Legge elettorale, tutto sembra possibile

A cura di Richard Flax, Chief investment Officer di Moneyfarm

Dalla Catalogna alle Dolomiti, mentre i popoli europei si ribellano con vari livelli di legittimità allo Stato nazione e alle tasse, in Italia si infiamma l’arena elettorale. Il gran finale della legislatura non poteva che riservare l’ennesimo dibattito sulla legge elettorale, che è passata ormai da esserne uno degli obiettivi a diventarne la nota tragicomica: si è perso il conto delle proposte, dei comitati di saggi e costituzionalisti, degli errori politici, dei dibattiti e delle formule. Materia per esperti è anche l’attuale legge elettorale, anzi le due leggi elettorali tuttora vigenti, frutto dei pesanti interventi della Consulta.

Così alla Camera è in vigore una legge, l’Italicum, giudicata parzialmente incostituzionale dai giudici senza essere stata neanche votata in un’elezione. Mentre al Senato abbiamo una legge elettorale, il Porcellum, giudicata incostituzionale dopo essere stata utilizzata in ben due volte per eleggere il Parlamento.

In questa situazione, che evidentemente necessita di un intervento legislativo per garantire coerenza al sistema, poco aiuta l’iniziativa della maggioranza con Forza Italia e la Lega di cambiare le carte in tavola, visto che alle elezioni mancano solamente tre mesi e un cambio delle regole con così poco preavviso non ha sicuramente precedenti.

Senza voler entrare nel merito della riforma, c’è da dire che difficilmente essa garantirà da sola la governabilità, anche se favorisse la formazione di coalizioni. Dopotutto il sistema elettorale italiano è ormai tripartito, e questo giocoforza condizionerà le relazioni tra i partiti che da qui in avanti si troveranno obbligatoriamente a formare delle coalizioni, come avviene in Germania (dove il processo che porta dalle elezioni alla formazione dei governi viene vissuto in modo meno drammatico che in Italia). D’altronde, se qualcosa gli ultimi vent’anni hanno insegnato è che tutti i tentativi di realizzare il teorema “la notte delle elezioni si conoscerà il vincitore” sono falliti, spesso causando enormi fratture istituzionali, bocciati ora dalla Consulta, ora dal popolo sovrano coi referendum, ora dalla frammentazione del sistema politico, ora dall’insufficiente acume politico dei proponenti.

L’ottimismo sull’azionario

La stagione elettorale in Europa, che si era presa una pausa nel corso degli ultimi mesi, è destinata a ricominciare presto. Ma c’è davvero da preoccuparsi? Visti tutti gli avvenimenti che hanno caratterizzato la politica europea e globale, un po’ di ingovernabilità non sarà certo in grado di far piombare i mercati nel panico. Così cerchiamo di guardare al nuovo anno con un atteggiamento positivo come normalmente si fa in finanza. La tabella qui sotto mostra la variazione delle aspettative legate ai risultati delle aziende che fanno parte dell’Msci World. Come si può vedere, all’inizio di ogni anno gli operatori si lasciano travolgere dall’ottimismo per poi rimanere regolarmente delusi. Quest’anno, invece, le buone sensazioni di gennaio non hanno fatto che migliorare man mano che i dati macroeconomici venivano pubblicati. L’upgrade degli utili attesi è un fenomeno che ha caratterizzato tutte le aree geografiche, compresi i mercati emergenti. All’inizio del 2018, per vedere se le aspettative sono solide, gli occhi saranno tutti puntati sulla crescita globale, i salari e sulla riforma Usa (che sarebbe in grado di assorbire parte delle valutazioni a stelle e strisce che restano comunque elevate). Preoccupa quindi meno l’instabilità politica, come se gli ultimi tre anni avessero allargato il campo del possibile, spostando più in là anche il confine del tollerabile. Attenzione però: la posizione del mercato azionario e obbligazionario ci fa pensare che nel futuro prossimo le prospettive di rendimento difficilmente rimarranno all’altezza degli ultimi anni. Tenere sotto controllo i prezzi di acquisto dei titoli è quindi d’obbligo in questa fase.

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