Migliora il contesto per gli asset rischiosi ad eccezione degli Usa

A cura della Strategy Unit di Pictet AM

È un buon momento per tornare a investire negli asset rischiosi. Nonostante alcuni segnali di debolezza negli ultimi mesi, l’economia globale continua a crescere al di sopra del potenziale. Inoltre, almeno per ora, le autorità monetarie non sembrano voler optare per una linea meno accomodante. In base alla nostra analisi, infatti, gli stimoli si confermano abbondanti: da inizio anno le banche centrali hanno stampato moneta per circa USD 2.000 miliardi1. L’unione tra politica monetaria espansiva e bassa inflazione fa sì che in molte parti del mondo i tassi di interesse reali siano inferiori allo zero. Dopo la recente correzione le valutazioni dell’azionario sono tornate su livelli più interessati ed è quindi possibile un rialzo da qui a fine 2017, in particolare per i titoli europei e di alcuni Paesi asiatici. In tale contesto, abbiamo rafforzato l’esposizione alle azioni passando al sovrappeso e ridotto a neutrale quella alla liquidità. La sottoesposizione alle obbligazioni resta invariata poiché a nostro parere l’asset class sarà ancora sotto pressione in un momento in cui la crescita economica è solida, è improbabile un ulteriore calo dell’inflazione e le attese di nuovi rialzi dei tassi sono scarse.

I nostri indicatori del ciclo economico mostrano una crescita resiliente. Dopo aver raggiunto il picco nel primo trimestre, gli indicatori anticipatori globali sono rimasti estremamente stabili su livelli raggiunti l’ultima volta a gennaio 2014.

I dati preliminari degli Indici dei responsabili degli acquisti (PMI) di USA ed Eurozona suggeriscono una nuova accelerazione dell’attività manifatturiera in tali aree. Al contempo, l’Indice di sorpresa economica, un importante parametro per valutare se la crescita economica è in linea con le attese di consensus, è tornato a salire (si veda grafico). Nel medio periodo non vediamo fattori in grado di frenare la crescita economica; in base alle nostre stime, prevediamo un’espansione del 3,2% nel 2017, in rialzo rispetto al 2,7% del 2016 e superiore al potenziale di lungo periodo pari al 2,8% circa. Solo alcuni Paesi come Regno Unito, Brasile e Sudafrica fanno segnare una crescita inferiore al potenziale.

L’Area Euro beneficia di un’espansione congiunturale più sostenuta nella seconda metà del 2017: vendite al dettaglio e fiducia dei consumatori, infatti, sono salite al di sopra della media di lungo periodo. Tenuto conto anche della stabilizzazione dell’inflazione core – attualmente superiore all’1% – la Banca Centrale Europea dovrebbe riuscire ad avviare la riduzione del programma di acquisto di bond il prossimo anno. Crediamo comunque che sia improbabile un rialzo del tasso di deposito prima del secondo semestre 2018.

In Cina l’attività economica è stabile. Gli ottimi dati di vendita delle automobili lasciano presagire un aumento dei consumi, un fattore essenziale per la crescita economica. Un altro elemento positivo è la riduzione del debito nel settore privato: i finanziamenti alle istituzioni finanziarie non bancarie sono scesi al 13,9% del PIL, il dato più basso da fine 2013. Più in generale, nelle aree emergenti le ottime condizioni sul mercato del lavoro e la stabilizzazione delle valute hanno contribuito a spingere la fiducia dei consumatori a livelli che non si vedevano da novembre 1993. Al contempo, l’inflazione ha toccato il minimo record del 3% che dovrebbe permettere a diverse banche centrali locali di mantenere costanti o addirittura di abbassare i costi di finanziamento.

Negli USA il quadro è meno roseo; il nostro indicatore anticipatore è sceso al di sotto della media mobile a tre anni facendo segnare un rallentamento per il quinto mese consecutivo. L’inflazione core è diminuita all’1,4% in luglio ma prevediamo un graduale rialzo verso il 2% grazie all’ottima situazione sul mercato del lavoro e alla debolezza del dollaro. Ci aspettiamo ancora che quest’anno la Federal Reserve avvii il ridimensionamento del bilancio; un nuovo rialzo dei tassi in dicembre, tuttavia, dipenderà dalla velocità con cui aumenteranno le pressioni inflazionistiche.

Secondo i nostri indicatori della liquidità i rischi per le asset class più rischiose sono bilanciati. Negli ultimi sei mesi il flusso di liquidità dalle banche centrali, ovvero gli acquisti netti di debito in percentuale del PIL, è rimasto in un range ristretto del 13-17%2. Le ampie misure di stimolo sono servite a compensare un inasprimento delle condizioni creditizie nel settore privato, in particolare negli USA, dove i prestiti bancari alle società evidenziano una contrazione anno su anno; è la prima volta dal 1988 che ciò accade al di fuori di una fase di recessione.

