(Ri)Parlando di reflazione: la view di Exane

A cura di Pierre Olivier Beffy, Chief Economist di Exane BNP Paribas
La reflazione, intesa come una crescita globale più sostenuta e un’inflazione più robusta, è stata il tema principale sui mercati da giugno 2016 a marzo di quest’anno. Da allora, malgrado la costante crescita globale, il consensus ha abbandonato le aspettative di un aumento dell’inflazione. Come sapete, una delle nostre principali opinioni, contrarie al consensus, è la ripresa dell’inflazione globale, in particolare intorno alla prossima primavera. Stiamo finalmente osservando dei segnali che potrebbero confermare la nostra ipotesi.
Per esempio, l’inflazione cinese ha sorpreso positivamente ad agosto: la crescita sia del CPI sia del PPI è aumentata più delle attese, rispettivamente a 1,8% e 6,3% nell’anno (da 1,4% e 5,5% a luglio). L’accelerazione nei prezzi dei produttori riflette l’aumento nella quotazione delle materie prime e la crescita resiliente dell’attività domestica (come indicato dal PMI questo mese). Inoltre, le autorità cinesi sono state in grado di tagliare la sovra-capacità in alcuni settori come quelli della produzione d’acciaio e di carbone. Considerato ciò, il tasso di utilizzazione della capacità globale è ora leggermente al di sopra della sua media storica, aprendo la strada a un possibile rialzo dell’inflazione globale (si veda grafico sottostante).
Negli Stati Uniti, l’inflazione è stata molto bassa nel primo semestre dell’anno. Tuttavia, dopo cinque mesi consecutivi in cui il CPI ha registrato dati negativi, a settembre l’indice ha avuto uno shock positivo, con un crescita sia dell’inflazione totale sia di quella intrinseca. L’impatto degli uragani che hanno recentemente colpito il territorio americano, sull’inflazione si farà sentire sui numeri di settembre, con possibili distorsioni sui prezzi dei carburanti, delle abitazioni, delle auto, dei materiali edili e delle assicurazioni. Ciononostante, il trend tende verso una maggiore inflazione ciclica negli Stati Uniti. I dati deludenti del primo semestre sono da attribuire parzialmente a dei fattori che si stanno affievolendo, in particolare un ribasso netto dei prezzi per gli abbonamenti telefonici wireless e il ritardo degli effetti conseguenti al crollo dei prezzi delle materie prime avvenuto nel 2015-2016. In prospettiva, troviamo diversi fattori (prezzi d’importazione più alti, tasso d’utilizzazione globale maggiore e tasso di disoccupazione basso) che dovrebbero supportare l’inflazione negli USA nel prossimo anno.
Nel complesso, questo significa che la reflazione potrebbe tornare temporaneamente al centro dell’attenzione dei mercati entro la fine dell’anno. Obiettivamente, non vediamo alcuna ragione per un rialzo dell’inflazione strutturale dato il duraturo impatto negativo della globalizzazione, della digitalizzazione e della crescita demografica. Nell’Eurozona, qualsiasi rimbalzo dell’inflazione non dovrebbe essere preso in considerazione dato il recente apprezzamento dell’Euro. Ciononostante, un’inversione ciclica sull’inflazione negli Stati Uniti e a livello globale sarebbe una sorpresa per il consensus.
Anche le politiche statunitensi dovranno essere monitorate attentamente. Ci sono poche aspettative rispetto alla riforma fiscale e alle agevolazioni connesse dato che l’amministrazione Trump è stata deludente finora nell’implementazione del suo programma. Tuttavia, come sottolineato più volte, una riforma fiscale è ancora possibile dati alcuni segnali di riavvicinamento tra l’amministrazione e i rappresentati del Congresso repubblicani (e sorprendentemente anche con un numero crescente di democratici). Ad ottobre, dovrebbe essere raggiunta una decisione finale sul target per le entrate attese dai contributi fiscali e questo dovrebbe essere un dato chiave per comprendere le prospettive della riforma.
In conclusione, al momento, rimaniamo dell’opinione che la Fed debba tenere fede al suo piano di restringimento monetario. Quasi sicuramente la Fed annuncerà l’inizio dell’attività di riduzione del bilancio nell’incontro del 20 settembre. Tuttavia, il consensus attende a malapena un solo rialzo dei tassi da qui alla fine dell’anno prossimo. A nostro parere un solo rialzo non sarà sufficiente dato il possibile rimbalzo dell’inflazione.
Il prossimo anno, la composizione del FOMC probabilmente rafforzerà l’approccio preventivo di restringimento monetario. In primo luogo, il Presidente Trump ha ora quattro posti vacanti da riempire nel Board of Governors dopo la dipartita del vice presidente Stanley Fischer, senza menzionare la possibile sostituzione di Janet Yellen all’inizio del prossimo anno. Molti dei papabili candidati per queste posizioni hanno espresso visioni a favore del restringimento monetario preventivo o vorrebbero fare più affidamento sulla politica monetaria per giustificare le proprie azioni. Secondo la Fed, la maggioranza di queste regole richiederebbe dei tassi più alti durante i prossimi trimestri. Inoltre, i presidenti delle Fed regionali che avranno diritto al voto nel 2018 sono più hawkish dei votanti attuali. Generalmente i membri regionali della Fed non hanno grande importanza ma dati i posti vacanti nel Board potrebbero avere più influenza il prossimo anno.

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