Banche centrali, periodo di pausa?

a cura di Deutsche Bank

Durante la riunione di questa settimana la Federal Reserve ha lasciato invariati i tassi, mostrandosi leggermente più cauta sull’inflazione. Allo stesso modo si è comportata la Banca del Giappone. La settimana scorsa anche la BCE ha confermato lo status quo. Siamo di fronte a un periodo di pausa?

1)     In assenza di una conferenza stampa successiva alla riunione di questa settimana, e nello sforzo di garantire comunque un elevato livello di trasparenza, il FOMC ha modificato solo minimamente il comunicato, riconoscendo il miglioramento del mercato del lavoro, ma mostrandosi lievemente più cauto sull’inflazione. In merito alla riduzione del bilancio, mentre nella riunione di giugno il FOMC aveva annunciato di voler iniziare il suo programma nel corso dell’anno, comunica ora che ciò avverrà “relativamente presto”. L’annuncio ufficiale dovrebbe avvenire durante la riunione di settembre e l’implementazione nel quarto trimestre del 2017. Il FOMC sarà in grado di fornire dettagli in merito e di rispondere alle domande durante la conferenza stampa che seguirà la riunione di settembre. Se le stime sull’inflazione e l’attuale espansione economica dovessero venire confermate, prevediamo un ulteriore rialzo dei tassi a dicembre.

2)     Nel corso della riunione di luglio la Banca del Giappone (BoJ) ha confermato la sua politica monetaria, rivedendo però al ribasso nel suo rapporto trimestrale le stime sull’inflazione per i prossimi tre anni. La BoJprevede ora (in media) un’inflazione di base dell’1,1% nel 2017, dell’1,5% nel 2018 e dell’1,8% nel 2019 (senza considerare gli effetti dell’imposta sui consumi), in ribasso dunque in confronto alle precedenti previsioni rispettivamente dell’1,4%, 1,7% e 1,9%. Il rischio è che la BoJpotrebbe correggere ancora verso il basso le sue aspettative sull’inflazione.

3)     Dopo il rafforzamento dell’euro successivo alla riunione della BCE della settimana scorsa, che ha confermato la sua politica monetaria, questa settimana i dati provenienti dall’Europa sono stati contrastanti. In luglio l’Indice dei direttori agli acquisti composito in versione flash (PMI) per l’Eurozona è sceso dal 56,3 al 55,8, in seguito alla flessione del settore manifatturiero. Tuttavia all’inizio del terzo trimestre i segnali per la crescita rimangono positivi. Anche gli indicatori specifici per i vari Paesi sono positivi: l’IFO tedesco ha raggiunto il massimo livello dalla riunificazione e anche in Francia il clima è improntato all’ottimismo. Mentre la BCE procede con cautela, non riteniamo che la situazione attuale sia destinata a proseguire per sempre.

 

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