Nelle economie emergenti legate agli USA e al dollaro quest’anno si sono registrate iniezioni di liquidità per USD 800 miliardi, in parte dovute alla ricostituzione delle riserve di valuta estera delle banche centrali, un fattore che a nostro parere ha contribuito alla recente debolezza del biglietto verde.

Le valutazioni azionarie sono migliorate in seguito alla correzione del mercato. Le azioni globali scambiano a poco più di 15 volte gli utili per il prossimo anno, un dato che si colloca nel range storico. Inoltre, le azioni offrono un dividend yield del 2,5%, circa il doppio rispetto al rendimento delle obbligazioni governative mondiali3.

Le valutazioni variano comunque su base regionale e settoriale. In particolare, l’azionario USA è poco interessante poiché scambia a un P/E depurato delle oscillazioni cicliche di 30, il più elevato dal 1999, mentre il rapporto tra capitalizzazione di mercato e PIL – il parametro preferito di Warren Buffet – si attesta a 1,33, a ridosso del picco raggiunto nel 2000. Beni di prima necessità e industria sono ancora i settori più onerosi, mentre telecomunicazioni ed energia i più convenienti. In ambito obbligazionario, i bond high yield europei, il cui rendimento ha toccato il minimo record del 3,1% nelle ultime settimane, si confermano poco interessanti.

I fattori tecnici per il mercato azionario sono ancora positivi in gran parte delle regioni e dei settori. Tuttavia, la volatilità implicita è bassa. Si deve inoltre tener presente che il recente rally azionario è stato trainato da un gruppo ristretto di titoli e che probabilmente quindi il mercato resta vulnerabile alle brutte notizie.

Regioni e settori: ridurre l’esposizione all’America

Nonostante il leggero deterioramento di alcuni indicatori macroeconomici negli ultimi mesi, la crescita in molti Paesi avanzati è rimasta al di sopra del potenziale e l’andamento dell’inflazione è stato favorevole: un contesto solitamente positivo per le azioni.

Le economie europea e cinese sono particolarmente robuste. Tenuto conto anche di condizioni di liquidità adeguate – in Asia addirittura in miglioramento – le prospettive per gli asset rischiosi, in particolare per le azioni, sono incoraggianti. Al contempo, gli utili solidi fanno sì che le valutazioni appaiano meno onerose rispetto al recente passato.

Riteniamo che nell’universo azionario i titoli USA abbiano il minor potenziale. Le azioni statunitensi sono le più onerose su base relativa (si veda grafico) poiché scambiano a un P/E di Shiller superiore a 30 (i titoli sono comunque marginalmente più convenienti di un mese fa). Questo è uno dei motivi per cui le azioni USA hanno faticato a guadagnare terreno nonostante una stagione di pubblicazione dei bilanci molto positiva in cui il 78% delle società ha superato le attese e gli utili per azione sono aumentati dell’11% su base annua.

Al contempo, le previsioni per l’economia statunitense sono più incerte rispetto ad altre regioni. L’indicatore anticipatore USA evidenzia un deterioramento e i dati sui finanziamenti concessi dalle banche sono preoccupanti. La Fed potrebbe quindi essere costretta a moderare la riduzione del bilancio e ad arrestare i rialzi dei tassi per l’anno in corso per timore di commettere un grave errore di politica monetaria.

Reddito fisso: tensioni sui mercati

I casi sono due, o gli indicatori anticipatori sono troppo ottimisti o i mercati obbligazionari sono troppo pessimisti. Negli ultimi mesi si è ampliato il divario tra il futuro roseo dipinto dalle indagini su settore manifatturiero e dei servizi e il quadro economico ben più tetro scontato dai titoli a reddito fisso (si veda grafico). Crediamo che prima o poi tale divario si chiuderà e che le obbligazioni subiranno una battuta d’arresto.

I titoli di Stato tedeschi a 10 anni offrono un rendimento di appena lo 0,36% nonostante in agosto il tasso di inflazione del Paese sia balzato all’1,8% su base annua dall’1,5% del mese precedente. Al contempo, il decennale giapponese rende solo lo 0,01% a fronte di una crescita economica del 4% nel secondo trimestre.

Inaspettatamente, tuttavia, se i mercati obbligazionari dovessero attraversare una fase difficile, i Treasury USA sarebbero ancora meglio posizionati rispetto ai titoli governativi degli altri Paesi avanzati.

Continuiamo quindi a sottopesare i titoli di Stato delle aree avanzate con la sola eccezione degli USA. Per contro, le obbligazioni governative dei Paesi emergenti appaiono interessanti.

Confermiamo il giudizio positivo sul debito emergente in valuta locale che è stato sostenuto dalla debolezza del dollaro e da fattori macroeconomici nel complesso positivi. Anche il calo significativo dell’inflazione in quasi tutte le economie emergenti – al minimo storico del 3% – ha rafforzato le attese di tagli dei tassi di interesse. Un campanello d’allarme, tuttavia, è rappresentato dal rallentamento dei flussi in entrata nell’asset class.

