Azionario, beni di largo consumo, è la fine di un’era?

A cura di Scott Meech Fund Manager, European Equities di Union Bancaire Privée – UBP

 Pensiamo che il lunghissimo ciclo di rialzo del settore dei beni di largo consumo stia mostrando chiari segnali di conclusione. Le vendite stanno rallentando in concomitanza con i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e gli alti rendimenti attirano nuovi operatori che approfittano del crollo delle barriere all’ingresso e delle nuove e rivoluzionarie strade di accesso al mercato. Ciò avviene in un momento in cui le condizioni dei mercati a reddito fisso hanno spinto le valutazioni del settore a livelli estremi, sulla base dell’ipotesi che i rendimenti futuri saranno affidabili e “obbligazionari”. Siamo fortemente contrari a questa opinione comune.

La vita è diventata molto più dura per le società di beni di largo consumo quotate in borsa. Gli obiettivi di crescita delle vendite sono diventati sempre più sfidanti e le leve tradizionali (la potenza del brand e gli investimenti in marketing) non funzionano più. I cosiddetti Fast Moving Consumer Goods (FMCG) sono stati, fin dall’epoca d’oro della pubblicità negli anni Cinquanta, la porta d’accesso al consumatore. In quanto investitori, storicamente, non c’è stato un modo più diretto e affidabile per accedere alla spesa prudente e prevedibile, dei consumatori. Oggi non è più così. La tecnologia (social media) ha ridotto le barriere d’ingresso al mercato e una nuova generazione di consumatori diffidano delle “grandi imprese”. Il settore dei beni di consumo ha già affrontato e superato sfide in precedenza (private label, volatilità dei mercati emergenti, problemi della catena di approvvigionamento, ecc). Tuttavia, questi nuove difficoltà rappresentano una prova unica, che né i prezzi né la spesa pubblicitaria possono risolvere.

L’argomentazione esclusiva di vendita del settore era il potere del marchio e questo è stato raggiunto attraverso miliardi di dollari di spesa di marketing – i grandi brand sono sicuri, affidabili, di qualità superiore e confortanti. Ciò consente loro di far pagare un sovrapprezzo significativo per il proprio marchio. Il problema è che per la Generazione Y, questi marchi rientrano nella stessa categoria dei mezzi di stampa mainstream e partiti politici… sono grandi, con le agende nascoste e sono amministrate a beneficio di pochi che le gestiscono. Inoltre, nuovi marchi di nicchia stanno guadagnando una notevole forza di trazione con il calo dei costi di start-up e il marketing può essere veicolato attraverso Instagram o Twitter. Queste piccole marche spesso hanno prezzi simili, se non superiori, e soprattutto, sono considerate autentiche e affidabili.

Nel migliore dei casi, si tratta di un grande cambiamento al quale il settore dovrà adattarsi, nel peggiore dei casi si tratterà di una minaccia esistenziale per queste società, che tuttavia sono piene di risorse e abituate a proteggere le quote di mercato. Di conseguenza, sebbene il gioco sia cambiato, stanno combattendo. Finora l’arma più grande sono state le attività di M&A – sotto forma di grandi fusioni guidate dai costi e dall’acquisto dei marchi che rappresentavano una minaccia (Yogurt di Rachel – Nestle, Teapigs – Tata, Dorset Cereal – AB Foods). Questa strategia non è priva di difetti. L’opportunità di grandi fusioni è ovviamente limitata (e lo stesso vale per i vantaggi). Anche l’acquisto di piccole marche è una strategia potenzialmente pericolosa. Le valutazioni di queste imprese sono elevate, il modo in cui sono gestite è molto diverso e possono crescere rapidamente, ma sono tipicamente piccole e quindi di poco impatto sull’utile del gruppo.

Ma soprattutto, un marchio artigianale può ancora attrarre se è di proprietà, per esempio, di Unilever? Quanto è profonda la ricerca di autenticità nella Generazione Y? Se a contare fosse solo l’apparenza, i grandi FMCG avrebbero potrebbero permettere alle loro nuove acquisizioni di auto gestirsi e dare l’impressione di essere stand-alone (ad esempio Heineken e Lagunitas), fornendo loro, allo stesso tempo, il back office e la rete di distribuzione di un business globale.

Il nostro punto di vista prudente sul settore dei beni a consumo si riflette nell’attuale posizionamento del nostro portafoglio. Più in generale, attualmente abbiamo una forte preferenza per i titoli growth piuttosto che per i difensivi. Ciò si riflette in una posizione di forte sovrappeso nel sottosettore degli articoli di lusso. Queste azioni sono certamente più cicliche dei beni di primo consumo, ma presentano alcune caratteristiche simili, in particolare marchi forti, un certo grado di potere di fissazione dei prezzi e una significativa generazione di cassa. Riteniamo tuttavia che stiano affrontando in modo molto più efficace alcune delle tendenze strutturali discusse che si ripercuotono sul settore dei beni di consumo in senso lato.

 

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