Reddito fisso, presto la Bce farà scoppiare la bolla

A cura di Filippo Lanza, gestore del fondo HI Numen Credit, Hedge Invest SGR

Stiamo entrando velocemente negli ultimi trimestri – se non mesi – del rally del fixed income che dura da ormai 30 anni. Ci aspettiamo un’impennata nella volatilità e infine un fragoroso crollo dei mercati obbligazionari e di tutte le attività finanziarie legate ad esso, in particolare le obbligazioni societarie investment grade e dei Mercati Emergenti. Siamo convinti che il mercato e l’industria dell’asset management  siano impreparati per questo avvenimento, e ciò genera una delle migliori opportunità di mercato mai viste nell’arco della nostra storia, eguagliando forse alcuni degli entry point sperimentati nel 2008/2009.

La principale Banca Centrale da tenere in considerazione è la BCE, il cui riluttante avvio del QE è stato guidato da tre fattori principali: 1) il forte declino nei prezzi del petrolio e delle materie prime che hanno spinto i livelli di inflazione globale troppo in basso rispetto agli obiettivi dichiarati; 2) la mancanza di unità politica nell’Eurozona e 3) le debolezze strutturali dell’unione bancaria e quella del capitale di troppe banche in Paesi periferici e core.

Al momento la BCE sta terminando le scuse per non iniziare il tapering, proprio prima delle elezioni politiche del suo maggiore azionista – la Germania. Il rifiuto di una tendenza populista ed anti-europeista in Francia ha rinvigorito e rafforzato il motore dell’Europa, guidato dalla coppia Macron/Merkel, a livelli che non si vedevano dai primi tempi del progetto europeo. L’Europa si sta ora muovendo velocemente all’interno o al di fuori degli obblighi costituzionali per accelerare l’implementazione di un’unione fiscale di fatto.

Intanto, la BCE e le altre autorità hanno spinto per una ricapitalizzazione delle grandi banche come Unicredit e Deutsche Bank, mentre hanno deciso di salvare le peggiori banche “zombie” in Europa, come Banco Popular, Veneto/Vicenza e Bes/Novo Banco. Inoltre, tali risoluzioni o ricapitalizzazioni sono state eseguite in maniera  fluida senza rischiare contagi e hanno stabilito il primo passo verso il consolidamento del settore, con Santander e Intesa che hanno concluso accordi decisamente favorevoli a discapito degli azionisti e degli investitori subordinati.

Allo stesso tempo sembra che il petrolio stia spaventosamente sotto-prezzando il deterioramento della situazione in Medio Oriente: questa è una variabile da tenere in considerazione nelle stime di inflazione che sono collegate alle dinamiche dei tassi a lunga.

Riassumendo, la BCE rimuoverà gli stimoli a breve e non ci sorprenderemmo se dovesse normalizzare il tasso sui depositi, alla luce del rallentamento dell’espansione del bilancio. Una volta che l’Eurotower avrà schiacciato il pedale del freno e Weidmann avrà preso la guida dell’istituzione, non ci aspettiamo che il QE venga ripreso in considerazione con leggerezza, dato che qualsiasi questione futura verrà gestita dalle rinnovate istituzioni europee che si sono appena rafforzate.

Come primo indicatore del cambio del sentiment, ci attendiamo di vedere l’FMI scomparire lentamente dai programmi di supporto relativi alla Grecia. Allo stesso tempo, la pressione fiscale delle domande populiste e la crescente disuguaglianza alimenteranno ulteriormente il disequilibrio dell’offerta di titoli di Stato rispetto alla domanda.

Non bisognerebbe mai dimenticarsi le lezioni che la storia ci ha insegnato. Le uniche capacità dimostrate regolarmente dalle Banche Centrali sono state la capacità di creare inflazione e quella di essere in ritardo nell’interrompere gli stimoli quando necessario.

Le Banche Centrali hanno immesso liquidità sul mercato per un decennio ormai e alla fine vedremo l’impatto accumulato che ne emergerà. Le Banche Centrali presto realizzeranno anche che la maggior parte dei risultati sono stati concentrati inizialmente sul lato della crescita nei prezzi degli asset finanziari, che in sostanza permetteva alle aziende altamente deflattive come Amazon o Google di reinvestire senza alcun limite e di mantenere una spinta deflattiva iniziata con l’input demografico proveniente da Cina e India nel mercato globale del lavoro. Il gap di disuguaglianza che ne risulterà giustificherà sempre di più la politica fiscale espansiva, con il Regno Unito come primo esempio. Le restrizioni commerciali e i contraccolpi regolamentari contro le aziende altamente deflattive saranno parte del prossimo round di competizione globale.

A tutto ciò bisogna aggiungere l’urgente desiderio delle Banche Centrali di tornare in una posizione di normalità dalla quale possono intervenire se necessario, in quanto, come la storia ci insegna, l’enorme livello di indebitamento dovrà essere affrontata attraverso la gestione dell’inflazione o la ristrutturazione dello stesso debito.

Continuiamo a ritenere che vedremo abbastanza inflazione per le Banche Centrali (soprattutto in Europa) per interrompere gli stimoli monetari, ma che alla fine gran parte della normalizzazione verrà eseguita attraverso la ristrutturazione del debito, sia a livello di Titoli sovrani che di debito corporate.

In questo contesto, riteniamo che il Regno Unito abbia tutte le carte in regola per subire un attacco speculativo su valuta, debito, banche e titoli azionari retail, visto che sta diventando chiaro il fatto che ci sono poche opzioni per il Paese nelle negoziazioni per la Brexit, se non un passo indietro sul WTO o un ritorno nell’UE con la coda tra le gambe, con condizioni più stringenti rispetto a quelle di cui godeva prima del referendum. Restiamo ribassisti e riteniamo che il momento giusto per prendere profitto sarà nell’ultimo trimestre del 2017.

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