Alla luce delle valutazioni particolarmente onerose dei bond europei e delle attese di un probabile annuncio di tapering del programma di acquisto di asset da parte della BCE, abbiamo confermato la sottoesposizione alle obbligazioni investment grade e high yield. Bisogna tener presente che i rendimenti dei bond europei high yield sono inferiori ai dividend yield dell’area.

Al contempo, sul mercato del credito potrebbero verificarsi dei problemi. Si sono registrate emissioni di debito corporate molto consistenti: l’offerta di titoli investment grade in dollari è stata da record e a metà agosto aveva già raggiunto USD 984 miliardi rispetto a USD 937 miliardi dello stesso periodo dell’anno precedente.

Anche le emissioni di bond investment grade in euro sono state abbondanti. Il mercato potrebbe avere difficoltà ad assorbire volumi così elevati di nuovi titoli, quantomeno perché i nostri indicatori del sentiment suggeriscono che il posizionamento degli investitori in gran parte delle asset class del debito corporate è eccessivamente ottimistico.

Un’altra possibile fonte di preoccupazione è rappresentata dal fatto che per cercare di generare un rendimento dalla crescente liquidità a loro disposizione le aziende siano diventate i maggiori compratori di titoli societari. La Bank of America stima che oltre venti delle maggiori società non finanziarie USA detengano attualmente USD 376 miliardi in obbligazioni corporate. Il rischio è che tale domanda non sia stabile e che il mercato si trasformi in un castello di carte.

A livello valutario abbiamo mantenuto la sovraesposizione all’euro che, nonostante il recente apprezzamento, potrebbe continuare a salire alla luce dell’accelerazione della ripresa nell’Eurozona e dell’avvio del tapering da parte della BCE. Restiamo inoltre sovraesposti all’oro che, tra l’altro, è sostenuto da una domanda solida e da fattori stagionali.

Panoramica sui mercati globali: corsa all’oro

L’oro, in rialzo di oltre il 3% in agosto, ha fatto segnare un’ottima performance e raggiunto i massimi da nove mesi e mezzo. Lo status di bene rifugio del metallo è tornato in primo piano dopo che un missile nordcoreano ha sorvolato il nord del Giappone esacerbando le tensioni geopolitiche nell’area.

Anche i mercati obbligazionari sono andati bene date le minori attese di un inasprimento monetario nelle principali economie mondiali. Negli USA, la notizia che l’inflazione aumenta al ritmo più lento da fine 2015 unita a dati economici leggermente più deludenti rafforza la convinzione che la Fed non attuerà nuovi rialzi dei tassi nel 2017. I rendimenti dei bond USA a dieci anni sono scesi al di sotto del 2,10% nel mese, il livello più basso da metà novembre 2016. Forze simili hanno agito nel Regno Unito mentre nell’Area Euro la normalizzazione della politica economica è stata frenata non tanto dall’andamento dell’economia quanto dall’apprezzamento della valuta.

Il mese scorso l’euro è salito dello 0,8% rispetto al dollaro. Anche rublo russo, rand sudafricano e lira turca hanno guadagnato terreno. Nel complesso tali guadagni hanno contribuito a spingere il biglietto verde ai minimi da due anni e mezzo rispetto a un paniere di valute ponderato per l’interscambio in agosto (si veda grafico). Tuttavia, la flessione del dollaro è passata inosservata rispetto al crollo della sterlina. La divisa britannica è precipitata ai minimi da otto anni rispetto all’euro attestandosi su livelli prossimi alla parità e ha ceduto il 2,3% rispetto al dollaro.

Per il resto, la generale stabilità dell’azionario globale ha mascherato forti differenze a livello geografico e settoriale. I mercati emergenti sono andati particolarmente bene sostenuti dalle minori attese di un nuovo rialzo dei tassi da parte della Fed nonché dai solidi dati sulla produzione manifatturiera in Cina. Le azioni di USA ed Eurozona sono rimaste generalmente invariate mentre gli effetti negativi dei cambi hanno fatto scendere i rendimenti delle azioni britanniche in dollari in territorio negativo.

A livello settoriale, telecomunicazioni e materiali si sono distinti in positivo mentre l’energia ha sottoperformato a causa della mancata ripresa dei prezzi del petrolio.

Asset allocation Siamo passati al sovrappeso sulle azioni riducendo per contro a neutrale l’esposizione alla liquidità in un contesto caratterizzato da una crescita economica resiliente e da consistenti stimoli monetari da parte delle banche centrali.

Regioni e settori Siamo passati al sottopeso sull’azionario USA poiché gli Stati Uniti hanno sottoperformato gli altri mercati dopo un periodo di sovraperformance.

Fixed income Le valutazioni onerose ci hanno spinti a usare una certa cautela sui mercati obbligazionari e del credito ma continuiamo comunque a sovrappesare i Treasury USA a fini di copertura contro un aumento improvviso dell’avversione al rischio.

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