Digitalizzazione: vince il credito corporate

A cura di Mondher Bettaieb Loriot, Christian Hantel, Jamil Bouallai, team Fixed Income ​di Vontobel Am
Negli ultimi trent’anni, la natura dei flussi di investimento ha evidenziato una grandissima evoluzione. Fino alla metà degli anni Novanta, il più ampio gruppo di finanziatori nell’ambito dell’economia globale erano le famiglie, che investivano i loro risparmi in titoli di Stato e obbligazioni corporate. Oggi, i risparmi accumulati dalle aziende rappresentano quasi due terzi degli investimenti globali e assorbono le emissioni statali e societarie su ampia scala, in una tendenza che non sembra destinata ad esaurirsi.
Per comprenderne le motivazioni, dobbiamo guardare al principale trend alla base di questa evoluzione: la digitalizzazione. La crescita della digital economy richiede meno investimenti e un numero inferiore di dipendenti, consentendo alle società di accumulare maggiori risparmi.  Sectoral Saving to Global GDP Fonte: U.S. Federal Reserve La digitalizzazione è una tendenza irreversibile nella sua continuità, così come l’aumento della liquidità delle aziende, che si trovano oggi dinanzi al dilemma di come impiegare tutto il denaro accumulato.
Attualmente le aziende siedono su una montagna di liquidità che, pur dopo essere stata rapidamente investita, ritorna ad affluire in misura crescente. L’Economist ha analizzato Microsoft, Facebook, Amazon, Alphabet (Google) e Apple rilevando che nel 2016 disponevano di una liquidità netta complessiva pari a 300 miliardi di dollari USA. Secondo le previsioni, questa cifra è destinata a salire a quasi 700 miliardi entro il 2020.
Mentre le scuole sottolineano l’importanza di insegnare codici e linguaggi di programmazione alle nuove generazioni, tralasciano di considerare la più grande opportunità su piazza: la carriera di tesoriere aziendale è destinata a far faville. Net Cash Fonte: Economist L’ultima cosa che le aziende vogliono è depositare denaro in un conto corrente che rende un interesse nullo o addirittura negativo. Oltre ai tassi di interesse ridotti, vi sono poi altre motivazioni che inducono le aziende ad evitare di detenere liquidità. Durante la crisi finanziaria, i responsabili della tesoreria delle aziende hanno appreso a caro prezzo un’importante lezione: molte banche sono giunte sull’orlo del collasso e la liquidità delle aziende stava per scomparire in un enorme buco nero. Il denaro depositato in banca figura nello stato patrimoniale di quest’ultima, ma i titoli no.
Con questa consapevolezza le società hanno iniziato a investire liquidità in obbligazioni, a titolo precauzionale.  Dunque, per evitare forzieri pieni e responsabili della tesoreria che si arrovellano per evitare di depositare il denaro in conti a zero rendimento, esiste una sola soluzione: le obbligazioni corporate. Nell’ultimo ventennio le obbligazioni corporate hanno fornito un rendimento di 60 punti base superiore rispetto ai titoli di Stato.
Pur con periodi negativi, ad esempio la crisi finanziaria del 2008 e la crisi in Grecia del 2011, tali flessioni sono state controbilanciate da periodi continuativi di sovraperformance.  Mentre le aziende continuano ad accumulare liquidità e la investono in obbligazioni corporate, fornendo un’altra fonte di incentivo per l’asset class, gli investitori nel reddito fisso farebbero bene a prepararsi per la digitalizzazione rendendo il credito corporate un pilastro fondamentale dei loro portafogli.

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