High Yield Usa: il mercato giusto in un contesto di tassi in rialzo

Intervista a John Fekete, gestore del Comparto Pictet-US High Yield
Anche quest’anno le obbligazioni high yield Usa stanno andando bene. Ma è possibile che i fattori macroeconomici, non da ultimo il rialzo dei tassi della Federal Reserve, pongano fine all’ottima performance?
JF: Negli ultimi 30 anni, all’aumento dei tassi di interesse è corrisposta una buona performance dei titoli high yield Usa; credo sia questa caratteristica a distinguere l’asset class dalla maggior parte degli strumenti fixed income. Prima di tutto perché il rendimento più alto e il premio di rendimento associati all’asset class tendono ad agire come un “cuscinetto” che ammortizza gli shock in caso di rialzo dei tassi. E se i tassi salgono perché l’economia cresce, anche i fondamentali societari di norma saranno più solidi; i tassi di default diminuiranno, e i tassi di recupero saliranno.
Nei periodi in cui i rendimenti dei Treasury a 10 anni sono saliti, le obbligazioni HY Usa hanno generato in media una performance mensile dello 0,64%. Per contro, le obbligazioni investment grade hanno perso lo 0,35%.
Esistono quindi possibili divergenze di performance fra i titoli high yield e quelli investment grade?
JF: Esiste una profonda differenza tra le dinamiche di bilancio delle società investment grade e non investment grade. Le prime registrano il maggior aumento dell’indebitamento. Per le aziende con rating inferiore a investment grade, invece, i livelli di indebitamento stanno diminuendo. Nel primo trimestre dell’anno il tasso di crescita dei ricavi e dell’EBITDA (utili prima di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamenti) di tali società ha toccato il massimo quinquennale. I bilanci delle aziende non investment grade sono più robusti, mentre quelli delle società IG evidenziano una certa debolezza, soprattutto per quanto riguarda la categoria BBB.
A eccezione dei produttori di materie prime, le società HY Usa hanno chiuso un anno di continui aumenti trimestrali degli utili sottostanti con un rialzo del 2,7% negli ultimi tre mesi del 2016. Nello stesso periodo, il debito mediano lordo delle società high yield è sceso dello 0,8%. Di conseguenza, nello stesso arco di tempo l’indebitamento si è ridotto da 4,9x a 4,5x gli utili, il dato mediano più basso per gli emittenti HY dal terzo trimestre 2014.
Per contro, l’indebitamento lordo degli emittenti statunitensi corporate non finanziari misurato da Barclays è aumentato in maniera costante dopo aver toccato il minimo di 2,1x nel 2011. Nell’ultimo trimestre 2016 aveva raggiunto 3,4x gli utili. e sta crescendo ancora. I dati più recenti indicano che il debito di tali società è aumentato del 2,5% rispetto al trimestre precedente, il doppio rispetto alla crescita degli utili sottostanti.
Al contempo alcuni commentatori temono che l’economia Usa possa essere entrata in una fase di peggioramento.
JF: Tre mesi fa tutti i clienti mi facevano domande circa il surriscaldamento della congiuntura Usa, la necessità della Fed di agire più rapidamente per contenere la crescita e la possibile erosione dei rendimenti fixed income a causa dell’inflazione.
Personalmente a inizio anno ero molto più preoccupato per l’inflazione. Pensavo che i prezzi energetici avrebbero continuato a salire in modo sostenuto e che avremmo assistito a un aumento salariale. Invece è in atto un fenomeno opposto. Negli Usa i prezzi del settore alimentare sono scesi a livelli che non si vedevano da una generazione, al punto che i rivenditori si trovano in grave difficoltà; le persone infatti sono molto esigenti e tutto sembra andare per il peggio. Stiamo dunque assistendo a un rallentamento dell’inflazione.
Le persone ora mi chiedono informazioni sulla decelerazione dell’economia e sulla possibilità di una recessione. Negli ultimi tre mesi i timori di un’espansione troppo rapida si sono tramutati in preoccupazione per una crescita non abbastanza sostenuta.
A mio parere è molto probabile che si mantenga lo status quo attuale. La crescita del PIL è modesta, fra l’1,5% e il 2%, perciò non dobbiamo temere né una recessione né un surriscaldamento: stiamo solo attraversando una fase di alti e bassi.
Quali sono le conseguenze per le prospettive dei titoli High Yield USA?
