Bce, un cambiamento di politica molto lento

Di Stephanie Kelly, Political Economist, Aberdeen Standard Investments

Quest’anno abbiamo evidenziato una tendenza relativamente costante: la zona euro sta vivendo un periodo di forza economica favorita da un contesto commerciale mondiale favorevole. Persino durante la pausa estiva, la sovraperformance dell’Eurozona ha mostrato pochi segnali di rallentamento. Nell’ultimo mese abbiamo avuto la conferma che il PIL dell’area euro è cresciuto dello 0,6% (trimestre su trimestre) nel secondo trimestre – ben al di sopra del potenziale – e anche se il tasso di disoccupazione è rimasto invariato al 9,1% nel mese di luglio, la tendenza al ribasso rimane costante. In agosto, anche i dati delle rilevazioni sono aumentati, dopo una leggera frenata nel sentiment dei consumatori e delle imprese in luglio; la tendenza generale di entrambi gli indicatori è molto forte rispetto alla recente storia dell’Eurozona così come l’attuale livello del PMI manifatturiero.

Tuttavia, manca ancora un pezzo al puzzle: l’inflazione. La debolezza dell’inflazione non è un problema specifico dell’eurozona – molte economie di mercato sviluppate devono far fronte a un’inflazione di fondo molto bassa, anche se i mercati del lavoro sono apparentemente in contrazione – ma pone tuttavia problemi per i decisori politici. Mentre ci avviciniamo alla riunione di questa settimana sulla politica della BCE, un ulteriore fattore di complicazione è stato aggiunto al mix; un apprezzamento di quasi il 10% del valore dell’euro ponderato su base commerciale da aprile.

Che cosa significa per Draghi & Co questa fluttuazione valutaria, sia in termini di prospettive inflazionistiche che di posizionamento per l’atteso inizio della riduzione del programma di acquisti di asset? Una mossa di tale portata è di per sé una forma di inasprimento monetario e gli effetti sull’inflazione saranno particolarmente preoccupanti. L’apprezzamento del tasso di cambio può influenzare i prezzi sia direttamente, attraverso i prezzi dei beni di consumo finali, sia indirettamente, attraverso i beni intermedi destinati alla produzione.

Secondo un’analisi della BCE, l’effetto più potente e immediato dei tassi di cambio passa attraverso il settore produttivo, ma gli effetti dipendono dal contesto macroeconomico, dalle valutazioni sui prezzi a livello microeconomico e dall’andamento del tasso di cambio stesso. In effetti, il contesto economico favorevole è stato negli ultimi mesi un importante motore della forza dell’ euro, ma l’ampiezza del fenomeno potrebbe enfatizzare eccessivamente questa tendenza, per quanto significativa questa sia stata. È importante sottolineare che l’ultima serie di verbali della riunione del Consiglio direttivo ha messo in evidenza la consapevolezza del rischio legato al tasso di cambio in futuro.

La previsione d’inflazione sarà un fattore chiave per il market pricing per la riunione di oggi; una sensibile revisione al ribasso delle previsioni d’inflazione, indicherà che la BCE sarà ancora cauta sulla rapidità di rimozione della sua politica accomodante. Sebbene le previsioni di inflazione sottostanti siano sostanzialmente immutate, Draghi cercherà di assumere un tono equilibrato nel tentativo di evitare una forte reazione valutaria, ribadendo il messaggio che il Consiglio potrebbe prorogare il programma di acquisto degli asset oltre dicembre 2017, se necessario, e mantenendo la discrezionalità per le modalità del tapering, che resta altamente probabile nel 2018.

Detto questo, è possibile che le specifiche siano lasciate in sospeso almeno fino alla riunione di ottobre e non ci aspettiamo un cambiamento di linguaggio per quanto riguarda l’outlook sui tassi. Finora la ripresa economica è stata favorita da una politica monetaria accomodante, per cui il Consiglio deve procedere con cautela per evitare di invertire il trend positivo.

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