industriale, finanziario, energetico, ecc.). È importante avere un’idea di come i vari settori economici rappresentati dalla propria esposizione azionaria si influenzino a vicenda, in modo da evitare di investire in strumenti che sono soggetti a movimenti molto simili.
Guardando i dati sottostanti, ad esempio, si nota come la correlazione tra i vari settori azionari sia sensibilmente diminuita nel corso dell’ultimo anno. Tra i casi più eclatanti, il coefficiente di correlazione tra il settore energetico tradizionale e quello delle energie alternative è passato da 0,43 a tre anni a -0,70 negli ultimi 12 mesi.
Questi movimenti del tasso di correlazione ci ricordano che sarebbe un errore pensare che le fluttuazioni del prezzo del petrolio e del gas naturale abbiano un impatto diretto sul settore delle energie rinnovabili. I soli campi in cui questo potrebbe avvenire sono quello dei trasporti (auto elettriche) e dei biocarburanti. Per il resto, i 286 miliardi di dollari investiti l’anno scorso in fonti pulite nel mondo (secondo il Renewables 2016 Global Status Report), sono stati destinati in gran parte a impianti che non sono in concorrenza diretta con il petrolio. Inoltre, eolico e fotovoltaico sono sempre più competitivi e continuano a crescere nonostante i vari tagli agli incentivi.
La stessa tendenza per quanto riguarda il rapporto tra settore tecnologico e titoli finanziari, il cui coefficiente è passato da 0,67 a -0,28 nel corso degli ulti tre anni.
In generale, i settori che più di tutti hanno diminuito la propria correlazione con gli altri sono proprio quello energetico e quello finanziario. In particolare il primo, su 14 correlazioni, ne segna ben 11 in negativo (e altre due molto vicino allo zero). In controtendenza invece l’oro, che ha visto la propria correlazione aumentare verso quasi tutti i settori azionari nel corso degli ultimi anni.
I settori azionari oggetto dell’analisi sono elencati di seguito. I numeri corrispondono a quelli che appaiono nelle tabelle.

  1. Azionari Settore Metalli Preziosi
  2. Azionari Settore Biotecnologia
  3. Azionari Settore Beni e Servizi di Consumo Discrezionali
  4. Azionari Settore Beni e Servizi di Largo Consumo
  5. Azionari Settore Energia
  6. Azionari Settore Servizi Finanziari
  7. Azionari Settore Salute
  8. Azionari Settore Tecnologia
  9. Azionari Settore Beni Industriali
  10. Azionari Settore Comunicazioni
  11. Azionari Settore Servizi di Pubblica Utilità
  12. Azionari Settore Agricoltura
  13. Azionari Settore Energie Alternative
  14. Azionari Settore Infrastrutture
  15. Azionari Settore Risorse Naturali

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Fonte: Morningstar Direct
Il coefficiente di correlazione è un parametro che misura in che modo la performance di uno strumento influenza l’andamento di un altro. Varia tra -1 e +1. Un coefficiente pari a 0 indica che non vi è alcuna relazione tra le performance dei due settori. Un coefficiente pari a 1 significa che c’è una correlazione positiva perfetta, il che significa che i due indici si muovono assieme, se uno sale del 10%, lo fa anche l’altro, e viceversa. Ovviamente, in caso di perfetta correlazione negativa (uguale -1) il rapporto è inverso: se il primo sale del 10%, il secondo perde il 10%.

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