JF: Credo sia importante capire a fondo quali sono i fattori che trainano realmente i mercati high yield e fixed income. Quando penso ai fondamentali la prima cosa a cui guardo sono le attese di default. E i default stanno diminuendo. Prevediamo che a fine anno i tassi di insolvenza degli emittenti high yield si aggireranno intorno al 2-2,5% – la metà del livello osservato nel 2016 e ben al di sotto della media storica.
Il secondo fattore a cui presto attenzione è l’inflazione, insieme alle previsioni sui tassi di interesse. A mio parere anche queste appaiono favorevoli.
E i tassi di recupero registrano un miglioramento. Nel 2015 e nel 2016 c’è stato un periodo in cui i tassi di recupero del mercato HY erano al di sotto della norma, condizionati da alcuni titoli energetici molto speculativi con pochissime attività da riorganizzare. Nel 2017 sono tornati sulla media storica, attorno al 41-44%.
Altro importante indicatore dello stato di salute dei mercati HY è la qualità creditizia delle aziende che emettono nuove obbligazioni. Analizzare le emissioni di categoria CCC può rivelarsi illuminante. Nel 2006 e nel 2007 quasi il 20% del volume totale di nuove emissioni high yield era di fascia CCC. Lo scorso anno tale percentuale era pari ad appena il 4,5%, il livello più basso dal 2009. Credo che ci sia la percezione che chiunque possa emettere titoli high yield. La verità è che il mercato opera una selezione severissima: favorisce le aziende di fascia BB e B, ma è molto cauto nel finanziare società di categoria CCC.
Al contempo il sentiment degli investitori verso l’asset class è estremamente negativo. Fra le persone con cui ho occasione di parlare, pochissime sono entusiaste dei titoli high yield. Tutti trovano almeno 10 buoni motivi per evitare questo mercato. Eppure è l’asset class che quest’anno ha offerto la performance migliore in ambito fixed income.
Che cosa significa per l’high yield? Probabilmente che il mercato punta a un rendimento del 5% circa nell’immediato futuro. Quest’anno siamo sulla buona strada per raggiungere il 9%. Il prossimo anno, dato che il rendimento dell’indice è pari al 5,5%, potremmo assistere a rendimenti dell’1-3%, un livello accettabile per gran parte degli investitori.
C’è qualche settore del mercato da evitare?
JF: L’energia non rappresenta più una grande opportunità di guadagno. Lo spread e i livelli di rendimento delle obbligazioni energetiche hanno evidenziato un andamento in linea con il resto del mercato. Lo stesso si potrebbe dire del settore metallurgico-minerario, altro ambito in cui nel 2015 si è osservata una forte dislocazione e che si è ripreso a tal punto da non presentare più extrarendimento o spread. Abbiamo pertanto ridotto la nostra allocazione.
C’è solo un’area nell’universo HY Usa che si trova in serie difficoltà, ed è il settore retail. Siamo stati quindi molto cauti, anche se si tratta di una piccola componente del mercato high yield; si sopravvive anche senza essere esposti a questo settore.
Quali sono i settori che preferisce?
JF: Abbiamo rafforzato gli investimenti nella sanità. Nel quarto trimestre 2016 il settore è stato duramente penalizzato: ci si aspettava infatti che il governo di Trump attuasse dei provvedimenti volti a ridurre il numero di soggetti coperti da assicurazione. Per molte società del settore nell’universo high yield, tali misure avrebbero comportato un aumento dei crediti inesigibili e dei costi medici non rimborsati, con conseguente erosione dei profitti.
Il sottopeso assunto nel quarto trimestre 2016 ci ha premiato. La sanità è stata probabilmente uno dei settori più difensivi nella storia dell’high yield. E ha registrato un’ondata di vendite tale che era impossibile non notare quanto fossero interessanti le valutazioni. Abbiamo iniziato a pensare: okay è ora di incrementare l’esposizione. D’altronde la probabilità che le politiche dell’amministrazione Usa venissero attuate era scarsa, mentre i rendimenti del settore aumentavano.
Abbiamo anche rafforzato le posizioni nelle telecomunicazioni e nella tecnologia. Questi due settori sono abbastanza isolati da ciò che sta accadendo sotto il governo Trump e, se non altro, potrebbero essere favoriti da un maggiore orientamento del Presidente verso il consolidamento fiscale e una riforma normativa.
Infine abbiamo incrementato l’allocazione nei costruttori di case. A nostro parere i tassi di interesse negli Usa resteranno bassi per molto tempo, una situazione che va a vantaggio dell’apertura di nuovi cantieri. Anche i dati riguardo l’acquisto della prima casa da parte dei millennials sono positivi: la percentuale cresce a una velocità che non si vedeva da tempo.

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