Euro dollaro, giocare con una mano debole

A cura di Pierre Olivier Beffy, Chief Economist di Exane BNP Paribas

Luglio è giunto quasi al termine ed è ormai tempo di vacanze. Sono sicuro che la temperatura sarà molto “calda” come il PIL francese, in accelerazione nel secondo trimestre 2017 grazie agli investimenti delle imprese e delle famiglie. Anche il cambio euro/dollaro è stato un tema “caldo” della settimana scorsa.

Infatti, il messaggio principale del FOMC di luglio è che la Fed dovrebbe annunciare la data iniziale della riduzione del bilancio al meeting di settembre, anche se riconosce che l’inflazione è al momento a un livello molto inferiore rispetto a quello obiettivo. In altre parole, la Fed vuole procedere con la riduzione del bilancio mentre l’outlook per il rialzo dei tassi dipenderà maggiormente dai dati. Considerato che il dollaro è molto più sensibile alla parte corta della curva dei rendimenti, il FOMC ha aumentato la pressione ribassista sulla valuta statunitense. Come sottolineato la scorsa settimana, non c’è nessun catalizzatore politico in grado di innescare un deprezzamento dell’euro fino al meeting di Jackson Hole di fine agosto.

Il deprezzamento del dollaro rappresenta una buona notizia per i mercati emergenti e una brutta per la Banca Centrale Europea. Come già evidenziato nei mesi scorsi, il consensus è stato troppo ottimistico sull’inflazione dell’Eurozona alla luce del ribasso dei prezzi del petrolio, l’assenza di pressioni inflazionistiche sui salari e l’apprezzamento dell’euro. La Banca Centrale Europea sarà obbligata a rivedere al ribasso le sue previsioni a settembre e sarà pertanto difficile giustificare la fine del programma di Quantitative Easing come ampiamente atteso finora. A nostro parere, il ritmo di acquisti dovrebbe rallentare durante il 2018 in un contesto con un QE a durata indeterminata. La Banca Centrale Europea ha diverse scelte su come calibrare il tapering graduale del programma di acquisti. Tuttavia, il cambio euro/dollaro potrebbe essere insensibile alle variazioni dei tassi a lungo termine. Infatti, il recente apprezzamento dell’euro è stato addirittura accompagnato da una riduzione dei rendimenti dei titoli di Stato a 10 anni.

Così come accaduto nel caso della Fed, l’euro dovrebbe mostrare una maggiore sensibilità alla parte corta della curva dei tassi. Per questo motivo, l’arma più efficace in mano alla BCE per raffreddare il rialzo dell’euro potrebbe essere rafforzare la propria forward guidance sui tassi ufficiali. Un’altra opzione potrebbe essere quella di rilanciare alcune operazioni di rifinanziamento a lungo termine al fine di evitare che l’EONIA aumenti e si avvicini al tasso di rifinanziamento ufficiale.

Tutto sommato, il taper tantrum della BCE nel mercato valutario mostra che è molto difficile terminare il QE senza reazioni negative del mercato. Un contesto caratterizzato da un’inflazione debole e persistente potrebbe essere un tema noioso e il consensus è sempre tentato dal chiamare la fine del secolare trend rialzista del mercato obbligazionario, iniziato nel 1982. Infatti, nell’ultimo decennio, il consensus è stato sistematicamente troppo bearish sulle obbligazioni a lungo termine, realizzando che a dicembre i rendimenti obbligazionari erano sempre inferiori rispetto a quelli previsti a inizio anno. Ora che ci avviciniamo alla fine di questo ciclo a livello globale, il 2017 e il 2018 potrebbero non essere diversi su questo fronte.

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