Retail, è ora di guardare in faccia la realtà

A cura di Regina Borromeo, Portfolio Manager e Head of International High Yield di Brandywine Global (Legg Mason)
Cosa succede al settore retail in questo momento del ciclo di credito? Prima della crisi finanziaria globale, la preoccupazione principale riguardava il focus del settore prevalentemente sulla classe media e il ricorso sempre più frequente ad operazioni di leveraged buyout. Oggi i titoli dei giornali di settore parlano spesso di chiusure e bancarotte e degli effetti dirompenti del fenomeno dell’e-commerce.
Molti retailer, da Neiman Marcus ai discount come 99 Cents Only e Bi-Lo, stanno scambiando ad alti livello di rendimento, per via delle preoccupazioni che riguardano la solvibilità e la liquidità, ma anche a causa di criticità strutturali. Il settore retail si trova in un momento difficile negli Stati Uniti come in Europa, dove le obbligazioni di Takko e New Look scambiano con rendimenti a doppia cifra. I problemi, per i negozi retailer, sono un insieme di elevata leva finanziaria (a causa delle operazioni di leveraged buyout), una filiera poco flessibile e costosa, e un approccio impreparato alle nuove abitudini dei consumatori.
Per i commercianti, i principali motivi di mancato guadagno erano di solito riconducibili al maltempo, attività promozionali aggressive, costi iniziali troppo elevati o ritardi nel riordino della merce. Ma adesso c’è l’effetto Amazon. Il gigante dell’e-commerce ha trasformato le abitudini dei consumatori, il modo in cui guardano, scelgono e comprano prodotti e servizi. I clienti vogliono confrontare online quello che possono comprare e vederselo recapitato sulla porta di casa in maniera quasi istantanea.
L’espansione di Amazon serve certamente da termometro per il settore: è necessario cambiare modello di business, o si rischia di diventare presto obsoleti. Amazon ha iniziato come libreria online; e sebbene sia  diventata  un colosso di internet, la stessa società ammette che ci sono ancora ostacoli da superare, come la consegna e in generale la gestione della catena di distribuzione, e sta cercando di espandersi nei settori dell’alimentare e del fresco.
Amazon sta anche spingendo molto sia sul canale online che tradizionale, con la recente acquisizione della catena di supermercati Whole Foods, il lancio di Prime Wardrobe e il nuovo accordo con Nike. La società di Bezos aveva anche tentato di entrare nel mercato del lusso, e nel 2015 aveva fatto un’offerta per acquistare la londinese Net-a-Porter. Nel frattempo, le catene retail fanno fatica a stare al passo, e l’aumento delle penetrazione tecnologica nelle case – con l’esordio di dispositivi di intelligenza artificiale come l’assistente digitale Alexa, sviluppato appunto da Amazon – non aiuta. I consumatori non devono neanche più cliccare per acquistare, basta chiedere ad Alexa, che processerà l’ordine al posto loro.
L’industria retail, in senso ampio, si trova di fronte a problemi ciclici e strutturali, il che preoccupa gli investitori, un po’ come successo nel 2014-15 con il settore energia. I bond delle società attive nella vendita al dettaglio hanno sottoperformato il resto del mercato lo scorso anno e il rendimento medio di un bond US high yield nel retail è vicino all’8%, lontano dal rally ad ampio raggio osservato nel resto del mercato high yield a partire dalla fine del 2015.
Dall’inizio dell’anno, il settore retail si è rivelato lento, con rendimenti appena positivi, allo 0.38%, mentre il resto del mercato high yield statunitense era al 4.8% (dati al 28 giugno 2017). Storicamente, però, i settori che hanno le performance peggiori tendono a invertire il trend dopo il default e il processo di ristrutturazione, come successo alle società legate all’energy e alle commodities nel 2014-15 e nel 2016.
Riteniamo che il settore retail debba in ogni caso essere osservato con cautela nel corso della restante parte dell’anno. Stiamo anche assistendo a cambiamenti nella struttura del capitale di alcune società investment grade, con Nordstrom che potrebbe ri-privatizzarsi e voci intorno ad un possibile LBO su Staples. In modo simile a quanto successo su alcune emissioni high yield di petrolio e gas, alcune società nel retail ricercano modi creativi per generare liquidità, attraverso fonti di finanziamento alternative ed allungando le scadenze.
Per avere successo nel lungo termine, gli operatori del settore dovranno avere una presenza sia digitale che fisica, essere capaci di controllare la loro filiera e di adattarsi alle nuove abitudini dei consumatori. Riteniamo che alcuni di loro possano superare i problemi strutturali, ma solo mettendo in atto trasformazioni del proprio modello di business altrettanto profonde. È vero che il comportamento dei consumatori è cambiato in maniera abbastanza rapida, ma in generale molti commercianti al dettaglio non hanno ancora colto appieno l’importanza e la portata di quanto successo  – non è un trend, infatti, ma un vero cambio di paradigma. I cartelli dei “saldi” in vetrina e gli account di posta che straripano di e-mail commerciali non segnalano solo un’industria in sofferenza, ma una profonda distanza tra commercianti e consumatori. Saldi e promozioni non sono che un placebo per un problema in realtà molto più grande, che è quello di riconciliare il comportamento dei consumatori con situazioni aziendali di forte indebitamento ed una scarsa, se non negativa, generazione di utili.

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