Riflessioni (e sensazioni) sui rischi

A cura di Tristan Hanson, M&G
Immaginate l’emozione: agendo d’impulso, avete deciso di regalare a voi stessi e alla vostra metà un viaggio a New York. Anche se vi state organizzando all’ultimo minuto, siete riusciti a trovare un albergo e a prenotare qualche ristorante caldamente consigliato e persino uno spettacolo a Broadway di cui avete sentito meraviglie. Manca esattamente una settimana alla partenza… la data del viaggio è il 14 settembre 2001.
Qualche giorno dopo, fissate con orrore la tv mentre scorrono le immagini degli attacchi terroristici dell’11 settembre.
Gli aeroporti alla fine riaprono. Il vostro volo dovrebbe partire come previsto. Come vi sentite all’idea di salire su quell’aereo?
Con ogni probabilità, vi sentite nervosi, anzi molto nervosi. Di sicuro siete decisamente più in ansia del solito per il volo. Vi dite che in realtà dovrebbe essere molto più sicuro del normale, considerando le misure di sicurezza più rigorose, ma non siete convinti: la sensazione non è questa.
Percezioni di rischio
È nella natura umana che le percezioni (o sensazioni) di rischio siano fortemente influenzate da esperienze o eventi recenti di cui abbiamo un ricordo immediato. Facciamo fatica a pensare in termini probabilistici e ad adottare il sistema 2 di pensiero, ossia “la modalità analitica e più lenta della mente, in cui prevale la ragione”. Subito dopo la notizia di un dirottamento terrificante, volare sembra molto più pericoloso di prima, anche se obiettivamente il rischio di un attacco successivo è diminuito.
Gli stessi processi mentali ed emotivi si innescano quando consideriamo il nostro portafoglio di investimenti: con tutta la buona volontà possibile, non riusciamo a non provare una sensazione riguardo agli investimenti ipotizzati, che può essere di conforto e sicurezza, di rischio e pericolo o persino di imbarazzo e ridicolo.
L’andamento del prezzo recente o particolarmente memorabile ha un ruolo decisivo ai fini di quello che sentiamo nei confronti di un asset. Comprare portafogli costituiti da migliaia di mutui statunitensi impacchettati insieme ha iniziato ad apparire rischioso solo dopo il collasso del mercato immobiliare e la crisi finanziaria su scala nazionale che solo in pochi avevano considerato possibili fino ad allora. Dopo un decennio con due correzioni pesanti, l’investimento in azioni era percepito come molto più rischioso di quanto non lo fosse prima.
Il rischio più grande
Ogni mese Bank of America Merrill Lynch pubblica un sondaggio condotto fra gli investitori professionali e i risultati di solito sono una lettura molto interessante. Una delle domande è: “Qual è secondo voi il “rischio di coda” più grande?
La diversità delle risposte nel corso del tempo conferma il sospetto che le percezioni di rischio siano instabili – e la maggior parte degli investitori professionali non fa eccezione. Gli esseri umani non sono molto bravi a calibrare le probabilità e cambiare spesso idea al riguardo.
Lo dimostrano bene due esempi recenti: (i) la Corea del Nord e (ii) le percezioni di un “crollo” nel mercato obbligazionario.
A luglio la Corea del Nord non figurava neanche fra i sette “rischi di coda” più citati dagli investitori, ma a settembre era schizzata in cima alla classifica, con il 34% dei voti. Un mese dopo, il sondaggio di ottobre ha rivelato che, per motivi insondabili, gli investitori ora percepiscono la Corea del Nord come un pericolo minore rispetto ad altri candidati, relegandola al secondo posto con un 23% di preferenze.

Perché il rischio è aumentato all’improvviso? E si è in qualche modo attenuato?
Alla luce del fatto che il regime dinastico e autoritario nordcoreano effettua da decenni lanci missilistici di prova e ha annunciato sei test di armamenti nucleari dal 2006, un’analisi oggettiva solleverebbe qualche dubbio sulle conclusioni tratte dal sondaggio, secondo cui i rischi posti dalla Corea del Nord avrebbero subito ampie oscillazioni al rialzo e al ribasso nell’arco di pochi mesi. La reazione del presidente Trump magari è più imprevedibile di quella dei suoi predecessori e inserisce pertanto una dimensione aggiuntiva, ma questo è vero a ottobre come lo era a settembre.
In realtà, nessuno tranne forse una manciata di persone al mondo, può dire quale sia il vero rischio che il regime nordcoreano pone per il mondo, dal momento che non sappiamo cosa succede dietro le quinte. Tuttavia, i test balistici e il circo mediatico di accompagno servono periodicamente a ricordarci i rischi che quasi tutti sono disposti a ignorare la maggior parte del tempo.
Allo stesso modo, il rischio percepito di un “crollo” sui mercati obbligazionari mondiali ha oscillato molto negli ultimi mesi, questa volta in risposta ai movimenti di prezzo di breve termine. A luglio, subito dopo una correzione nel segmento obbligazionario, un collasso di questa asset class era considerato il rischio più grande da ben il 28% dei rispondenti al sondaggio. Via via che le obbligazioni hanno recuperato terreno fra agosto e settembre, gli stessi intervistati hanno smesso di trattenere il fiato e stabilito che c’erano altri rischi più importanti. Il sondaggio di ottobre, però, ha mostrato una nuova accentuazione dei timori di un crollo del mercato obbligazionario, stranamente a ridosso di una flessione momentanea dei prezzi nella seconda metà di settembre.

Nella misura in cui i mercati finanziari sono soggetti a comportamenti di prezzo di breve periodo casuali e dettati dal “rumore”, si potrebbe pensare che il rischio di una decisa correzione sul prezzo di un asset sia maggiore se la quotazione è alta, e minore se il valore è in parte già sceso. Questo direbbe la logica. Ma la nostra sensazione è diversa. Come dimostra il sondaggio BofAML, tutti gli asset sembrano più rischiosi dopo che qualcosa ci ha ricordato la possibilità che si svalutino, proprio come sembrano più sicuri quelli con cui l’investitore ha avuto un’esperienza positiva.
Perfettamente umano
Essere consapevoli della natura umana significa rendersi conto che ognuno di noi ha una tendenza a provare sentimenti variabili e scostanti che possono indurci in errore quando dobbiamo valutare scelte probabilistiche, come il potenziale di rischio e remunerazione di un investimento. L’analisi oggettiva non è un processo istintivo. La consapevolezza di sé unita a un processo di investimento che tiene conto della nostra “umanità” è la nostra migliore chance di vincere la sfida.

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